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La Corte Ue ha dato ragione all’Italia e bocciato su tutta la linea la Commissione stabilendo che l’intervento del Fondo interbancario di tutela depositi (Fitd) sul caso Tercas, andato in scena nel 2015, non è da considerare come aiuto di Stato. Ribaltando in questo modo una decisione presa all’epoca dall’Antiturst comunitario su iniziativa del commissario europeo alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager.

La sentenza è storica perché ribalta il paradigma interpretativo dell’azione del Fitd, consorzio obbligazionario impiegante denaro privato e non fondi pubblici, nella risoluzione delle crisi bancarie. In virtù dello stop su Tercas, il fondo non poté infatti giocare un ruolo cruciale nella crisi delle banche italiane del biennio successivo, conclusosi con un vero e proprio bagno di sangue per la nostra finanza. Quattro banche (Etruria, Chieti, Ferrara e Marche) mandate gambe all’aria dall’applicazione rigorosa delle normative sul bail-in, Monte dei Paschi di Siena presa sotto amministrazione diretta dello Stato, Carige che ha riproposto nel 2019 tutte le sue criticità.

Banche italiane all’attacco

Il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, ha dichiarato che l’Abi nei prossimi giorni esaminerà ogni possibilità giuridica, per chiedere e ottenere risarcimento dalla Commissione europea, incassando il doveroso risarcimento che, allo stato attuale delle cose, si quantificherebbe come difficile da valutare ma decisamente oneroso. Il Fitd stesso, sottolinea Today, “ritiene che il ‘salvabanche’ ha avuto costi più elevati di 1,5 miliardi di euro rispetto a quelli che avrebbe garantito un intervento del Fondo con le modalità inizialmente previste per Tercas e che si sarebbero potute applicare anche agli altri istituti. Compresi nei successivi casi di Mps e delle due banche venete. Il tutto se non fosse intervenuto lo stop dell’antitrust di Bruxelles”.

I costi del salvataggio delle banche

Complessivamente, ha sottolineato Lettera43, “è stato di 31 miliardi di euro”, tra 2015 e 2018, “il costo complessivo per il salvataggio di sette banche italiane” (i quattro istituti citati, Mps, Banca di Vicenza e Veneto Banca”, al termine di un processo che ha visto obbligazioni e azioni azzerate, risparmiatori rovinati e un esborso enorme di fondi pubblici. “Nel caso del salvataggio delle quattro banche dell’Italia Centrale, in particolare, sono stati coinvolti 130 mila risparmiatori, di cui 60 mila clienti privati di Banca Etruria, tra azionisti e sottoscrittori di bond subordinati con perdite per 442 milioni di euro, 44 mila di Banca Marche che hanno perso un miliardo e 41 milioni, 22 mila di CariFe (191 milioni di perdite) e 6 mila di CariChieti (141 milioni di perdite)”.

Ma tutto non si ferma qui. Anche Banca Popolare di Bari, che ha concluso l’acquisizione di Tercas dopo la mediazione del Fitd, è pronta alla rivalsa. Marco Jacobini, presidente dell’istituto, ha parlato di una perdita di un miliardo di euro che renderà indispensabile la richiesta di risarcimento. La Commissione rischia di ritrovarsi di fronte un conto salatissimo per le sue azioni sulle banche italiane. Proprio nello stesso periodo in cui sale sul banco degli imputati, assieme alla Vigilanza della Bce, per il lassismo dimostrato nei confronti della Germania in occasione della crisi di Deutsche Bank e del salvataggio di Nord Lb.

I danni a livello locale

Per l’Italia un risarcimento, stanti così le cose dopo la sentenza comunitaria, sarebbe la minima richiesta. Nella consapevolezza che, tuttavia, nessuna somma basterà mai a compensare le sofferenze subite dai territori colpiti dalla crisi delle banche coinvolte nelle ultime operazioni di salvataggio. Il gelido silenzio trasmesso dal palazzo palladiano un tempo sede della Banca di Vicenza, emblema del radicamento dell’istituto nel territorio berico segnala cosa possa causare il fallimento di un istituto territoriale: la rimozione di un polmone vitale per l’economia locale e di una parte cruciale della sua storia. Con danni a cascata su decine di migliaia di persone. Colpiti nella loro sicurezza economica e nelle loro prospettive di vita: ferite potenzialmente impossibili da rimarginare.

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