Olaf Scholz ha affrontato in Germania una sconfitta dopo l’altra in un processo di disaffezione del Paese dalla “Coalizione semaforo” tra i suoi socialdemocratici (Spd), i Verdi e il Partito Liberale (Fdp). I voti di inizio ottobre in Baviera e Assia hanno segnato l’ennesimo arretramento della Spd e della quota di voti totali dei tre partiti di governo.
In particolare, dall’inizio del mandato di Scholz, a fine 2021, a oggi, la Spd ha perso nettamente in Bassa Sassonia, Schleswig-Holstein, nella capitale Berlino, nei due più importanti Lander tedeschi, la citata Baviera e il Nord-Reno Vestfalia, e appunto in Assia avanzando solo nella città-stato di Brema e nella Saarland. I Verdi sono “rimbalzati” in Vestfalia e non sono affondati in Baviera e a Berlino, riducendosi nettamente altrove. I Liberali, tornati in doppia cifra alle elezioni 2021, sono sprofondati quasi ovunque: sotto la soglia del 5%, sono rimasti senza seggi in Baviera, a Berlino, in Bassa Sassonia, Saarland e non hanno superato altrove il 5,9% toccato a Brema e in Vestfalia.
Scala posizioni la Cdu di Friederich Merz, che rilancia rigorismo, visioni conservatrici, critiche alle politiche di spesa e alle posizioni di politica estera del governo relativamente al Patto di Stabilità, la riforma dell’Unione Europea, il ritorno al rigore che divide l’esecutivo, la posizione sulla guerra in Ucraina. E vola anche l’ultradestra di Alternative fur Detuschland. In Assia la Cdu ha vinto col 34,6%, crescendo dal 27% di cinque anni prima, e Afd è arrivata seconda col 18,4%, relegando la Spd al terzo posto. In Baviera la Csu, partito gemello della Cdu nella regione cattolica, si è mantenuta al 37% davanti agli Elettori Liberi, partito populista e conservatore, e proprio all’Afd, attorno al 15,5 e al 14,5% dei consensi rispettivamente. Solo quarti e quinti Verdi e Spd rispettivamente.
Tutto questo può produrre dinamiche politiche cinetiche capaci di ripercuotersi sull’intera Europa. Una fase di consensi calanti per un esecutivo può mettere il cancelliere tedesco di fronte alla necessità di andare incontro alle richieste di un elettorato che ha vissuto con apprensione gli effetti della crisi energetica e della caduta in recessione del Paese. E il cui “fallo di reazione” può essere quello di un irrigidimento sulla madre di tutte le partite europee, ovvero la riforma dei trattati e del Patto di Stabilità.
Christian Lindner, Ministro delle Finanze e segretario dei Liberali, “falco” per eccellenza nel governo, si è sempre rapportato con attenzione alle linee della maggioranza che nel suo complesso spinge per una versione più lasca del Patto di Stabilità e dell’austerità. Ma nelle ultime settimane Lindner e il governo tedesco hanno promosso una maggiore attenzione ai temi del rigore di ritorno e dell’austerità.
Di fronte a una proposta della Commissione Europea di riforma del Patto di Stabilità che guarda maggiormente all’espansione fiscale e meno alla censura di bilancio Lindner, nota il Financial Times, “ha affermato che la sua posizione critica sulle proposte della Commissione ha avuto il sostegno di altre capitali dell’Ue falche e ha avvertito che la riforma deve in ultima analisi riflettere l’importanza di finanze pubbliche stabili”. Anche Scholz ha di fatto sostenuto la linea più dura del suo ministro: ora Berlino “vuole una regola che stabilisca che il rapporto debito/PIL dei paesi fortemente indebitati scenda di 1 punto percentuale ogni anno, una richiesta che alcuni Stati membri hanno respinto come troppo dura. La Germania prevede inoltre che i paesi meno indebitati riducano i loro rapporti di 0,5 punti percentuali all’anno” nella sua bozza. L’approccio della Germania è chiaro: uno stallo farà comunque tornare le regole europee pre-Covid, che fanno gioco a Berlino, capitale capace di avere tutto l’interesse nell’intransigenza per correggere la riforma. Le sconfitte elettorali dei membri della coalizione hanno segnalato, tra le altre cose, che Cdu e Afd spingono fortemente sul tema del contrasto al lassismo fiscale e fanno del rigore, in modo diverso, un cavallo di battaglia.
Se Scholz e i suoi faranno partire la gara a chi è più rigorista e austero, ovviamente, l’Europa tremerà. E potrà farlo duramente visti i tempi duri che ci attendono in termini di sfide legate a inflazione, carovita, tassi e future politiche industriali ed energetiche. Il sussulto rigorista rischia di produrre un disastro comunitario. E il governo di Berlino di accelerarlo pensando, così, di recuperare terreno sui temi degli avversari.