La Francia guarda con attenzione nell’economia italiana, e anche in tempo di pandemia non si risparmia. A marzo si sono viste manovre problematiche su Avio, più di recente sono emerse le trattative tra il listino paneuropeo a guida transalpina di Euronext e Lse per Piazza Affari, mentre ancora da chiarire sono i legami tra la finanza francese e le manovre che coinvolgono Leonardo Del Vecchio, a capo del consorzio dell’ottica transnazionale Luxottica-Essilor, nel salotto buono della finanza, Mediobanca. Sono state smentite, invece, le voci di un interessamento di Credit Agricole e Bnp Paribas per Monte dei Paschi di Siena.

L’economia ai tempi della pandemia è ancora più competitiva di quella precedente la crisi sanitaria, e si incentiva la rivalità tra i sistemi-Paese. Il capitalismo si fa sempre di più politico, e sistemi rodati e capaci di proiezione come quello francese cercano spazio, prospettive di crescita e terreni ove espandersi. Nel vuoto della politica industriale del Governo Conte II alla finanza e alle aziende strategiche francesi si aprono praterie, mentre in grandi progetti come la sovranità digitale europea fondata su Gaia-X sono nuovamente Parigi e Berlino a tenere in mano il pallino del gioco.

L’Italia sembra consapevolmente estraniarsi dal partecipare come attore competitivo a una gara estremamente complessa. Sia ben chiaro, fare affari con i partner di taglia paragonabile a quella di Parigi è auspicabile e doveroso, ma a patto che i vantaggi sono reciproci. Dalla difesa comune europea ai citati progetti per il cloud sovrano europeo, arrivando a progetti in ambito di finanza, Tlc, industria automobilistica (è da monitorare l’avanzamento della fusione Fiat-Psa) il punto è però uno solo: Parigi pensa strategicamente il capitalismo nazionale, l’Italia non adatta una logica di piano. E ben poco sembra interessato a farlo, al di fuori di iniziative rapsodiche e all’attivismo di singoli ministri (come la delegata all’Innovazione Paola Pisano) il governo giallorosso che ha nell’europeismo a tutti i costi la sua stella polare, nell’impossibilità di scontrarsi con la legittimazione ottenuta dai leader dell’Europa odierna a patto di una tacita accettazione di un ruolo di secondo piano.

Un critico del governo che rimane un attento osservatore delle dinamiche geoeconomiche internazionali come il professor Carlo Pelanda propone per Roma una strategia di sopravvivenza a questa condizione di sostanziale subalternità. “Disperarsi? No, bisogna restare freddi ed elaborare una strategia di sopravvivenza in condizioni di debolezza (geo)politica”, ha scritto Pelanda in un recente editoriale pubblicato su La Verità. In sostanza Pelanda chiede l’adozione di un paradigma realista che permetta a Roma, anche di fronte alla maggiore potenza industriale tedesca e, soprattutto, al problematico protagonismo finanziario francese nella nostra economia di massimizzare lo spazio d’azione per il nostro interesse nazionale. Basterebbe, per Pelanda, partire da pochi punti-cardine: allearsi tatticamente con Francia o Germania a seconda della convenienza nelle partite che le vedono divise, come del resto fatto sul caso di Borsa Italiana; giocare su più tavoli (Usa, Regno Unito, Giappone) la partita tecnologica; soprattutto, non cedere terreno sulla borsa e sfruttare sia il coinvolgimento di Cdp e Intesa San Paolo nella cordata di Euronext sia gli strumenti del golden power.

In particolare, Pelanda invita a “difendere il segmento Aim che è il luogo di quotazione delle piccole aziende. Ce ne sono migliaia che in un decennio potranno/vorranno accedere alla Borsa: 1.500 già lo progettano. Ottenere la più grande Borsa mondiale specializzata in pmi è la salvezza per tutta l’economia italiana nonché per le banche. Per riuscirci, però, ci vogliono misure e incentivi speciali che implicano una marcata autonomia giurisdizionale”. Non sembrano in questo contesto incoraggianti le parole del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri seguite al suo incontro con Stephane Boujnah, ad di Euronext che vede nell’acquisizione di Piazza Affari un’operazione naturale perché si inserisce in un modello federale che esiste da circa un ventennio.

Ebbene, Gualtieri ha parlato come se non rappresentasse appieno una nazione e la sua economia, dato che stando a quanto riportato da Boujnah all’Ansa “ha detto che auspicava che Borsa Italia trovasse la sua collocazione strategica all’interno del Mercato Unico e dell’eurozona”. Collocazione strategica in cui, dettaglio non secondario, la centrale operativa potrebbe non essere italiana. Segno che non è certamente la Francia a sbagliare ad agire con cinismo con tutte le armi a disposizione: è il nostro governo ad essere pregiudizialmente subalterno e incapace di pensare il mondo in maniera realista. Il mondo così com’è impone di affilare gli artigli e agire con capacità politica: di fronte all’ennesima offensiva economica francese l’Italia, una volta di più, rischia di consegnarsi inerme.





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