Non di solo gas vive Mosca: è bene ricordarlo in una fase in cui la guerra in Ucraina si fa sempre dispendiosa e le sanzioni occidentali iniziano a impattare sul versante più vulnerabile dell’economia nazionale. Quello, cioè, di un Paese a reddito medio che si trova a doversi confrontare con una sostanziale espulsione dal sistema finanziario a guida occidentale, con la messa ai margini dai commerci, con l’impoverimento produttivo e con un’inflazione feroce.
Per l’economista russo Sergey Guriev, ex capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e docente a SciencesPo, fuggito da Mosca a Parigi nel 2013 dopo minacce ricevute dalla polizia della capitale, quello che si prepara è un vero e proprio tsunami economico per la Federazione. “La Russia si sta inoltrando in un territorio inesplorato”, ha dicharato Guriev a La Stampa. Con l’invasione dell’Ucraina a suo avviso “Putin ha commesso un errore che gli accorcerà la vita politica. Prima o poi il regime cambierà, ma non sono in grado di prevedere né quando né come”, chiosa lo studioso russo evidenziando che a suo avviso il governo di Mosca sia in un vicolo cieco.
- Le mosse che hanno permesso la ripresa del rublo
- L’arma segreta della Russia per eludere le sanzioni
- “Niente rubli, niente gas”: il diktat del Cremlino
La Russia mira a difendere il cambio del rublo incamerando le entrate di gas e petrolio mentre, parimenti, la recessione morde. Il governo prevede stime di recessione cupe: -8% del Pil. Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale, ha avvertito del rischio di un -10% e di un’inflazione del 20%, sottolineando il rischio stagflazione. Per la Banca Mondiale il Pil può segnare anche -11,6%. Come ha scritto l’economista Massimiliano Di Pace su Huffington Post: l’inflazione in particolar modo può travolgere decine di milioni di persone soprattutto al di fuori del mercato del lavoro: “Non va dimenticato che in Russia vi sono 45 milioni di pensionati, la cui pensione è decisamente meno generosa che in Italia, aggirandosi intorno ai 200 euro (18.500 rubli è la pensione media per il 2022)”.
Guriev si concentra proprio sulla tenuta del fronte interno dialogando col quotidiano torinese. Mosca è oggigiorno più insicura, meno autonoma tecnologicamente, meno inserita nei mercati, destinata a vedere una popolazione col tenore di vita in declino. E in particolare nonostante un Paese orientato a quella che dovrebbe essere un’economia di guerra due dati segnalano che, in alcuni fronti, la recessione sta facendo male a Mosca: il crollo della produzione industriale e quello delle importazioni. Sul primo fronte si fanno sentire gli stop delle attività industriali di molti attori occidentali, il ritiro di know-how e professionisti, la debolezza della Russia nel settore dell’elettronica e dei semiconduttori, l’assenza di forze produttive in grado di dare struttura alla capacità estrattiva di terre rare e altri asset strategici. Secondo quanto rivela uno studio di EuVox la produzione industriale del Paese destinata a calare del 21-27%. Si sente in particolar modo l’assenza del sostegno dei prodotti industriali tedeschi, dato che la guerra delle sanzioni ha portato le esportazioni tedesche nel paese a precipitare ad aprile, rispetto a marzo del 62,3% scendendo a 0,9 miliardi di euro.
La Russia a detta di Guriev paga gli errori commessi da Putin in politica estera con la ricerca del confronto muscolare con l’Occidente che ha alienato alla Russia i consensi dei partner occidentali. Questa è la visione tipica dei tecnocrati liberali cresciuti all’ombra di Evgenij Primamov, come Elvira Nabiullina e il vicepremier Alexander Novak. Per Guriev “dalla grande crisi finanziaria del 2008-2009 la Russia non si è saputa riprendere, mentre la corruzione cresceva, i potenti vicini al regime ottenevano rendite di monopolio, le partnership con investitori esteri diventavano sempre più difficili, anche con cause in tribunale”. La sostituzione delle importazioni in settori chiave (elettronica, chimica, farmaceutica, automotive, difesa) è fallita e la Russia è ancora più dipendente dalla struttura di Paese esportatore di materie prime energetiche e derrate alimentari. “Ne seguirà la più grave recessione economica degli ultimi trent’ anni”, chiosa Guriev: i dati sono già peggiori del 2008-2009 e perfino della turbolenta stagione del default del 1998. E per la Russia è solo l’inizio. Le sanzioni mordono. Danneggiano, di fatto, entrambe le parti in causa ma non lasciano certamente indenne Mosca nonostante le entrate da gas e petrolio. E per Vladimir Putin cominciano ad essere un grattacapo, tanto che lo Zar si è offerto di sbloccare alcuni carichi di grano ucraino in cambio del loro allentamento. Una mossa che segnala quanto la tenuta del fronte interno sia valutata strategicamente al Cremlino dopo tre mesi di guerra.