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Il 13 ottobre la Polonia tornerà alle urne per le svolgimento delle elezioni parlamentari. Queste consultazioni rivestono un’importanza fondamentale per il futuro del Paese, che è chiamato a scegliere tra l’attuale esecutivo del partito Legge e Giustizia (Pis), di ispirazione nazional-conservatrice ed una variegata opposizione politica. Quest’ultima vede tra le sue fila la presenza di Piattaforma Civica, un movimento europeista di centro-destra, la Sinistra, un’ alleanza tra socialdemocratici ed altri partiti progressisti, Coalizione Polacca, di ispirazione centrista e infine Confederazione, un’alleanza euroscettica della destra radicale. I sondaggi pronosticano una vittoria per Legge e Giustizia, stimata ad oltre il 40 per cento dei consensi ed in crescita rispetto al 37 per cento ottenuto nel 2015. Gli elettori di questo Paese, che riveste un ruolo importante nelle dinamiche ed europee ed è in forte crescita, valuteranno i diversi partiti anche e soprattutto per le loro proposte in tema di politiche economiche. Le ricette del Pis sembrerebbero particolarmente appetitose, almeno a giudicare dalle intenzioni di voto.

Scelte vincenti

Jaroslaw Kaczynski, leader di Legge e Giustizia, ha recentemente dichiarato che il suo movimento destinerà maggiori fondi al sistema sanitario pubblico che, secondo lo stesso Kaczynski, deve essere universalmente accessibile e pubblico. Gli investimenti nella sanità pubblica cresceranno cosi a 40 miliardi di dollari entro il 2024, un pacchetto di controlli verrà offerto ad ogni cittadino, verrà creato un fondo per modernizzare gli ospedali e saranno garantite cure migliori agli anziani. Il piano di investimenti andrà a legarsi, nelle intenzioni del partito, ad una serie di altre promesse elettorali: dal raddoppio del salario minimo per i lavoratori a bonus in contanti per i pensionati, dalla costruzione di più infrastrutture ad una serie di tagli alle tasse. Legge e Giustizia ritiene necessario presentarsi come un movimento fiscalmente responsabile ed intende non solo aumentare la spesa pubblica, ma anche tagliare il debito e presentare un budget bilanciato per il 2020. Un progetto, quello del partito di governo, sicuramente ambizioso e di non facile realizzazione.

Miglioramenti costanti

La Polonia, ancor più di altri Stati dell’Europa Orientale, ha registrato progressi economici impressionanti dalla caduta del regime comunista, avvenuta nel 1989, ad oggi. Il Pil pro capite è cresciuto del 150 per cento e si attesta ora sui 28 mila dollari annui, il livello di retribuzioni è aumentato più di quello della media dei Paesi membri del G7 mentre l’economia ha continuato a crescere anche durante e dopo la crisi del 2008, arrivando a segnare per il 2018 un +5 per cento e prospettando per il 2019 un +3.5 per cento. Il settore dell’edilizia privata è in forte espansione, grazie anche ai miglioramenti derivanti dalle nuove reti infrastrutturali, la cui costruzione è facilitata dall’afflusso di fondi europei, pari a 106 miliardi di euro nel periodo compreso tra il 2014 ed il 2020. Prestigiose compagnie mondiali, come IBM, Citi Group e Credit Swiss, stanno trasferendo parte dei loro servizi in Polonia. Persino l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite e l’emigrazione verso altri Paesi dei cittadini non è riuscita a frenare l’economia polacca, che ha compensato le perdite con l’afflusso di almeno un milione e centomila ucraini a partire dal 2014. L’immigrazione ha portato dunque notevoli benefici sistemici, che a loro volta hanno potenziato la crescita. In un quadro così positivo si inseriscono  gli incrementi di spesa pubblica promessi da Legge e Giustizia, che mira a conquistare nuovi consensi ed a garantirsi un altro mandato al governo. I proclami pre-elettorali dovranno poi scontrarsi, come ovunque nel mondo, con la dura realtà e con la congiuntura economica del momento che, non necessariamente, sarà sempre così positiva. Gli equilibri politici europei sono destinati a risentire del risultato delle elezioni polacche: una vittoria delle opposizioni, schierate su posizioni europeiste, favorirebbe una linea più conciliante verso Bruxelles, mentre una riconferma dell’esecutivo uscente significherebbe una maggiore freddezza tra l’Unione Europea ed i vertici nazionali.

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