L’incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky non si è limitato a produrre passi in avanti sulla risoluzione del conflitto nel Donbass, con l’accordo sullo scambio di prigionieri e un cessate il fuoco tra l’esercito di Kiev ed i ribelli separatisti, ma potrebbe anche essere stato propedeutico a sbloccare la questione del gas russo. Il contratto di transito decennale, siglato tra Ucraina e Russia, è in scadenza all’inizio del 2020 ed è interesse di Kiev che venga rinnovato anche perché, in caso contrario, Mosca potrà minimizzare il passaggio dei proprio idrocarburi dai gasdotti ucraini. Zelensky ha riferito che, malgrado non si possa ancora parlare di un accordo tra le parti, è sicuro che un’intesa potrà essere siglata in termini migliori di quanto discusso sinora tra i rappresentanti delle due nazioni, che si sono incontrati poche volte e senza particolare successo.
Il problema è anche politico
Il presidente ucraino ha aggiunto che intende negoziare un nuovo contratto della durata di dieci anni mentre Mosca ne vorrebbe uno di un solo anno e che quindi andrà trovato un compromesso nel mezzo. La compagnia statale russa Gazprom, inoltre, è debitrice di tre miliardi di dollari all’omologa ucraina Naftogaz, come stabilito da una decisione dell’Istituto per l’Arbitrato di Stoccolma e Zelensky ha detto che Gazprom potrà pagare questo debito proprio con la fornitura di idrocarburi.
La vicenda energetica è, chiaramente, anche influenzata da una serie fattori politici: Mosca non ha alcun interesse, in questo momento, a servirsi del territorio e dei gasdotti ucraini per far transitare il gas verso l’Europa ed anzi, pur di non favorire lo Stato rivale, si servirà delle condutture di North Stream 2 e Turk Stream, che bypassano Kiev, per far giungere le risorse energetiche in Europa. Un riavvicinamento tra Russia ed Ucraina, però, potrebbe cambiare parzialmente le carte in tavola ed evitare uno scontro frontale sul tema gas.
Le prospettive
Il futuro delle relazioni tra le parti appare, in questo momento, più roseo rispetto ad alcuni mesi fa. L’elezione di Volodymyr Zelensky alla presidenza dell’Ucraina, infatti, ha prodotto importanti segnali di distensione con il Cremlino che hanno portato, in definitiva, ad un rasserenamento dei rapporti bilaterali. I contrasti di fondo, però, sono ancora presenti: la Russia teme l’avvicinamento di Kiev ad Unione Europea e Nato mentre l’Ucraina continua a ritenere Mosca una minaccia strategica e militare. Serviranno ulteriori ricuciture e nuove fasi di dialogo per voltare veramente pagina e produrre effetti significativi tra le due capitali. Zelensky, in ogni caso, non ha mai nascosto la sua volontà di voler porre fine al conflitto nel Donbass e si sta muovendo con decisione in questa direzione. L’economia ucraina ha bisogno di ossigeno e di crescita e ciò potrà avvenire solamente con una pacificazione nazionale che stabilizzi la situazione politica interna e possa favorire un ritorno degli investitori internazionali. Per raggiungere questi obiettivi, però, sarà indispensabile che anche il Cremlino mostri buona volontà e decida di mediare attivamente tra Kiev ed i ribelli separatisti, presenti in una parte degli oblast di Donetsk e Luhansk.