Il colosso russo Gazprom ha sospeso da mercoledì 27 aprile le consegne di gas alla Polonia, ma Varsavia si è fatta trovare pronta alla chiusura dei rubinetti del gasdotto Yamal e ha affermato di non volere più acquistare gas da società russe. Fino a martedì 26 aprile il 55% delle importazioni di gas della Polonia proveniva da Mosca, ma la Varsavia aveva già adottato diverse misure per ridurre la propria dipendenza, tra cui l’espansione di un terminal a Swinoujscie, nel nord-ovest della Polonia, e la costruzione di un nuovo gasdotto dalla Norvegia.
Tali misure sono una delle conseguenze dell’allineamento della Polonia conservatrice governata dal PiS (Diritto e Giustizia), partito cattolico di destra al potere dal 2015 e fortemente antirusso, alla strategia statunitense e atlantica di decoupling tra Russia e campo occidentale. Adottata dalla Polonia fino all’estrema conseguenza di puntare, in Ucraina, alla sconfitta militare dell’invasore con il sostegno alla resistenza di Kiev. Piano avallato dal Regno Unito prima e dagli Usa poi.
Varsavia si è fatta dunque trovare preparata allo stop delle forniture da Mosca, tanto che il ministro per le Infrastrutture energetiche, Piotr Naimsky, in un’intervista alla radio Rmf, ha detto chiaramente: “Non compreremo più gas dalle società russe”. Una svolta sistemica che presuppone un distacco completo da Mosca paragonabile a quello compiuto dai Paesi baltici nelle scorse settimane. Naimsky ha sottolineato che la Polonia si stava preparando a rinunciare al gas russo già da sei anni, assicurando che non ci saranno difficoltà a rifornire i consumatori polacchi. “Posso garantire che il gas ci sarà, a meno che non si verifichi una sorta di cataclisma – ha spiegato – in condizioni prevedibili, avremo forniture di gas”.
Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki è intervenuto al Parlamento di Varsavia affermando che la Russia sta cercando di “ricattare” la Polonia dopo le nuove sanzioni imposte nella giornata del 26 aprile nei confronti di 50 oligarchi e aziende russi, tra cui la stessa Gazprom. Da quando nel giugno 2019 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente della Polonia Andrzej Duda hanno firmato un accordo bilaterale per la fornitura di 2 miliardi di metri cubi di gas naturale liquido statunitense del valore di circa 8 miliardi di dollari e formalizzato l’appoggio Usa al gasdotto “Baltic Pipe” destinato a collegare la Polonia con i paesi del Nord Europa la strategia si è fatta esplicita.
“I nostri magazzini sono pieni al 76%. Non ci sarà carenza di gas nelle case polacche”, ha tagliato corto la ministra polacca del Clima e dell’Ambiente, Anna Moskwa, ricordando che il Paese “per anni” è stato “effettivamente indipendente dalla Russia”. Per Morawiecki tali risorse possono bastare a sostenere un mese e mezzo di gestione delle forniture anche in caso di azzeramento totale di ogni fornitura, non solo di quelle russe.
L’autonomia strategica polacca è in via di graduale costituzione mese dopo mese, anno dopo anno. Da 0,97 miliardi di metri cubi del 2016 la quota di gas naturale liquefatto nell’import di oro blu è passata a 3,94 miliardi nel 2021, passando dall’8,64 al 28,47% del totale della domanda di importazioni gasiere soddisfatta attraverso i terminal marittimi. Ora l’obiettivo è rafforzae tale trend, rendere la sommatoria tra gas proveniente dal Nord Europa e Gnl la maggioranza assoluta, debellare la dipendenza da Mosca anche con la produzione nazionale. Nel 2020 Varsavia ha estratto circa 5 miliardi di metri cubi dal sottosuolo nazionale. E questo è importante perchè si tratta di una quota pari a un quinto del consumo nazionale complessivo. La Polonia è inoltre autonoma per l’80% della produzione di carbone e nel 2019 la produzione di gas russo destinata al Paese è, per la prima volta da inizio secolo, scesa sotto il 50% del contributo al fabbisogno nazionale complessivo. Oggi rappresenta, come detto, il 55% delle importazioni ma solo il 45% dei consumi complessivi. Un trend che il governo polacco vuole incentivare nei mesi e negli anni a venire, rompendo una volta per tutte con Mosca.
La scelta russa non modifica, del resto, una road map già fissata in tutto il settore energetico, al massimo ne accelererà l’urgenza. La Polonia ha già annunciato a inizio mese che smetterà di acquistare carbone russo, al più tardi entro la fine di maggio e prevedeva di rinunciare alle forniture russe di petrolio e gas entro la fine del 2022. E secondo fonti del Ministero degli Esteri polacco vicine a Inside Over sul gas “lo stop era pianificato a ottobre2 e la Polonia “non vedeva l’ora di distaccarsi dalla Russia”, tanto che al netto di “fisiologiche” impennate di breve periodo sulle bollette Varsavia non prevede “scenari apocalittici” in caso di rottura delle relazioni energetiche con la Russia.
Mosca ha solo dato l’impulso all’urgenza di questa strategia, che per il viceministro per lo Sviluppo economico, Grzegorz Piechowiak, “sarà possibile anche alla diplomazia attiva nei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente” a cui guardano molti Stati, compresa l’Italia. E Roma deve fare molta attenzione a dichiarazioni di questo tipo: Stati come la Polonia possono essere, in prospettiva, partner perchè capaci di guardare all’Italia come hub decisivo per le relazioni energetiche con gli Stati destinati a sostituire Mosca nei mix energetici. Una svolta che il sistema-Paese può e deve cogliere capendo quando per molti Stati il decoupling dalla Russia sia un obiettivo prioritario.