Giancarlo Giorgetti sta passando da una partita all’altra al ministero dello Sviluppo Economico, che con la nascita del governo Draghi è tornato ad essere uno dei più importanti nell’elaborazione strategica dell’azione dell’esecutivo.
L’unico politico con le mani sul Recovery
Giorgetti, che ha lavorato molto per portare la Lega di Matteo Salvini all’interno dell’esecutivo e da tempo dialogava direttamente con l’attuale premier ed ex governatore della Bce, si trova di fatto nella situazione di essere il ministro strettamente politico maggiormente coinvolto nella decisione dei programmi più importanti nell’esecutivo. Draghi ha “blindato” la scrittura del nuovo Recovery Fund attorno ai ministri Daniele Franco (Economia), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Vittorio Colao (Digitale) e Enrico Giovannini (Infrastrutture), ma il Mise di Giorgetti è cinghia di trasmissione e motore delle necessarie politiche industriali che dovranno dare sostanza a questi progetti.
Sul fronte del 5G e del cloud, ad esempio, non si può non vedere l’impronta di Giorgetti, atlantista di ferro, dietro la riscrittura dei progetti in senso più cauto nei confronti della penetrazione cinese e in maniera meno punitiva del big tech statunitense. E al contempo anche il piano sulle infrastrutture non potrà fare a meno di coinvolgere l’apparato del Mise, che dovrà stare attento a creare un’adeguata filiera in settori di primaria rilevanza per la produzione nazionale come l’acciaio.
Dai vaccini alle partecipate
Ma non è solo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che Giorgetti potrà avere voce. Le ultime settimane lo hanno visto regista del rilancio dell’Italia sul fronte della produzione vaccinale, attento a creare un ponte con Farmindustria e a negoziare con il commissario europeo all’Industria Thierry Breton gli spazi per Roma nel contesto del nuovo progetto Hera Incubator di aumento della capacità produttiva continentale. La necessità di recuperare i mesi persi dal governo Conte II sui vaccini e di rifornire a pieno regime le strutture di somministrazione si sommano nel dare spazio all’industria nazionale nella ricerca degli spazi ottimali per internalizzare nel nostro Paese una parte della filiera produttiva.
Vi è poi l’ampia questione delle società a partecipazione pubblica o in cui lo Stato è intervenuto per gestire parte del capitale, sulla cui governance il Mise ha spesso l’ultima parola.
In una recente audizione alla Camera di fronte alla Commissione Trasporti, infatti, Giorgetti ha aperto la discussione su un dossier caldo come quello di Tim e della possibilità della rete unica con Open Fiber. ““La situazione”, ha notato, “nel corso del tempo si è evoluta, l’intervento dei fondi ha arricchito i soggetti, prima erano ridotti e poi c’è la Cdp, oggettivamente al momento in una situazione abbastanza anomala, essendo azionista di due soggetti teoricamente in competizione, e anche questo tema deve essere risolto”. Giorgetti ha notato che a suo avviso governo potrebbe anche sostenere il progetto di una nuova rete unica che unisca FiberCop di Tim a Open Fiber, ma solo a patto che questa nuova società operi sotto l’egida del potere pubblico e non abbia nel capitale partecipazioni pesanti di gruppi stranieri come Vivendi.
La consapevolezza, chiara, è che all’Italia serva una rete unica nazionale in grado di portare la fibra in ogni angolo del Paese, per colmare il gap dei luoghi più o meno remoti della Penisola e venire incontro alle necessità di digitalizzazione insite nel Pnrr e nella risposta a scenari come la pandemia. Giorgetti utilizza dunque una posizione mediana tra la necessità condivisa nella politica italiana di vedere una rete unica a guida pubblica e le fughe in avanti di chi, come Beppe Grillo, proponeva un’uscita dai blocchi anticipata anche a costo di forzare le dinamiche di mercato.
Un’altra questione fondamentale è quella dell’acciaio, al cui interno Invitalia sta giocando un ruolo di primo piano nel caso Ilva e su cui si stanno aprendo sfide sistemiche connesse alla necessità di coniugare lo sviluppo del settore alle nuove prassi legate alla sostenibilità e alla decarbonizzazione dei processi.
Politica ed economia: golden power e nomine
Sia su Telecom/Open Fiber che sull’Ilva da più parti ai tempi del governo Conte II l’esecutivo è stato invitato a discutere l’applicazione del golden power in caso di necessità e di minaccia agli asset strategici del Paese. Il perimetro di applicazione dei poteri speciali va validato con attenzione al Mise, dato che Giorgetti ha recentemente aggiunto Iveco, oggetto delle mire del gruppo cinese Faw, alle società a cui potrebbe estendersi.
In primavera, inoltre, il Mise dovrà affrontare lo snodo cruciale del rinnovo dei vertici del suo “braccio armato”, Cassa Depositi e Prestiti. “Se in Cdp”, scrive La Notizia, “si viaggia verso la riconferma del presidente Giovanni Gorno Temprini, più aperta è la partita per il bis dell’amministratore delegato, Fabrizio Palermo. Cassa Depositi e Prestiti ha assunto un ruolo sempre più strategico nel panorama economico e finanziario del Paese” e, soprattutto dopo la creazione del fondo Patrimonio Destinato ha ampliato la sua capacità di sostegno e rilancio del sistema economico e produttivo italiano con ulteriori 40 miliardi di euro di disponibilità. Il capitale della Cassa è per l’82,77% dal Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche il Mise è consultato nel dialogo per la scelta dei suoi vertici. E non è da escludere che Giorgetti rinsaldi l’asse con Draghi sostenendo un’ascesa dell’attuale vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco, discepolo del premier, al posto di Palermo.
Spazio, ultima frontiera
Nella sua audizione alla Camera Giorgetti non ha escluso dal perimetro dell’analisi delle future politiche del governo anche lo spazio, settore a cui ha avuto la delega ai tempi del governo Conte I, di cui era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. L’esponente leghista ha presentato una richiesta al ministero dell’Economia per aumentare i fondi per la space economy (che nell’attuale versione ammontano a 900 milioni) in cui l’Italia è competitiva, dall’inserimento nel progetto Artemis alle nuove sfide dell’internet via satellite.
Dopo Riccardo Fraccaro sarà il secondo successore di Giorgetti nel ruolo a Palazzo Chigi, Riccardo Garofoli, ad assumere le deleghe allo spazio e a valersi del sostegno dell’ex consigliere di amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana e neo-consulente del governo, Alessandro Aresu, per la programmazione delle politiche in materia. Politiche che dovranno però passare, chiaramente, anche sul terreno della governance industriale, specie sul fronte dell’inserimento italiano nei tavoli europei ed atlantici. E anche in quel campo il citofono a cui bussare sarà quello di Giancarlo Giorgetti. La cui agenda, nei mesi a venire, si prevede destinata ad essere decisamente piena.