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Una “bomba” può esplodere nel cuore delle economie europee in vista dell’autunno e dell’inverno, quella dell’aumento dei prezzi di tutte le materie prime energetiche. Lo scenario è caldo e può portare a generare un deterioramento delle prospettive di ripresa in Europa e non solo.

Nelle scorse settimane su Inside Over abbiamo commentato le prospettive di ripresa dell’economia italiana ed europea nel quadro del contesto internazionale mirando, in ogni caso, a tenere alta la guardia per il futuro di un contesto mutato dalle riaperture post-Covid e dall’accelerazione delle vaccinazioni in tutto l’Occidente. Facendo gli “avvocati del diavolo” abbiamo sottolineato come le incertezze sulle catene del valore, le pulsioni inflazionistiche, la carenza di determinati componenti strategici per le imprese e l’aumento del prezzo delle materie prime fondamentali per costruzioni, edilizia, manifattura potessero creare un contesto negativo per il rilancio di un’economia globale piagata dalla pandemia. Nelle ultime settimane, l’aumento dei costi delle materie prime energetiche ha iniziato a perturbare ulteriormente lo scenario.

Nelle scorse settimane l’annuncio di un’impennata nei dividendi di Gazprom, il colosso russo dell’energia, aveva dato un’avvisaglia del mutato clima nel mercato sempre più cruciale del gas naturale. L’oro blu sta conoscendo una fiammata nei prezzi: il prezzo spot del gas per milione di British termal unit (una quantità pari a circa 28 metri cubi) è dato negli Usa a 3,5 dollari, 13% in più delle aspettative, e previsto salire a 4-5 entro il 2022. Bloomberg, in questo contesto, ricorda che da inizio anno a questa parte il rincaro medio delle materie prime energetiche è stato pari 20% per tutte le materie prime, con picchi di +50% nel contesto del mercato del petrolio. Esso è da tempo tornato sui livelli pre-pandemia e negli indici Brent e Wti gli analisti ritengono che il prezzo ptrebbe mantenersi oscillante tra i 68 e i 70 dollari al barile. Da gennaio ad oggi il carbone ha guadagnato il 70% superando 120 dollari per tonnellata in Europa.

Gli impatti economici di questa evoluzione sono ad ampio raggio. In primo luogo, l’aumento del costo dell’energia rappresenta un ulteriore fattore degno di attenzione per valutare lo sviluppo delle filiere industriali e delle catene del valore, in cui al prezzo della produzione va aggiunto l’accrescimento dei costi di trasformazione, trasporto e distribuzione dei manufatti e dei semilavorati, l’impatto generato dall’aumento del prezzo del greggio sulla logistica, il ruolo destabilizzante giocato dall’insicurezza sulle fonti di rifornimento.

In secondo luogo, la catena di distribuzione di molte materie prime è estremamente dipendente dall’esistenza di scorte oggi ai loro minimi. Neanche la pandemia ha fatto calare l’esposizione dell’industria e dei nostri sistemi economici alla logica minimale del just-in-time, che rischia di essere dannosa soprattutto in campo energetico. In particolare, il Financial Times ha parlato di un rischio connesso alla possibilità che la combinazione tra i prezzi alti dell’oro blu e la presenza di un inverno freddo in Europa impongano un picco ulteriore ai prezzi rendendo antieconomica la costruzione di scorte pari a quelle degli anni scorsiSissi Bellomo su Il Sole 24 Ore ricorda che “le scorte di gas europee sono a livelli di guardia, ai minimi da 10 anni per questo periodo: in media gli stoccaggi sono pieni al 69% (dati Gie). L’Italia sta un po’ meglio con l’83%, ma l’anno scorso in quest’ epoca erano al 95%” e l’avvicinarsi della stagione fredda va di pari passo con i rallentamenti nelle forniture dalla Russia, dall’Algeria e dal Mare del Nord, con una domanda che fatica a star dietro all’offerta .

In terzo luogo, i cittadini e le famiglie subiranno un colpo in tutta Europa dall’aumento dei prezzi delle bollette al dettaglio in tutti i campi legati all’energia. In Italia da aprile a giugno il rincaro è stato del 9,9% per l’elettricità e del 15,3% per il gas in media. Recenti stime di Arera sottolineano che tra ottobre 2020 e settembre 2021 la famiglia italiana media spenderà solo in elettricità 559 euro, con un incremento congiunturale annuo del +12%. In quest’ottica, la ripresa della domanda è andata di pari passo con la pressione esercitata sull’offerta che si è trovata a inseguire e ad accelerare la sua partecipazione al mercato delle emissioni del carbone in Europa, fondamentali per poter produrre potenza da immettere in rete, i cui prezzi sono schizzati alle stelle ricadendo sui consumatori. Come fa notare la Libertà, “a fine gennaio 2021 la tonnellata di CO2 si trovava al di sotto dei 35 euro, a inizio maggio a circa 50 euro, per poi superare i 62 euro ai primi di settembre. Un costo che se dovesse mantenere questa dinamica si troverebbe raddoppiato in meno di un anno”.

Dunque, ricapitolando, il costo generale delle materie prime è accelerato nella sua crescita dall’aumento della domanda di mercato e dalla ripresa fisiologica delle economie; le dinamiche connesse alla ripresa dei commerci spingono in alto il prezzo del petrolio, l’aumento della richiesta di cittadini e imprese fa impennare il gas naturale e il carbone vede la sua domanda trainata dalla minore concorrenzialità delle altre due risorse; l’inflazione globale traina i prezzi e altrettanto fanno le politiche di spesa operate da governi e imprese; infine, i regolamenti europei, come accade nel mondo dell’acciaio, stimolano la competizione piuttosto che la coesione sul fronte dei prezzi facendo depositare sui mercati energetici il peso delle trattative per i permessi di inquinamento. Si crea dunque un circolo vizioso: l’imminenza dell’inverno impone di capire se questo problema continuerà ad autoalimentarsi o se nei prossimi mesi l’energia subirà una stabilizzazione di cui beneficerebbe l’intero sistema.





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