Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove restrizioni sulle esportazioni di chip in Cina. Con questa mossa Joe Biden ha dimostrato di voler puntare a limitare ulteriormente l’accesso di Pechino alla tecnologia dei semiconduttori statunitensi.
Nello specifico, il Dipartimento del Commercio Usa ha aggiunto 31 societĂ cinesi alla lista delle aziende “non verificate”, ovvero quelle societĂ di cui non si sa dove i prodotti vengono alla fine usati. Detto altrimenti, significa che i fornitori americani incontreranno paletti nel vendere le loro tecnologie a questa aziende.
Qual è l’obiettivo finale di Washington? Colpire il cuore del Dragone, bloccando l’export verso il gigante asiatico di prodotti altamente strategici al punto da spezzare il legame esistente fra le societĂ cinesi e l’apparto militare e di sicurezza del Dragone. Un legame considerato dagli Stati Uniti e dai loro partner una delle possibili strade usate dalla Cina per aggiornare e migliorare le sue capacitĂ militari e di sorveglianza usando la tecnologia americana.
La risposta di Pechino non è tardata ad arrivare. Il Ministero del Commercio cinese ha affermato in una nota che la Repubblica Popolare Cinese si oppone ai controlli sulle esportazioni statunitensi relativi al settore dei chip semiconduttori e sollecita gli Usa a fermare immediatamente la sua nuova politica restrittiva. Anche perché, fa notare il governo cinese, la decisione di Biden non danneggia soltanto le aziende cinesi, ma anche gli interessi commerciali degli esportatori statuntiensi.
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La guerra dei chip
Biden ha portato la guerra dei chip all’ennesima potenza. Il risultato, immediato, è che i principali fornitori di apparecchiature per chip hanno sospeso le vendite e i servizi ai produttori di semiconduttori verso la Cina.
Il Financial Times ha scritto che Lam Research, Applied Materials e KLA Corporation, societĂ Usa che detengono quote dominanti in alcuni segmenti del processo di produzione dei semiconduttori, hanno tutte adottato misure immediate per conformarsi alle nuove regole. Nuove regole che, come detto, vietano l’esportazione in Cina di apparecchiature per semiconduttori statunitensi che non possono essere fornite da nessun concorrente straniero.
Le restrizioni impongono inoltre un requisito di licenza per le esportazioni di strumenti o componenti statunitensi verso impianti di fabbricazione con sede in Cina, o fabbriche, che producono chip avanzati e per le esportazioni di articoli utilizzati per sviluppare apparecchiature di produzione di chip cinesi.
Richiedono inoltre a qualsiasi cittadino o entitĂ statunitense di chiedere il permesso al Dipartimento del Commercio per fornire supporto alle fabbriche cinesi. Le regole annunciate lo scorso venerdì dall’amministrazione Biden comprendono anche una misura per escludere la Cina da alcuni chip prodotti in qualsiasi parte del mondo con apparecchiature statunitensi.
Le conseguenze della mossa di Biden
L’impatto a breve termine delle nuove restrizioni sui produttori di chip stranieri con stabilimenti in Cina dovrebbe essere limitato, in quanto questi produttori possono richiedere l’autorizzazione del governo degli Stati Uniti per continuare a ricevere apparecchiature Usa. Ad esempio, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, ovvero il piĂą grande produttore di chip a contratto del mondo, ha dichiarato di aver ricevuto un’autorizzazione di un anno per la sua fabbrica di Nanchino.
Asia Times ha sottolineato un aspetto cruciale dell’intera vicenda. Le misure statunitensi non influenzeranno i sensori cinesi, la sorveglianza satellitare, la guida militare e altri sistemi strategici perchĂ© la stragrande maggioranza delle applicazioni militari utilizza chip piĂą vecchi che la Cina può produrre autonomamente. Allo stesso tempo, le misure Usa potrebbero però costringere la Cina a posticipare innovazioni in settori quali la guida autonoma, il cloud computing e la digitalizzazione dell’economia. In questo modo, e nonostante eventuali contraccolpi, gli Stati Uniti sperano di arginare, o quanto meno frenare, l’ascesa tecnologica e militare cinese.