Calcolare gli effetti delle politiche economiche e degli scenari di ripresa in tempi di Covid-19 è esercizio complesso e alquanto difficile da valutare, complici le evoluzioni continue dei contesti interni ai singoli Paesi, ma per quanto riguarda uno Stato come l’Italia la filigrana appare, a un anno e mezzo dai primi casi di Codogno, oramai consolidata.
Dopo il tonfo del 2020, nell’anno in corso la ripresa dell’economia italiana si sta dividendo su tre binari. Un primo binario è legato al rilancio strutturale e, per certi punti di vista, fisiologico dell’industria manifatturiera, volano della crescita del Paese, delle attività produttive connesse all’export e dell’indotto. In questi campi a maggio 2021 la ripresa era del 21% su base annua. Un secondo punto è invece legato alle politiche espansive che il governo Draghi ha posto in essere, che si struttureranno attraverso gli investimenti del Recovery Fund in infrastrutture fisiche, digitalizzazione e transizione ecologica e all’effetto-moltiplicatore di manovre quali il Superbonus, che a detta del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco possono avvicinare al 5% il tasso di crescita per l’anno in corso.
L’ultima e più aleatoria componente di questa ripresa è legata ai settori che maggiormente hanno, per ovvi motivi, patito i danni materiali e morali delle chiusure anti-Covid e ora si incamminano sul settore del rilancio estivo unendo a una volontà di piena ripartenza le incertezze connesse ai danni economici subiti, alle ristrettezze finanziarie, ai dubbi per il futuro.
Turismo, ristorazione, trasporti: tre settori fortemente collegati tra loro, soprattutto nel periodo estivo, il cui rimbalzo sarà fondamentale per dare un’ulteriore spinta alla ripartenza, consolidare nuovi posti di lavoro e evitare crisi di settore e indebolimenti del tessuto produttivo italiano. Tre settori in cui la predizione dei trend di crescita è complessa in quanto fortemente legata non solo alle dinamiche materiali della mobilità interna ed esterna al Paese, ma anche da propensioni di economia comportamentale altamente difficili da valutare in tempi di pandemia e che vanno dalla propensione al consumo (e al risparmio) delle famiglie alla tendenza alla socialità delle persone, passando per questioni di natura fiduciaria.
Il risiko del turismo
Il turismo è il grande osservato speciale. Nel 2020 il comparto ha da solo lasciato sul campo di battaglia della crisi economica da Covid-19 circa 27 miliardi di euro, una cifra ben superiore all’1% del Pil italiano e paragonabile a una manovra economica sostanziosa di ante-crisi. Un’analisi realizzata dal Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti sottolinea però che per l’intero arco dell’estate 2021 ci sia da aspettarsi un forte rimbalzo, un +20,8% di presenze che porterà a 33,8 milioni di prenotazioni e 140 milioni di pernottamenti, solo nelle strutture ricettive “ufficiali”, una ripresa di fatturato di quasi 13 miliardi di euro e, secondo quanto sottolineato dal leghista Massimo Garavaglia, Ministro del Turismo, al Festival dell’Economia di Trento, a un riassorbimento di due terzi delle perdite del 2020.
Tali stime sono però da prendere con tutto il beneficio del dubbio. Chiaramente, non per la serietà delle stime ad esse sottostanti, garanzia di sicura affidabilità, ma per questioni contingenti legate al clima di tensione dominante in Europa per le varianti di Covid, alla ripresa di nuove politiche di confinamento tra i Paesi. Certo, ora come ora l’Italia può dormire sonni tranquilli e, anzi, i focolai in Spagna e Portogallo non possono escludere un drenaggio verso il nostro Paese del flusso turistico diretto verso l’Europa del Sud. Garavaglia si è detto poco preoccupato dell’impatto della Delta e anche l’assessore regionale al turismo dell’Emilia Romagna Andrea Corsini ha dichiarato che sebbene ci sia “una discussione anche a livello nazionale per rivedere i parametri, al momento la variante Delta è tenuta sotto controllo dai tracciamenti e dall’attività delle Ausl che stanno monitorando la situazione”.
