La corsa dei prezzi del gas giunti a livelli record in tutta Europa e in mercati critici come l’Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ha contribuito a generare un’altra crisi strutturale nel mercato dell’energia elettrica, in cui le distorsioni sono arrivate a livelli ancora più preoccupanti.

Parliamo di un vero rompicapo economico, una minaccia potenzialmente ancora maggiore dei rincari dell’oro blu. Da un lato, infatti, per commodities come il gas naturale stimare gli andamenti dei prezzi di mercato e le cause aumenti relativamente facile in termini generali. Si può capire, ad esempio, quanto un taglio delle forniture imposto dalla Russia all’Europa potrà influenzare i prezzi europei in borsa e dunque le consegne al mercato del Vecchio Continente, capendo in forma pressoché lineare il rapporto causa-effetto. Dall’altro, per l’elettricità ciò è più complesso, in quanto stiamo parlando di quello che a tutti gli effetti è sia un mercato energetico che un mercato secondario, essendo l’energia elettrica volano per i fabbisogni di industrie, servizi, abitazioni private generata con l’utilizzo di fonti fossili o rinnovabili aventi i loro propri mercati. E dunque la ricerca di un trend per capire i prezzi dell’elettricità si scontra con i problemi legati al mix energetico utilizzato per generarla, ai picchi di domanda e offerta, alla stagionalità, agli orari.

Non v’è però alcun dubbio circa il fatto che la bomba dell’elettricità sia la derivata prima dello tsunami dei prezzi energetici e la derivata seconda dell’accelerazione dell’inflazione e del parallelo processo di transizione energetica che, come ha ricordato Gianclaudio Torlizzi in Materia rara, sta contribuendo al superciclo delle materie prime da ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina. In questa seconda metà di 2022 in Europa ci si accorge che quella che per il gas è un caos strisciante e difficile da governare sul fronte del mercato dell’elettricità è da tempo tempesta perfetta.

Stiamo parlando di dati fuori mercato: in quasi tutta Europa interconnessa dalle reti di trasporto transcontinentali l’elettricità ha raggiunto prezzi record e in soli quattro Paesi dell’Unione (Polonia, Portogallo, Svezia e Spagna), in Norvegia e in Turchia al momento della generazione costa meno di 500 euro al MWh. Nel decennio pre-pandemico i prezzi medi, per fare un paragone, erano compresi tra i 20 e i 30 euro al MWh: il paragone ideale è pensare a uno scenario in cui il petrolio si trovasse a superare i 1.500 dollari al barile in un biennio.

Al 24 agosto i prezzi avevano toccato in Italia i 642 euro al MWh, dopo esser stati oltre i 400 euro per tutto luglio, nella giornata del 22 agosto in Germania hanno superato i 700 euro per la prima volta nella storia, in Francia negli ultimi giorni si è oscillato tra i 555 e i 600 euro nonostante la copertura garantita dal nucleare che ripara dal caro-gas.

Le problematiche si andavano, in quest’ottica, accumulando già dal 2021. In quel contesto, l’accelerazione della ripresa economica post-Covid ha influenzato profondamente il mercato dell’elettricità generando, nei mesi centrali dell’anno, picchi di domanda parallelamente a una ristrutturazione generalizzata delle economie avanzate e a un rilancio delle politiche di transizione legate proprio al soddisfacimento della sempre più vorace domanda di elettricità. I picchi di domanda industriali e le crescenti richieste dei cittadini privati nelle economie avanzate si sono sommate a un contesto in cui la modifica dei mix energetici prendeva piede mentre la spinta sulle rinnovabili e l’incremento dei prezzi dei mercati al consumo dei permessi di inquinamento amplificavano il costo della generazione elettrica. Tutto questo ha contribuito a generare una penetrante inflazione energetica già sul finire del 2021, come dimostrato dal decollo dei prezzi nazionali attorno a 250-300 euro al MWh nei maggiori mercati europei. La guerra in Ucraina ha fatto da detonatore a una situazione già esplosiva.

E in tutta Europa l’inverno che si avvicina può portare dolori sul fronte del gas ma far rompere l’osso del collo al Vecchio Continente su quello, ancor più problematico, dell’elettricità. L’incubo dei lockdown produttivi per i settori a più alta intensità di consumo energetico (dalle cartiere agli stabilimenti siderurgici, passando per la ceramica) prende piede mentre in molti contesti non si è superata la dipendenza dal mercato pay-as-you-bid in cui la negoziazione avviene quotidianamente sul fronte domanda-offerta e non si negoziano contratti strutturali di lungo termine. Inoltre, molti operatori provano a concentrare l’utilizzo dell’energia sugli orari meno costosi, al mattino e nella sera, distorcendo ulteriormente gli equilibri. Non c’è altra strada per l’Europa di affrontare, forse con urgenza maggiore rispetto a quello sul gas, il problema di porre un tetto ai prezzi dell’elettricità redistribuendo, inoltre, i proventi degli extra-profitti delle compagnie che si stanno avvantaggiando con questa dinamica. In quanto problema derivato, quello dell’elettricità è un mosaico complesso, una tessera del domino più grande di quella del gas ma può essere il vero dilemma epocale per il mercato energetico d’Europa. La marea montante dei prezzi può paralizzare l’economia del Vecchio Continente con un combinato disposto di rincari e incontrollabilità delle dinamiche di mercato: anche per questo il controllo delle dinamiche sulle fonti di generazione può e deve contribuire a trovare una soluzione in grado di preservare dall’incubo della recessione e del nuovo boom inflattivo il Vecchio Continente.





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