In poco meno di un mese il London Stock Exchange e Euronext hanno raggiunto l’accordo per la vendita di Piazza Affari alla cordata paneuropea centrata sulla borsa di Parigi. Le trattative, avviate in via esclusiva il 18 settembre scorso, si sono concluse come da pronostico col perfezionamento dell’accordo che porterà al controllo del Ftse Mib da parte di Euronext in asse con Cassa Depositi e Prestiti e Intesa San Paolo, dominus della finanza italiana.
L’operazione vale 4,325 miliardi “più un ammontare di contanti che rifletta la generazione di cassa” alla chiusura dell’accordo, che le parti intendono perfezionare entro la prima metà del 2021. La cordata Euronext-Intesa-Cdp è forte di una solida componente italiana, dunque la transazione dovrebbe realisticamente essere esclusa dall’applicazione del golden power, che su pressione della Consob diretta da Paolo Savona e del Copasir diretto dal leghista Raffaele Volpi il governo Conte ha deciso di estendere al listino di Milano. Garanzia che non era scontata nel caso di precedenza accordata alla coalizione rivale guidata da Deutsche Borse.
Per Londra, che intende rafforzare anche nel dopo Brexit la sua proiezione come piazza finanziaria di portata globale, l’accordo è funzionale a vedere completata l’aquisizione della piattaforma Refinitiv, tra i maggiori operatori mondiali per la fornitura di dati e infrastrutture telematiche alle borse, che Lse è prossima ad acquistare per 27 miliardi di dollari: mantenere il controllo di Milano avrebbe potuto creare accuse di posizione dominante da parte delle autorità di concorrenza dell’Ue, dunque la City ha voluto giocare d’anticipo cedendo Piazza Affari alla concorrente sconfitta tredici anni fa per il suo acquisto.
Cosa cambia ora? La partita va valutata sotto diversi aspetti. Da un lato Milano si sgancia da Londra per entrare nell’orbita francese. Questo segna il tramonto di ogni possibile strategia che vedesse Milano come hub strategico della finanza britannica nell’Unione, con conseguente sviluppo di filiali locali delle grandi banche d’affari, clearing houses per i derivati in euro e nuove frontiere della finanza quali i titolo islamici sharia-compliant. La Francia, al contrario, ha sempre avuto grandi interessi nel nostro tessuto imprenditoriale e finanziario, per quanto l’ampliamento del controllo economico sia spesso andato a maggior beneficio di Parigi, ma sarebbe irrealistico pensare a un accordo-capestro che porterà i nomi più celebri della finanza transalpina a fare un nuovo, aggressivo, round di shopping tra i gioielli di famiglia italiani.
Euronext mira a integrare Milano in una strategia articolata, facendone il punto di riferimento per il segmento obbligazionario del gruppo e potendo così ampliare la sua presenza nel “risiko” europeo delle borse che vede, negli ultimi tempi, non solo l’attivismo tedesco ma anche la dinamica presenza della borsa svizzera di Zurigo.
La presenza di Cdp e Intesa, inoltre, annacqua il controllo di Euronext, assieme allo scrutinio della Consob: quest’ultima avrà un suo rappresentante nel collegio dei revisori della società che gestisce Piazza Affari, Mts, il cui management di punta sarà a sua volta italiano. La vera sfida sarà per il gruppo Euronext preso nel suo complesso, ancora lontano dal poter sfidare sul proprio terreno giganti come Lse. Come ricorda La Voce, infatti, “le borse più attive sono diventate dei conglomerati finanziari straordinariamente potenti, che controllano dai software che alimentano i back office delle banche agli indici utilizzati nei mercati finanziari e soprattutto controllano i dati utilizzati dagli investitori. Le nuove fonti di reddito sono più stabili delle commissioni da negoziazione, perché vendute tramite abbonamenti e i loro ricavi crescono in maniera esponenziale”. Euronext ottiene ancora i tre quarti dei suoi ricavi dall’intermediazione, e dal punto di vista di Londra la scelta di barattare l’addio a Milano con il controllo su Refinitiv è aziendalmente estremamente giustificata.
L’operazione sarà sul lungo periodo vincente se, dunque, il gruppo Euronext saprà fare sistema ed evolvere in senso più moderno, ampliando anche alle medie imprese italiane l’accesso al mercato dei capitali e, soprattutto, valorizzando il ruolo strategico dei due attori italiani presenti nella cordata. Cassa Depositi e Prestiti sta dimostrando un grande attivismo nelle ultime settimane, dapprima con l’impegno sul dossier Autostrade, in seguito da protagonista sulla fusione Nexi-Sia che ha creato in Italia un campione europeo del settore dei pagamenti digitali e infine sostenendo la transizione di Piazza Affari in cui molte società controllate sono quotate. Intesa intende invece consolidare la rendita di posizione ottenuta dopo la vincente operazione di scalata su Ubi che l’ha proiettata tra i giganti del credito europeo restando a presidio della piazza milanese. Il “grande gioco” delle borse europee è dunque avviato, e coinvolgerà le maggiori economie del Continente negli anni a venire: il governo italiano dovrà seguire attentamente questo dossier e dare la dovuta copertura politica alle operazioni dei nostri attori coinvolti. Per evitare di disperedere una finestra d’opportunità di rilancio di Piazza Affari al vertice del mercato europeo.