Ristorazione all’anno zero?
Un sostenuto rilancio del turismo potrà fornire ossigeno al settore della ristorazione italiana, che in larga parte è uscito a pezzi dal 2020. Fipe-Confcommercio ha stimato che il settore Horeca (Hotel, ristorazione, catering) ha perso 514mila posti di lavoro tra il 2020 e il 2021, dopo che le varie componenti tra il 2013 al 2019 ne avevano creati 245mila. Il 97,5% delle imprese del settore ha perso fatturato, quasi due terzi degli imprenditori ha visto dimezzati i ricavi e, se per gli italiani è cresciuta complessivamente di 6 miliardi di euro la spesa alimentare tra le mura domestiche, al tempo stesso è crollata di 31 miliardi di euro quella in bar e ristoranti durante la fase a colori alternati.
Come reagirà il settore? Fipe ritiene che con la stagione turistica si assisterà a un cambio di tendenza. Il 66,2% di un campione di imprenditori del settore intervistati, per esempio, confida nell’impatto positivo della ripresa delle attività e il 32% è convinto che il fatturato aumenterà rispetto al 2020. I primi dati disponibili mostrano che le parziali riaperture anche serali di maggio hanno infatti fatto lievitare i consumi del +90% (a 4,1 miliardi di euro) sul mese precedente, con punte del +221% per il segmento dei ristoranti e del 375% per i locali dell’aperitivo. Il trend consolidato potrebbe creare aspettative simili a quelle del Regno Unito e degli Usa, in cui il boom dei consumi ha accelerato la ripresa, che in un certo senso si riflette nelle continue segnalazioni di difficoltà da parte di imprenditori del settore nel reclutamento di nuova forza lavoro.
L’Italia torna a viaggiare?
Infine, gli spostamenti da e per le località turistiche saranno fonte di grande attenzione per consolidare i trend legati al settore dei trasporti, pubblici e privati, che sul fronte del pendolarismo e del movimento attorno alle grandi città non ha ancora recuperato i livelli pre-Covid per le restrizioni sanitarie dei mesi scorsi e la permanenza dello smart working. Per il 2020 l’Indicatore Trasporti Confcommercio (Itc) ha registrato un crollo della mobilità dei passeggeri di quasi il 50%, con cadute del traffico che vanno dal 32,2% per la mobilità autostradale, al 41,7% per quella ferroviaria per arrivare a circa il 73% per il trasporto aereo e quello via mare.
E come scrive LabParlamento, “il comparto, con 29 mila imprese e con 79 mila addetti, è quello che nel 2020, secondo i risultati contenuti nel report Covid-19 di Confartigianato, ha segnato una caduta dei ricavi tra le più pesanti, con una flessione del 73,8%: in termini assoluti il trasporto persone ha perso oltre 4 miliardi di euro di ricavi”. In questo contesto, va sottolineato che per luglio 2021 i dati dei primi giorni segnalano che la crescita avviata dal picco negativo di gennaio (-60% di mobilità su base annua) si è completata portando a un aumento degli spostamenti sulle strade, le ferrovie e gli aeroporti italiani che ha approssimato i livelli pre-Covid. In Calabria (+11%), in Abruzzo e Sardegna (entrambe a +5%) la crescita ha portato addirittura a picchi superiori dei livelli precedenti la pandemia.
Il combinato disposto dei movimenti su questi tre settori delineerà, dopo l’estate, una fetta non secondaria della ripresa nazionale. Un salto nel campo di trasporti, ristorazione e turismo può generare un indotto fondamentale in termini economici per il sistema-Paese e, soprattutto, generare uno shock salutare nella fiducia dei cittadini e delle imprese. Benzina decisiva per alimentare l’attività economica nazionale. Il sogno di una crescita al +5% che le politiche del governo Draghi coltivano può essere realizzata grazie alla spinta dei mesi estivi. Da costruire giorno dopo giorno in tutti gli angoli d’Italia.