Nella nuova geopolitica dell’energia tra l’Europa e i mercati circostanti la Germania è un attore sempre più protagonista. E non lo testimonia solo il fatto che Angela Merkel abbia, a poche settimane dalla fine del suo mandato alla cancelleria, portato a compimento l’obiettivo dell’accettazione da parte degli Usa del gasdotto Nord Stream 2. Ma lo conferma la profonda attenzione che la politica e il mondo imprenditoriale tedesco rivolgono a una nuova frontiera del mondo energetico e a una delle più importanti novità che possono abilitare la transizione, l’idrogeno.
L’idrogeno non è ancora diventata una forza “rivoluzionaria” nei mercati energetici globali, ma può fungere da strumento di alimentazione dei sistemi industriali e produttivi tale da garantire, in prospettiva, un contributo alla decarbonizzazione, all’efficientamento dei consumi da parte dell’industria e del settore privato e un volano a settori come la mobilità sostenibile tutt’altro che indifferente.
La Germania, prima economia e prima potenza manifatturiera d’Europa, nazione più popolosa dell’Unione Europea, Paese che ha scelto l’uscita dal nucleare dopo l’incidente di Fukushima, potenza tecnologica e dell’innovazione può e deve combattere sia sul fronte della tutela ambientale che su quello dello sviluppo economico la partita della transizione. E, come in ogni questione di carattere, energetico, nel quadro d’insieme della partita dell’idrogeno business e geopolitica si sommano. Non potrebbe essere altrimenti in un mondo come quello dell’idrogeno dove nuovi mercati e nuove filiere si vanno via via sommando. E in cui i nuovi paradigmi devono ancora essere edificati.
Berlino, in quest’ottica, avanza su una strategia a cerchi concentrici. Il primo asse è quello interno. Mirando in primo luogo a costruire una filiera integrale dell’idrogeno, partendo dai macchinari per l’elettrolisi e arrivando alla costruzione di impianti in grado di alimentare la transizione energetica nella siderurgia, nella manifattura, nei trasporti. A tal proposito il governo ha messo in campo un piano da 9 miliardi di euro e garantito nel suo Recovery Fund circa 3,3 miliardi di euro con l’obiettivo di perseguire la sostanziale decarbonizzazione dell’industria pesante funzionale alla manifattura del Paese.
In un secondo livello, si passa all’espansione nei mercati internazionali. Kfw, la Cassa Depositi e Prestiti tedesca, e il governo hanno l’intenzione di promuovere un’integrazione sistemica con partner internazionali e spingere le aziende tedesche a gettare le basi per una crescente collaborazione con nuovi partner cruciali per l’energia di domani. A tal proposito 2 dei 9 miliardi stanziati nella strategia nazionale per l’idrogeno saranno destinati per le partnership internazionali per l‘approvvigionamento in modo tale da accelerare la corsa verso l’obiettivo della decarbonizzazione. Alla produzione nazionale, che Berlino mira a portare a 5.000 MW entro il 2030 e 10.000 entro il 2040, la Germania vuole associare un sistema delocalizzato nei paesi del Golfo e in Nord Africa sfruttando l‘energia solare per alimentare le centrali produttive.
Non a caso sono fortemente messi sotto attenzione i Paesi dell’Africa che possono offrire spazi d’inserimento per le tecnologie tedesche e per ampliare la prospettiva di inserimento dell’industria nazionale in un’area ove i terreni a disposizione per generare nuove produzioni e nuovi impianti non mancano. In Africa Occidentale, nota Italia Oggi, “15 paesi riuniti nell’associazione economica Ecowas sono indicati da uno studio del ministero federale della Scienza (“H2- Atlas Africa”) come l’area ideale per produrre idrogeno verde, per poi importarlo in Germania”.
Infine, c’è un versante di carattere geopolitico che ha a che fare con il posizionamento della Germania nelle reti che animeranno il mercato di domani, dell’era della transizione. Il posizionamento africano segnala la volontà tedesca di inserirsi in un’area di mondo promettente, sovrapponendo la sua presenza alla tradizionale, ma declinante, influenza francese, e fa parte di un ramificato progetto geoeconomico che ha il suo punto di scaricamento più interessante nell’Europa orientale, per la precisione in Ucraina. Berlino recentemente ” ha stipulato con la Germania un accordo di cooperazione nel campo delle energie rinnovabili, che prevede dieci progetti pilota, alcuni dei quali partiranno il prossimo anno” e che rappresentano il contraltare offerto a Kiev (e Washington) come lasciapassare per il completamento del gasdotto russo-tedesco.
La Germania prosegue nella sua strategia di rafforzamento geo-strategico e geo-economico plasmando una transizione a tutto campo: i nuovi paradigmi tecnologici ed energetici guidano la costruzione di nuove catene del valore transnazionali e nuove alleanze potenziali. Che si sovrappongono a quelle già esistenti, come se il mix energetico di un Paese fosse anche un vero e proprio mix geopolitico. La Germania ha compreso che la transizione sarà una prospettiva di medio-lungo periodo e che occorrerà adeguarsi per farsi trovare pronti, come sistema-Paese, a un lungo periodo di coesistenza tra fonti tradizionali e rinnovabili. Gas e idrogeno sono, in quest’ottica, perfetti complementi anche per le ricadute in termini di investimenti infrastrutturali, sviluppi tecnologici e prospettive di mercato. E rafforzano il posizionamento del Paese in Europa e non solo.