Il fondo Next Generation Eu è per ora solo una proposta, ma sui suoi conti si è già scatenata un’accesa battaglia politica e sono iniziate dure schermaglie. Da un lato i falchi del rigore, guidati dall’Olanda, hanno lanciato la corsa ad impallinare la proposta della Commissione di Ursula von der Leyen, giudicata eccessivamente generosa con i Paesi del Sud Europa per la presenza di una quota di contributi a fondo perduto; dall’altro tra governi come quello italiano è partita la gara ad intestarsi il merito di proposte che difficilmente arriveranno a definizione concreta.

Il bilancio della proposta della Commissione porta a un fondo molto ampio sul fronte delle erogazioni – ci saranno circa 500 miliardi in forma di trasferimenti alle capitali e 250 miliardi di prestiti, da restituire su un orizzonte lunghissimo; dall’altro versante, sul fronte del reperimento delle risorse, invece, il Next Generation EU procaccerà le sue risorse attraverso l’emissione di bond. In questo contesto, nella proposta iniziale, per l’Italia la quota di risorse a disposizione, al netto della contribuzione extra richiesta al bilancio pluriennale dell’Unione, è la più ampia di tutte: 82 miliardi di euro in trasferimenti, da 70 a 90 in prestiti.

Anche ragionando a bocce ferme, al netto di qualsiasi (importantissimo!) ragionamento sulle future condizionalità sui prestiti, è tuttavia bene sottolineare che molte discussioni sul tema di NextGen hanno, in questi giorni, scordato l’altra faccia della medaglia: i contributi extra richiesti sia in termini di finanziamento che di possibili nuove tasse europee finalizzate ad espandere il bilancio comunitario. Guido Salerno Aletta, economista di ampie vedute e grande lucidità, è stato tra i pochi a segnalare questa problematica in un editoriale su Teleborsa: “Per raccogliere tra i Paesi Membri i 750 miliardi di euro del Programma straordinario, in questo periodo settennale, la Commissione propone di raddoppiare le entrate proprie dell’Unione, portandole al 2% del Pil. Non solo si raddoppieranno i versamenti dell’IVA che gli Stati girano all’Unione, ma si prevede di introdurre nuove tasse: da quella sulla plastica non riciclata a quella su determinate emissioni inquinanti”.

Salerno Aletta indica con precisione il documento in cui si analizza l’extra-contribuzione richiesta a Roma: la Table A1 Allocation Key allegata al “Commission Staff Working Document“, che riporta in 96,3 miliardi il contributo all’extra budget di 750 miliardi messo in campo dalla proposta von der Leyen. Una cifra che è notevolmente inferiore alla prevista mobilitazione diretta verso l’Italia, ma che al contempo eccede di oltre 15 miliardi la parte “certa” dei contributi a fondo perduto. Ovvero l’unica parte legata a forme di mutualizzazione del debito, mentre la restituzione dei prestiti è in capo agli esecutivi nazionali. L’Italia, già contributore netto dell’Ue, nel solo 2018 ha versato, stando ai dati della Corte dei Conti, a titolo di risorse proprie, la complessiva somma di 17 miliardi (+23,1 per cento rispetto all’anno precedente), mentre l’Unione ha accreditato complessivamente al nostro Paese nel 2018 la somma di 10,1 miliardi. 96 miliardi di extra-contribuzione spalmati sulla durata del bilancio pluriennale fanno mediamente oltre 13,7 miliardi annui sotto forma di fiscalità generale e trasferimenti.

Restando sulle somme conservative che il documento citato da Salerno Aletta indica, prosegue l’autore, giungiamo a un paradosso, un vicolo cieco: “Se l’Italia dovesse chiedere prestiti europei per 71 miliardi di euro, come ci viene generosamente prospettato, non faremmo altro che indebitarci per una somma che abbiamo praticamente già versato per intero”. Un gioco delle tre carte a cui aggiungere la sottrazione del controllo strategico su numerose priorità d’investimento: davvero questo è il piano che cambierà l’Italia e l’Europa? Le posizioni più infondate, stando così le cose, sembrano proprio quelle dei falchi del rigore, che vedono continui e pesanti oneri a favore dei Paesi come l’Italia che saremmo felici di constatare, se solo esistessero veramente.

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