Da “svolta epocale” a “potenza di fuoco”: i comunicati del governo giallorosso e del premier Giuseppe Conte sulle politiche economiche di risposta alla crisi economica del coronavirus e sugli aiuti legati ai nuovi piani dell’Unione Europea assomigliano ai bollettini di guerra di un esercito pienamente mobilitato.

Ma molto spesso la montagna partorisce il topolino: e se dietro l’annuncio immaginifico della mobilitazione di 750 miliardi di euro contro la crisi fatta dal premier a inizio primavera si scontra con le difficoltà nel trovar le coperture alla liquidità e nelle carenze strategiche dell’esecutivo, anche sul fronte del Recovery Fund la stagnazione inizia a farla da padrona.

Il fondo Next Generation Eu non è ancora realtà ma ogni governo vi legge ciò che preferisce vedere. Nonostante l’aumento previsto dei contributi italiani in base alla proposta della Commissione, l’esecutivo giallorosso ha già annunciato che l’Italia otterrà oltre 172 miliardi di euro tra prestiti e contributi a fondo perduto. Omettendo di dire che come minimo questi affluiranno a partire dal 2021. E, come ha sottolineato Guido Salerno Aletta, che la quota di contribuzione in eccesso potrebbe eccedere i contributi a fondo perduto.

Un centro studi non accusabile di pregiudizi negativi verso l’euro e l’Unione Europea come l’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Cattolica di Milano, guidato da Carlo Cottarelli, ha già sforbiciato di oltre 10% il massimale di risorse che l’Italia potrà avere a disposizione da NextGen: non 172 miliardi, ma al massimo 153. Fermo restando che l’assalto alla diligenza comunitaria da parte dei falchi del rigore nordici non porti a un ridimensionamento complessivo del piano.

E anche nel caso in cui il piano franco-tedesco vidimato da Ursula von der Leyen passi il Rubicone l’Italia dovrà attendere ancora a lungo per usufruirne, dovendo subire nel frattempo una recessione senza precedenti, che per Banca d’Italia potrebbe portare a un devastante -13% nel Pil. “Ad una lettura più attenta dei dossier che circolano ai piani alti del governo, la somma viene drasticamente ridimensionata”, scrive Repubblica, aggiungendo che “secondo fonti qualificate non sarebbero più di 2 miliardi le risorse utilizzabili cash per quest’anno”, quello in cui la crisi impatta e impatterà col massimo del mordente.

I due miliardi provengono dal fondo React, dal valore complessivo in Europa di 55 miliardi di euro, e dal Solvency Support Instrument (che complessivamente per l’ intera Europa vale 31 miliardi) della Banca europea degli investimenti, capaci di attivare a loro volta risorse con un moltiplicatore elevato, ma le cui dotazioni di partenza sarebbero minimali. Anche la stessa Bei, di per sè l’istituzione europea più “strategica”, necessita di cooperare con un governo nazionale abile nell’individuare piani e progetti degni dei finanziamenti allo sviluppo e dei crediti che essa è in grado di mobilitare. Attendere l’Europa come se portasse in dote una pentola di monete d’oro è stato l’errore più grave compiuto dal governo Conte, incapace di mettere in campo una politica strategica contro la crisi in grado di individuare interventi coraggiosi e prioritari: in Germania, ad esempio, 20 miliardi di euro sono stati destinati al taglio dell’Iva. Misura che porterà ristoro ai consumi di tutti i cittadini e applicabile in maniera rapida e lineare. Tra un Pd in attesa del Mes e un resto del governo volenteroso di metter le mani nei forzieri della Commissione tutto l’esecutivo finirà per restare col cerino il mano se il Recovery Fund, per l’anno in corso, partorirà il citato topolino. Senza risorse, senza strategia e senza lungimiranza il governo si troverebbe disarmato nell’affrontare una crisi sempre più dura.

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