Paolo Gentiloni gela i giallorossi. L’ex presidente del Consiglio divenuto commissario europeo agli Affari Economici nella squadra di Ursula von der Leyen ha nelle scorse ore cassato con forza la bozza di manovra presentata a Bruxelles dal governo M5S-Pd che lo ha proposto per il ruolo nell’Unione. E anche nel contesto della sospensione del Patto di Stabilità decretata per tutto il 2020 (e con ogni probabilità per il 2021) dalle autorità comunitarie Gentiloni ha sindacato sulla mancanza di coperture di diverse spese previste dalla legge di bilancio redatta dal Ministero dell’Economia di Roberto Gualtieri, suo compagno nel Partito Democratico.

Considerando il livello del debito, è necessario che l’Italia, ogniqualvolta prende misure, preservi la sostenibilità di bilancio nel medio termine”, ha sottolineato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni parlando della manovra appena sfornata dal governo giallorosso. Un avvertimento in cui si può leggere tra le righe un indirizzo politico: l’esecutivo deve sbrigarsi a accelerare sui progetti volti a sostituire il deficit nazionale con i denari dei programmi europei, per i quali la Nota di Aggiornamento al Def prometteva fuoco e fiamme salvo poi tramutarsi nella più assoluta vaghezza di fronte ai ritardi sul Recovery Fund e all’incapacità del governo Conte II di sfruttare il deficit nazionale. “Calcolatrice alla mano”, nota Il Giornale,la manovra dell’Italia per il 2021 contiene misure non temporanee o non finanziate da coperture pari all’1,1% del Pil”, circa 20 miliardi di euro. L’ennesima dimostrazione del caos giallorosso sui conti pubblici.

Ma non finisce qui. La mossa di Gentiloni è inquadrabile anche nel contesto delle “grandi manovre” che coinvolgono l’esecutivo e della crisi d’identità del centrosinistra nazionale. Referente dell’Italia presso le istituzioni europee, il Pd non ha però certamente voglia di governare sulle macerie della crisi della pandemia: negli ultimi giorni, non a caso, sul terreno politico qualcosa si è mosso sul fronte internazionale, con le sortite de L’Espresso che hanno ricordato come siano due ministri dem, Enzo Amendola e Lorenzo Guerini, a essere depositari della fiducia statunitense nel governo Conte e le uscite di due big del partito, Enrico Letta e David Sassoli, sulla ricerca di “soluzioni di compromesso” sul tema del Mes e sulla possibilità di cancellare, a fine crisi, il debito creato durante la pandemia.

Ma la posizione politica di Gentiloni è legata principalmente all’equilibrio che ha portato alla nascita della maggioranza giallorossa, e per ogni sortita che pare rompere il fragile compromesso dell’alleanza M5S-Pd (evolutasi dalla volontà di fermare Matteo Salvini all’unione imposta dalla pandemia per arrivare alla necessità di gestire i programmi europei) l’ex premier risponde ricordando che le regole a cui l’esecutivo ha accettato di giocare sono quelle della Commissione. E chiedendo al rappresentante “europeista” per eccellenza nell’esecutivo, il ministro dell’Economia, di conformarsi cercando il pelo nell’uovo della manovra. Non a caso Gentiloni si era affrettato, nei giorni scorsi, a smorzare sul nascere gli entusiasmi dei suoi compagni di partito sul tema della redenzione del debito.

La narrazione che regge la credibilità del politico romano davanti all’opinione pubblica è legata all’idea secondo cui l’alternanza al governo tra la Lega e il Pd come partner di coalizione dei Cinque Stelle avrebbe restituito all’Italia la credibilità necessaria ad avanzare proposte programmatiche destinate ad essere ascoltate. Il ruolino di marcia di Gentiloni, in questo ultimo anno, non è entusiasmante né lo è quello del “compagno” Gualtieri: nel 2019 è fallita l’idea di garantire all’Italia un “superdeficit”, Gentiloni non ha saputo dare forma alle proposte italiane di eurobond con lo stesso coordinamento che il collega Thierry Breton ha avuto col governo francese che lo ha nominato; nella governance europea Gentiloni è stato subordinato dalla von der Leyen al “super-falco” Valdis Dombrovskis; ora arriva questo richiamo tutt’altro che felpato al “rispetto delle regole” che svela al contempo la fragile posizione politica di Gentiloni e il tentativo di bluff dell’esecutivo.

Nondimeno, l’idea di utilizzare il fondo europeo per la ripresa per fare meno deficit è economicamente inconcepibile, dato che come ha ricordato il professor Gustavo Piga il nodo centrale non è l’utilizzo o meno dei fondi ma la scelta di sfruttarli per sostenere programmi già esistenti e delineati. Ma il buonsenso economico non sembra essere di casa né nel governo italiano né tantomeno nei suoi referenti a Bruxelles. Viene quasi il sospetto che con la sua reprimenda a Roma Gentiloni voglia, prima di ogni altra cosa, tutelare la sua posizione agli occhi degli euroburocrati, tra i quali molti stanno iniziando a mostrare insofferenza per la presunta “liberalità” di diversi programmi. A pensare male, diceva Giulio Andreotti, si fa peccato. Ma molto spesso si azzecca.

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