Nella giornata del 4 luglio la Russia ha respinto al mittente la proposta della Commissione europea di aprire una maglia nelle sanzioni al Cremlino per consentire a un veicolo bancario russo di partecipare al proseguimento della Black Sea Grain Initiative, l’accordo sulle esportazioni del grano nel Mar Nero che la guerra russo-ucraina ha da febbraio 2022 messo a repentaglio.

Siglato il 22 luglio 2022 al Palazzo Dolmabahçe di Istanbul dopo la forte mediazione turca, alla presenza di Recep Tayyip Erdogan, del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, del ministro della Difesa russo Sergej Shoigu e del ministro ucraino delle infrastrutture Oleksandr Kubrakov l’accordo scadrà il 18 luglio. Ora né Kiev né Mosca sono intenzionate a portare fino in fondo i negoziati per il rinnovo alle stesse condizioni di un patto che ad oggi ha permesso di portare fuori dai porti ucraini, Odessa in primis, ben 32 milioni di tonnellate di cereali destinati a 45 Paesi di tre diversi continenti. Lo scalo della città costruita da Caterina la Grande sfama, direttamente o indirettamente, 400 milioni di persone nel mondo con le sue esportazioni e l’accordo sul grano è stato visto come un’opportunità per contenere la crisi alimentare in corso nei Paesi in via di sviluppo.

Mosca non ne vuole sapere di legittimare, in questo contesto, un via libera di fatto alle sanzioni europee sull’accesso delle sue banche al sistema Swift accettando una sanatoria per una banca che Bruxelles proponeva di far partecipare creando una succursale europea. E poco importa se la banca individuata da Bruxelles sia la Russian Agricultural Bank, completamente di proprietà pubblica e a lungo guidata dall’attuale Ministro dell’Agricoltura Dmitri Patrushev, figlio del segretario del Consiglio di sicurezza del Cremlino Nikolai Patrushev, “falco” anti-ucraino per eccellenza e fedelissimo di Vladimir Putin. Mosca ha rilanciato con un’offerta impossibile da accettare per Bruxelles: riammettere completamente la Rab nel sistema Swift per depotenziare, nei fatti, le sanzioni. E avviarne il rollback graduale: una banca russa riammessa nello Swift completamente avrebbe permesso a tutte le altre di rientrarvi di fatto triangolandosi con Russian Agricultural Bank. Troppo per Bruxelles, che non ha neanche preso in considerazione l’idea.

Già a giugno Putin stesso aveva detto che non c’erano margini per il rinnovo dell’accordo. Mosca ha da tempo posto condizioni importanti per il rinnovo dei patti. Il Maritime Executive ha ricordato tra queste “la ripresa delle esportazioni di ammoniaca attraverso un gasdotto ucraino e l’aumento delle vendite russe di prodotti agricoli” finiti.

Come ricorda Wion, inoltre, Mosca lamenta il fatto che le nazioni più svantaggiate indicate dall’Onu e dalla Turchia come più vulnerabili allo shock delle forniture di grano, ovvero Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan e Somalia, hanno ricevuto solo un quarantesimo del totale del grano ucraino esportato complessivamente.

E certamente non è stato ben digerito al Cremlino il fatto che l’Ucraina abbia pubblicamente accusato Mosca di aver minato le acque internazionali del Mar Nero. Un fatto che ha posto problemi ai pescherecci di Paesi neutrali come Romania e Turchia ma che è stato contestato dal Cremlino.

Del resto, la Marina militare ucraina è stata di fatto neutralizzata nei primi giorni di guerra e la componente navale del conflitto si è sostanziata solo attraverso i duelli a distanza tra navi di Mosca e artiglieria costiera di Kiev, come nel caso dell’affondamento dell’incrociatore Moskva, o per mezzo di iniziative asimmetriche ucraine con mezzi leggeri. Risulta difficile pensare a una campagna di posa di mine massiccia da parte della Russia, mentre del resto non esistono conferme del fatto che, per l’interdizione navale, i militari di Kiev possano aver fatto altrettanto. Ma l’accusa ha sicuramente contribuito a irrigidire notevolmente la posizione negoziale turca.

I funzionari di Onu e Turchia spingono per il rinnovo del patto, le speranze per la cui conferma sono però ridotte al lumicino. In una guerra sempre più paralizzata sul campo di battaglia, dove la parità tattico-strategica è sempre più palese, in cui come ricordato da molti strateghi e generali la vittoria di una parte sull’altra appare remota e il compromesso negoziale è ritenuta la via maestra per la fine delle ostilità e su cui Mosca e Kiev si stanno logorando l’accordo sul grano rappresentava una discontinuità. La cui perdita non faciliterà il lavoro a chi, dal Vaticano al Brasile di Lula, sta lavorando per riportare la pace al centro del discorso. Un lavoro fino ad oggi concretizzato dal solo Erdogan. E che sarà, dal 18 luglio, più arduo per tutti.

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