Pedro Sanchez e Pablo Iglesias sono convinti: la patrimoniale è la strada a loro avviso più adatta per mandare un segnale di equità per la ripresa della Spagna. Il governo di coalizione tra i socialisti e la sinistra di Unidas Podemos, infatti, nella previsione per la legge di bilancio 2021 prevede di inserire misure finalizzate ad attuare un prelievo forzoso sulle ricchezze oltre i 10 milioni di euro pari all’1% e di aumentare al contempo del 2% la tassazione sui redditi da lavoro oltre i 300mila euro e del 3% quella sui redditi da capitale eccedenti i 200mila euro. Inoltre, la prima bozza di legge di bilancio prevede una tassazione di almeno il 15% per le società immobiliari e meno deduzioni per i piani di pensione privati.

La Spagna vive una forte tensione interna legata alla recrudescenza della pandemia e all’effetto sempre più marcato della crisi economica: un calo del Pil del 18,5% nel secondo trimestrale Spagna ha registrato in quell’intervallo il calo maggiore dalla guerra civile e si è attestata come peggiore economia nell’Eurozona. Lo schianto si è aggiunto alla diminuzione del 5,2% dell’attività da gennaio a marzo e, cumulativamente, l’effetto è risultato nella distruzione di circa un quarto del Pil nazionale, pari a circa 300 miliardi di euro.

Il primo governo aperto all’estrema sinistra della storia di Spagna si è dunque trovato ad affrontare la convergenza tra una dura fase pandemica e un ciclo recessivo che ha impedito lo sdoganamento completo della risposta ai primi venti di crisi che già nel 2019 andavano soffiando in Europa: ma, d’altro canto la pandemia ha reso obbligata per tutta Europa la scelta di superare definitivamente l’austerità fiscale che Madrid aveva già deciso di intraprendere, spingendo a lungo anche per la mutualizzazione del deficit in Unione europa.

Tra le dure scelte in materia fiscale e la manovra anticiclica riproposta per il prossimo esercizio finanziario c’è però scarsa comunicabilità. Da un lato il governo di Madrid impone un prelievo notevole degno dei più duri tempi di crisi, senza che però questo contribuisca in alcun modo a garantire un alleggerimento degli oneri sul ceto medio e sui redditi inferiori. Dall’altra, però, prevede che dalle nuove manovre fiscali il governo potrà estrarre solo 356 milioni di euro, un’inezia a fronte della previsione di investimenti in deficit che spicca, per l’articolazione e la profondità delle misure, al confronto del ben più timido percorso intrapreso nella definizione della manovra italiana.

Il premier socialista Sanchez e il suo alleato di governo, il vicepresidente del Consiglio Iglesias, hanno definito un piano da 240 miliardi di euro di investimenti per i prossimi anni, di cui 196 da finanziare con un apposito strumento anti-crisi. La dotazione è imponente: primo obiettivo, chiaramente, il potenziamento della sanità, che vede un aumento del 150% (+ 3 miliardi) dei fondi per lo sviluppo della produzione di vaccini e della medicina territoriale, ma ci saranno spazi anche per la ricerca (+80% e +5 miliardi), i piani di transizione ecologica (dotati di 12 miliardi di euro), la cultura, i fondi per le Pmi, il turismo, il commercio (+1 miliardo per ciascuna di queste voci) e, tramite le regioni, si provvederà a rinforzare l’istruzione, gli asili, le politiche contro la discriminazione di genere e i fondi anti-disoccupazione. Uno stimolo keynesiano senza precedenti in Europa, a cui la scelta della nuova patrimoniale (che sul lato del prelievo forzoso potrà essere approvata in ogni regione solo su iniziativa delle autorità locali) aggiunge un connotato ideologico sovrabbondante e decisamente fuori contesto.

Delle proposte contenute nella manovra spagnola le forze di governo italiano fino ad ora hanno interiorizzato solo le proposte di quest’ultimo ordine, proponendo ad aprile per mezzo del Pd l’istituzione di un contributo di solidarietà per gli anni 2020 e 2021, che è stato indicato come destinato ai cittadini con redditi superiori ad 80mila euro per la parte eccedente tale valore soglia. Proposta che, per fortuna, non ha trovato alcun seguito nella definizione della manovra, che al contempo poco o nulla sta facendo per progettare un piano di investimenti strategici paragonabile a quello spagnolo. Il quale potrebbe benissimo fare a meno della componente di innalzamento fiscale: la fase di crisi odierna ci ha dimostrato che i veri vincitori della crisi, i giganti della finanza e i miliardari del settore tecnologico, sfuggono a qualsiasi tentativo si faccia di colpirli con l’arma dell’imposizione tributaria e che la strategia del rilancio dell’economia reale può bastare, di per sé, a mobilitare la crescita dei redditi, della sicurezza occupazionale e della tutela sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione.