La Russia riapre i rubinetti e il prezzo del gas naturale cala. Nella giornata del 9 novembre il colosso russo Gazprom ha iniziato ad aumentare gradualmente le forniture di gas all’Europa attraverso gli snodi critici di Ucraina e Polonia, punti caldi della geopolitica energetica del Vecchio Continente per l’atavica contrapposizione dei due Paesi con Mosca. Immediati i riflessi sul mercato, con i prezzi in calo di oltre il 3,7% nella seduta del 10 novembre, dopo che Vladimir Putin ha dato via libera alle nuove forniture gasiere al Vecchio Continente. La mossa si presta a diverse chiavi di lettura, sia contingenti che strategiche.

In primo luogo, è importante sottolineare che la manovra di Gazprom, braccio energetico dell’Orso russo, arriva al termine di una fase complessa in cui per il colosso a partecipazione pubblica è stato sia in grado di festeggiare risultati positivi sia soggetto a diverse preoccupazioni. Gazprom, complici i prezzi in volo, ha conseguito nel secondo trimestre del 2021 un aumento dei profitti fino a 6 miliardi di euro, il 25% del fatturato. Su base annua nei primi otto mesi dell’anno Gazprom ha prodotto 337 miliardi di metri cubi di gas per i consumi interni russi e le esportazioni, un aumento del 18% rispetto al 2020. Mentre le forniture all’Europa hanno visto una crescita del 23,2 per cento su base annua, per un volume totale di 115,3 miliardi di metri cubi di gas. Al contempo, tuttaiva, Gazprom ha sicuramente ritardato la riapertura dei “rubinetti” per la necessità di ricostituire le scorte strategiche, fattore che destava preoccupazione sul fronte interno. Il 27 ottobre scorso il presidente Vladimir Putin aveva detto al ceo di Gazprom, Alexei Miller, di iniziare a pompare gas naturale negli stoccaggi europei una volta riempiti quelli russi.

In secondo luogo, c’era per la Russia la necessità di portare avanti una strategia cautelativa per evitare che il mercato del gas naturale europeo esplodesse dopo la crisi delle forniture dell’altro mercato chiave, l’Algeria. Nelle scorse settimane, infatti, le importazioni di gas algerino in Spagna attraverso il gasdotto che passa per il Marocco si sono interrotte dopo venticinque anni anni a causa delle dispute fra i due paesi nordafricani.

Vi è poi, terzo punto, un’evidente necessità tattica di dare seguito alla distensione dei prezzi energetici globali dopo la fiammata di settembre e ottobre e la “bomba” inflazionistica. Come scrive Il Fatto Quotidianoinfatti, tali impatti sono già percepibili oggigiorno: i dati del Gestore del mercato elettrico relativi all’Italia, ad esempio, segnalano che “la quotazione media del Megawatt/ora è scesa del 10% nella prima settimana di novembre dopo il – 6% che aveva caratterizzato l’ultima di ottobre. La discesa dei prezzi dell’energia, se protratta, è destinata ad avere un impatto sull’inflazione dell’area euro che lo scorso ottobre ha toccato il 4,1% spinta al rialzo proprio dai rincari di luce e gas”.

Il ritardo relativo rispetto alla data di inizio della manovra, inizialmente prevista per l’8 novembre, ha provocato nella giornata di lunedì un boom del 10% del prezzo prontamente rientrato, e il fatto che, pur in lieve ritardo, la Russia abbia dato seguito a quanto promesso mostra che la partita ha anche valenza strategica.

Putin gioca con sagacia, in particolare, il ruolo di rivale strategico e partner dialogante degli Stati Uniti dopo che l’offensiva energetica di Washington è stata sostanzialmente respinta col consolidamento della posizione di Mosca nella “guerra fredda” del gas. Nelle scorse settimane Joe Biden aveva, assieme ai governi di India e Giappone, fatto pressione sull’Opec+ e sulla Russia in particolare perché aumentasse la produzione di petrolio, ricevendo un formale diniego giustificato dall’ascesa di diversi fattori di rischio che incombono sulla domanda evocati da Mosca per giustificare il mantenimento della sua politica prudente, evocando anche i – verissimi – nuovi picchi di contaminazione da Covid osservati nel Paese. Ma d’altro canto, un gesto aperturista e di buona volontà sul gas naturale mostra che la volontà russa non va nella direzione di perturbare un mercato al cui interno sono inclusi anche i carichi di gas naturale liquefatto americano, dando un retroterra energetico a un processo di dialogo che si sta, passo dopo passo, intensificando e ha avuto nella visita moscovita del capo della Cia William Burns il suo simbolo.

Inoltre, la Russia ha voluto rispondere indirettamente alle accuse della vicina Polonia di star giocando una partita di destabilizzazione fondata su una vera e propria guerra ibrida attraverso la partita migratoria in Bielorussia, fornendo elementi per una de-escalation e per evitare di essere indicata come incendiaria. E la riattivazione del flusso attraverso Polonia e Ucraina serve anche a Mosca per distogliere l’attenzione e rimandare le polemiche sul lancio di Nord Stream 2, il gasdotto parallelo che trasporta direttamente il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale attraverso la Germania, bypassando l’infrastruttura in Ucraina. Rimandando la manifestazione palese di uno scontro che, in materia, sarà sicuramente caldo. Ma che Putin non vuole affrontare nel pieno del rischio di una crisi energetica internazionale. Nel freddo inverno europeo, dunque, il mercato del gas assisterà a un disgelo e a una tregua armata avente il suo simbolo nel realismo di Gazprom che serve, in primo luogo, a mettere la Russia al riparo da scossoni e tensioni in una fase ancora incerta.





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