Il Wall Street Journal si è reso conto in questi giorni che Visa e Mastercard, le carte di credito di matrice statunitense, continuano a funzionare in Russia nonostante le sanzioni internazionali, la messa in “quarantena” dei flussi finanziari russi e l’esclusione di molti attori di Mosca dal sistema Swift. Ma questo non deve sorpenderci.

Perlomeno non dovrebbe sorprendere chi conosce come la Russia si sta, da tempo, preparando al decoupling con l’Occidente e a depotenziare l’effetto di sanzioni e atti ostili in campo economico. Già nel 2014, nei giorni seguenti all’annessione della Crimea, Barack Obama, allora presidente degli Stati Uniti, decise di inserire nel quadro delle sanzioni occidentali l’esclusione della Russia dai circuiti di Visa e MasterCard, già allora i circuiti di pagamento dominanti nel Paese assieme alle proprie carte. Ma negli anni la Russia ha imparato a bypassarne gli effetti con una tale abilità da rendere, nel pieno della tempesta ucraina, tutto sommato indifferente per i suoi cittadini il blocco dei commerci con l’estero delle proprie carte.

Una quota importante dei pagamenti in Russia, infatti, è garantita dal sistema Mir, sviluppato negli ultimi anni sul fronte interno. Come ricorda Money.it, Visa e Mastercard continuano a funzionare in Russia, nonostante le due società più famose al mondo abbiano seguito l’esempio della maggior parte delle grandi multinazionali occidentaliabbandonando volontariamente gli affari nel Paese agli inizi di marzo”. Mir, che ha lo stesso nome della prima stazione spaziale russa e che letteralmente significa “mondo” o “pace” è l’erede del National Payment Card System (NSPK) strutturato dal 2014 per resistere all’assedio economico occidentale. “Solamente nel 2020”, prosegue Money questo sistema “ha raggiunto un incasso di circa 94 milioni di dollari, mentre sono state emesse oltre 100 milioni di carte di credito dal 2015 a oggi”. Ma “nonostante la forte crescita, alla fine del 2020 in Russia erano comunque attive 197 milioni di carte targate Visa e MasterCard“, che possono continuare a operare sfruttando il crescente spazio garantito a Mir anche sul versante interno. Mir, di fatto, serve per doppiare il link dei pagamenti ai grandi circuiti internazionali e dunque dare respiro alla finanza russa.

Il sistema Mir è parte dello sforzo condotto per otto anni da mosca Mosca per proteggere l’economia russa dalle sanzioni occidentali, classico esempio di strategia di resistenza a un assedio finanziario ostile. La mossa si è fondata su una serie di presupposti cardine:

  • Accumulazione di quote di riserve valutarie tali da sostenere il cambio del rublo.
  • Potenziamento del controllo russo su imponenti riserve d’oro così da dare al sistema valutario un sottostante fiduciario.
  • De-occidentalizzazione dei sistemi di pagamento

Il successo di Mir è in quest’ottica il successo di una strategia di graduale isolamento della Russia dalle dinamiche di mercato e finanza dlel’era globalizzata. Il saggio governo della politica monetaria da parte dell’accorta governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiullinaha fatto il resto. E la Russia ha dunque potuto uscire tutto sommato meglio del previsto dal primo round della guerra economica con l’Occidente seguita all’invasione dell’Ucraina, pur scontando i limiti strutturali della scarsa diversificazione del suo sistema economico dipendente dalle importazioni di materie prime per la crescita e la sostenibilità.

Forte di 630 miliardi di dollari di riserve valutarie e del legame privilegiato con la Cina, la Russia vuole aggiungere a questo la forza di Mir come concorrente interno a Swift per doppiare le sanzioni. In quest’ottica, sembra che solo un danno autoinferto come la scelta di rompere sulle forniture energetiche all’Europa, chiedendo rubli invece che dollari o euro, possa far ricadere la Russia nel caos della crisi economica. Mir è un’arma segreta la cui rilevanza si è manifestata in tutta la sua potenza solo nell’ultimo mese. E la scelta della Russia di promuovere un sistema a sé mostra, in ogni caso, a che punto sia arrivata la volontà di autonomia strategica in campo economico della Russia. Potrebbe risultarne, dopo il conflitto un ordine economico diverso da quello che conosciamo ora. E questo specie se lo strappo di Mosca arriverà alle estreme conseguenze.

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