Più passa il tempo e più l’ottimismo si trasforma in paura di non farcela. Giuseppe Conte è sull’orlo di una crisi di nervi, stanco per i negoziati infiniti, deluso per il muro issato dai Paesi frugali, adirato per l’atteggiamento dell’olandese Mark Rutte. Il Consiglio europeo straordinario, che avrebbe dovuto sancire l’intesa tra i 27 Paesi membri dell’Ue sull’entità degli aiuti economici per il post Covid e sulla loro governance, si è arenato in un nulla di fatto.

Niente fumata bianca, niente compromessi, zero notizie positive. Anche perché, sottolinea il quotidiano La Repubblica, su Conte aleggia lo spettro della sconfitta politica. Già, perché nel caso in cui il premier italiano dovesse tornare a casa a mani vuote, senza qualcosa di conveniente per l’Italia, qualcuno potrebbe metterlo in discussione. E così, improvvisamente il governo giallorosso si ritrova sul filo di un rasoio, dipendente più che mai dal risultato di Bruxelles.

Se Conte dovesse vincere, anche il suo esecutivo tirerebbe un respiro di sollievo; ma se l'(ex) Avvocato del popolo dovesse finire a terra, pure il resto della sua ciurma lo seguirebbe negli inferi della politica. Insomma, l’Italia ha bisogno di trovare un accordo, e anche in fretta. Roma può continuare a negoziare per altri mille pomeriggi, ma è anche il Paese che per primo, viste le sue condizioni economiche, ha bisogno di un accordo senza rinvii.

L’ira di Conte

Ecco da dove nasce l’ira di Conte. Il premier italiano non ne può più delle mezze giravolte di Mark Rutte e dei frugali. Per questo l’Italia potrebbe giocare carte pericolose, tra cui – fa notare Il Corriere della Sera – spingere per un accordo di opting out, cioè un’intesa a 26 che possa escludere la riottosa Olanda dagli aiuti economici e dal meccanismo di controllo. C’è poi un altro jolly: ricorrere alla Corte di giustizia europea.

In entrambi i casi, vada come vada, si sancirebbe una vera e propria frattura con Bruxelles, con l’Europa che potrebbe leggere la posizione italiana come un primo tentativo di uscita dall’Ue. A proposito della via giuridica, qualora l’Olanda dovesse insistere sul meccanismo di controllo sull’erogazione degli aiuti (leggi come: diritto di veto per il singolo Stato membro), allora l’Italia potrebbe dimostrare l’incompatibilità della proposta olandese con i trattati europei.

Conte sa bene che è durissima, e lo ha ripetuto anche a notte fonda, una volta rientrato in hotel. ”Caro Mark capisco che tu abbia in testa solo le elezioni che a primavera ci saranno nel tuo Paese. E capisco pure che ognuno ha il suo Salvini”, avrebbe detto il premier italiano al suo omologo de L’Aia.

La posizione di Rutte

Ma per quale motivo l’Olanda non ha intenzione di cedere? Per capirlo bisogna dare un’occhiata al calendario. A marzo sono previste le elezioni politiche. Mar Rutte, attuale premier, ha tutto da perdere. L’uomo che sta tenendo in scacco l’Europa intera si gioca la riconferma ripresentandosi per il partito popolare. Il problema è che alle sue spalle c’è un populista d’hoc come Geert Wilders, pronto a sfruttare ogni passo falso dell’avversario. Ecco spiegato perché Rutte non può ammorbidirsi: rischierebbe di regalare immense praterie al “Salvini d’Olanda” e perdere la sua partita personale. D’altronde Wilders lo ha avvertito: senza il diritto di veto, è meglio che il premier “resti a Bruxelles”.

Tornando sul tema degli aiuti economici, l’Italia, a dire il vero, ha fatto un passo indietro. Roma sarebbe pronta ad accettare 420 miliardi di sovvenzioni anziché 500, con i prestiti, invece, che salirebbero da 250 a 330. Da un punto di vista strettamente politico, per Conte cambierebbe poco: potrebbe sempre dire che sul piatto ci sono 750 miliardi. Ormai non c’è più tempo ed è per questo che il premier avrebbe inoltre intenzione di puntare sui 37 miliardi del Mes. Anche perché, al di là delle fumate bianche, prima del 2021 l’Italia può contare su appena 3 miliardi. Briciole o quasi.