“Se potessimo fermare le importazioni di petrolio dalla Russia lo faremmo automaticamente”: dopo il meeting dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea Annalena Baerbock, leader dei Verdi tedeschi e alla guida della diplomazia di Berlino, ha parlato con chiarezza. “Non è una questione se lo vogliamo o no, ma quanto siamo dipendenti e per esempio la Germania importa molto petrolio dalla Russia e come noi altri Paesi dell’Ue. Ecco perché è importante che parliamo tra noi, capire come possiamo ridurre questa dipendenza. Ora stiamo preparando i passi da implementare molto presto nel futuro”.

Le parole della Baerbock sono, per la seconda volta, un’attestazione del fatto che Berlino vuole proseguire sulla strada delle sanzioni a Mosca mediandole con il metro di giudizio del realismo. Era stato il vicepremier nel governo di Olaf Scholz e co-leader dei Grunen, Robert Habeck, a fare una dichiarazione simile sul gas, sottolineando che bloccare immediatamente le importazioni energetiche da Mosca avrebbe causato in Germania uno tsunami recessivo.



Il momento è di quelli cruciali per tutta l’Europa e le parole della Baerbock mostrano che a poche settimane dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina le sanzioni a Mosca sono già di fronte alla prova del realismo: l’Unione Europea, ha ricordato il nostro ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, è costretta a versare ogni giorno nelle casse di Mosca un miliardo di euro per l’approvvigionamento energetico, e sono Roma e Berlino a dover staccare l’assegno più consistente.

La Germania, che dipende dalla Russia per poco meno di un terzo delle sue forniture petrolifere e per circa il 40% di quelle di gas naturale, a tal proposito non può permettersi passi falsi. E lo si è capito nelle settimane scorse quando Olaf Scholz è parso addirittura più cauto del già guardingo Mario Draghi nel discutere dell’estensione dell’embargo anche al settore energetico.

Concorde nella volontà di condannare l’aggressione russa, l’Unione Europea si sta già sfilacciando sul tema della risposta a Mosca. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea si sono presentati a Bruxelles con grandi incertezze sulle manovre da compiere per colpire ulteriormente Mosca. “Lavoreremo duramente per porre fine passo dopo passo alla nostra dipendenza dal petrolio e dal gas russi, faremo di tutto per staccarci dalla Russia e isolare il governo russo e il suo presidente in ogni modo”, ha assicurato la Baerbock. La leader ecologista è stata a lungo una dichiarata avversaria della Russia, ma sottolineando la necessità di mosse graduali ha mostrato l’inevitabilità di passaggi delicati. Una posizione molto diversa dal falco antirusso dell’Ue, il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, per il quale le importazioni energetiche “sono facilmente sostituibili”. Parole coraggiose, da esponente di un Paese che secondo Eurostat dipende dall’energia russa per una quota pari all’83% del fabbisogno di gas e petrolio. I Paesi baltici sono i più convinti, assieme alla Polonia, nel sostenere l’estensione dell’embargo al fronte energetico, e Irlanda e Slovacchia paiono essere tiepidamente a favore di mosse analoghe. Da Bogdan Aurescu, ministro degli Esteri romeno, è arrivata una posizione dura: “dobbiamo essere aperti ad adottare più sanzioni contro la Russia”.

Pilatesca la posizione dell’Italia rappresentata da Luigi Di Maio, che ha dichiarato: “non siamo contrari”. Parole arrivate a caldo dopo che l’opposizione tedesca aveva già fatto declinare l’opzione di un quinto pacchetto di sanzioni immediato contro Mosca coinvolgente anche l’energia.

Sull’altro fronte la Germania ha incassato il sostegno diretto nella sua strategia pragmatica del governo ungherese di Viktor Orban. Fidesz si gioca la permanenza al potere nelle imminenti elezioni e non può permettersi strappi gravi.  “Non sosterremo sanzioni che mettono a repentaglio la sicurezza energetica dell’Ungheria”, ha invece dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto. Per il capo diplomatico di Budapest “non è possibile raggiungere un consenso sull’interruzione delle importazioni energetiche dalla Russia”. Con schiettezza, Szijjarto ha dichiarato quello che tanti pensano e che, forse, a Berlino è stato accolto con un sospiro di sollievo. Guardacaso proprio da un Ministro dichiaratamente ambientalista. Le sanzioni sono l’ideologia alla prova del realismo. E piaccia o no, l’Unione Europea deve prima pensare a trovare vie alternative per la propria agenda energetica. Solo in seguito potrà completare un decoupling energetico da Mosca che, oggigiorno, avrebbe effetti rovinosi.

 

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