Mark Rutte potrebbe averla vinta di nuovo e spuntare un bilancio europeo alle sue condizioni, che l’Unione Europea e i suoi leader sono pronti a soddisfare pur di avere il semaforo verde del leader dei falchi sul fondo Next Generation Eu. Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, annunciando le linee guida negoziali su cui si baserà la riunione dei capi di Stato e di governo del prossimo fine settimana ha dimostrato di aver già accolto numerose richieste del leader olandese.

In primo luogo, l’Olanda avrà accesso ai cosiddetti “rebate”: rimborsi collegati a quello di cui la Gran Bretagna ha goduto dalla metà degli Anni Ottanta fino alla sua uscita dall’Unione Europea e che rappresentavano il bilanciamento per i Paesi rigoristi (Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Austria) che, Berlino a parte, oggigiorno sono – non a caso – i principali nemici di un bilancio comunitario fondato sul debito condiviso e sulla mutualizzazione dei deficit. Questi Paesi continueranno a conservare i loro privilegi, compreso l’abbattimento dallo 0,3% allo 0,15% del loro contributo Iva all’Unione, anche dopo che la Gran Bretagna si sarà definitivamente staccata dal legame con l’Ue al termine dell’esercizio di bilancio 2020.

Non solo. Rutte ha strappato anche un bilancio settennale comunitario molto simile a quello proposto dai quattro “frugali” prima della pandemia di coronavirus. “Ho proposto un bilancio di 1.074 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi a lungo termine e garantire piena capacità al Recovery plan. La proposta riflette due anni di discussioni tra gli stati”, ha detto Michel: il bilancio è di circa il 20% inferiore alla proposta iniziale del Parlamento Europeo e di 60 miliardi più bassa di quella proposta dalla Commissione di Ursula von der Leyen. I tagli saranno in larga parte esercitati, rispetto alla proposta iniziale, sul programma InvestEu proposto da Jean-Claude Juncker per aumentare la potenza di fuoco dell’Unione sui progetti strategici. Fumo per gli occhi dell’Olanda, che con la sua visione mercantilista e competitiva delle relazioni comunitarie si è posta, assieme ai Paesi della Nuova lega anseaticaa favore di un’architettura mercantilista e liberista.

Rutte chiede meno risorse comuni per gli investimenti ma al contempo strappa un contributo di solidarietà per compensare l’impatto economico della Brexit sull’economia de L’Aja. In sostanza, sottolinea Italia Oggi, “in favore dei paesi frugali e, in particolar modo, dell’Olanda, si dispone la costituzione di un nuovo strumento: una riserva di bilancio di 5 mld di euro per le «conseguenze imprevedibili della Brexit, in favore dei paesi più esposti verso il Regno Unito» a causa delle forti relazioni commerciali in essere. In sostanza, è una specie di do ut des per avere da L’Aia il via libera al pacchetto sul Recovery plan.

La capacità di giocare le carte giuste al momento appropriato, nell’Unione odierna, paga: e non possiamo fare a meno di notare che per Rutte ciò sia avvenuto a più riprese da marzo in avanti. Partendo da una posizione volutamente radicale con l’opposizione al Recovery Fund, il premier olandese ha strappato diverse concessioni di peso che andranno da lui difese nel corso delle riunioni del Consiglio europeo, ma che consolidano il posizionamento dell’Olanda, a tutto discapito della capacità di reazione complessiva dell’Unione. La sfida è anche di politica interna: Rutte temeva l’assalto della destra nazional-liberista guidata da Gert Wilders e, soprattutto, un regolamento di conti nella sua coalizione interna che portasse al suo avvicendamento con il ministro delle Finanze Wopke Hoekstra ma ha saputo sminare il sentiero. Il premier olandese è per ora riuscito nella mossa di tenere stabilmente la trincea del rigore attivando un flusso di risorse dall’Unione alle casse olandesi. L’Europa ha ceduto su tutta la linea pur di non veder compromessa la sua linea dal falco dei falchi del rigore.

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