Nel corso dei primi mesi della crisi pandemica l’Italia ha sperimentato l’inizio di durissimi contraccolpi a un’economia già anemica, che il governo Conte ha provato a tamponare incrementando gradualmente il deficit di bilancio. L’inizio di pratiche di questo tipo in tutta Europa, l’appello di Mario Draghi a usare l’arma del deficit nazionale, l’inizio delle negoziazioni comunitarie sulla risposta ottimale hanno portato a individuare nell’utilizzo di un’ampia piattaforma di fondi pubblici in attesa di risposte comuni europee la scelta ottimale.

A lungo, tuttavia, sull’Italia è aleggiato un grande dubbio: perché il Tesoro guidato dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri non ha accelerato sulle emissioni di Btp? Nel pieno della tempesta economica e finanziaria i titoli di Stato italiani sono stati apprezzati dagli investitori come fonte di finanziamento valida e sicura, perchè legati a un’economia tra le più produttive del pianeta e premiati da un rendimento importante in una fase in cui fenomeni di fly-to-quality di varia natura hanno deprezzato i decennali di altri Paesi europei come Francia e Germania. Oltre che dall’indispensabile ombrello della Banca centrale europea.

Si è già parlato approfonditamente del fatto che il Tesoro di Gualtieri abbia dimostrato eccessiva timidezza nei collocamenti a fronte di un domanda in continua ascesa. Tra gennaio e maggio sono stati sono 192 i miliardi di euro complessivi di titoli richiesti dal mercato ed eccedenti l’offerta del Mef. Il Btp Italia è stato un grande successo, ma nemmeno la sua ascesa, che ha consentito di mobilitare risorse ingenti da parte del risparmio privato, ha imposto una svolta programmatica. I saldi di bilancio del Mef hanno iniziato a dilatare le previsioni di deficit per l’anno in corso, ma sul fronte dei finanziamenti le manovre sono state timide, come spiega in un articolo La Verità.

A primavera il governo Conte II ha varato 75 miliardi di extra-deficit prevedendo un incremento delle spese di 180 miliardi, e ben presto i totali potrebbero salire di ulteriori 25 e 32 miliardi rispettivamente per effetto del decreto agosto. Ciononostante, le emissioni di Btp hanno seguito una curva molto più piatta.

Nel primo trimestre 2020 la differenza tra titoli italiani emessi e titoli andati in scadenza è stata di soli 13 miliardi di euro, con un saldo negativo di marzo (-23 miliardi) durissimo per il Paese che allora vedeva l’imposizione delle prime misure di confinamento di massa, a fronte del rimborso nel mese in questione di 51 miliardi di titoli in scadenza non coperti. E nel secondo trimeste? Le emissioni nette sono salite a 101 miliardi di euro, di cui però un terzo ha preso la strada del rafforzamento delle riserve di “cassa”, mentre 70 miliardi sono stati destinati al finanziamento della spesa pubblica, in cui dovrà rientrare anche la copertura del prossimo deficit.

Rimane ancora una vasta prateria da colmare, in cui dovranno concentrarsi i fondi per cassa integrazione, aiuti alle imprese, investimenti e così via. La tesi di molti commentatori è che Gualtieri tergiversi sul fronte delle emissioni per poter stimolare l’accesso ai fondi Mes utilizzabili sul fronte sanitario e avversati, nel governo, dalla componente pentastellata. Questo però implicherebbe l’aver messo in campo politiche finanziabili ex post con i denari del fondo salva-Stati: e ora come ora nei deficit già stanziati c’è ben poco di finanziabile dal Mes o  col Recovery fund del 2021.

Alberto Bagnai, senatore leghista, ha parlato di “ritardi dolosi” da parte di Gualtieri, ma osservando l’andamento dell’economia negli ultimi mesi le accuse dell’economista del Carroccio sarebbero necessariamente legate al possesso di una strategia da parte di Via XX Settembre. Considerazione troppo generosa: tra pacchetti di stimolo e finanziamento, il Tesoro naviga a vista e senza meta. Favorevole al Mes a parole, Gualtieri non sa come incentivarne l’uso con le leve della politica economica; costretto dalla situazione a espandere il deficit interno, si muove a metà del guado sui Btp. Il risultato è una politica economica incerta, senza meta e, in fin dei conti, anche senza rotta. Che tra bonus strampalati e annunci non concretizza un vero sostegno a un Paese in grave crisi.