“Il Mes senza condizioni è realistico come un unicorno rosa”. Parlando a Il Giornale il senatore della Lega ed economista Alberto Bagnai non ha usato mezzi termini per descrivere lo scenario a cui l’Italia andrebbe incontro aprendo la strada al “fondo salva-Stati”: come più volte rilevato da esperti come Alessandro Mangia, studioso di diritto e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, indipendentemente dalle dichiarazioni dell’Eurogruppo il Mes, nella sua struttura operativa, esiste solo nella forma rigorosa oggigiorno normata dal suo trattato istitutivo e vincolato al diritto comunitario dall’Articolo 136 del Tfue.

Ogni dibattito sul Mes con ridotte o nulle condizionalità equivarrà a una discussione sul sesso degli angeli fino a che i decisori politici europei non avranno dichiarato se esiste il consenso politico per riformare la disciplina europea e rendere credibile una svolta che, allo stato attuale delle cose, appare improbabile.

Sul diritto del Mes hanno dunque ragione i falchi del rigore guidati dall’Olanda, che a parole hanno aperto a una condizionalità ridotta sapendo bene che in punta di legge a parlare sono i trattati. E che oltre al trattato istitutivo del Mes valgono, appunto l’articolo 136 del Tfue, che non offre flessibilità sulle condizionalità (leggasi austerità) richieste per il sostegno del fondo e le conseguenti azioni della Banca centrale europea, e risoluzioni quale la 472/2013 votata dal Parlamento europeo

“È opportuno”, si legge nel regolamento comunitario in questione, “che l’intensità della sorveglianza economica e di bilancio” a un Paese che faccia richiesta di aiuto alle autorità comunitarie “sia commisurata e proporzionata alla gravità delle difficoltà finanziarie incontrate e tenga nel debito conto la natura dell’assistenza finanziaria ricevuta, che può variare da un semplice sostegno precauzionale sulla base delle condizioni di ammissibilità fino a un programma completo di aggiustamento macroeconomico subordinato a condizioni politiche rigorose“. Nero su bianco il trattamento riservato alla Grecia, che nel 2012 vide l’apertura di linee di credito precauzionali del Mes come presupposto all’intervento della Troika ,con le devastanti conseguenze che conosciamo per la tenuta economica del Paese.

Il board del Mes (Alberto Bellotto)
Il board del Mes (Alberto Bellotto)

Ma non finisce qui. Uno Stato membro può essere soggetto a sorveglianza post-programma finché non avrà rimborsato almeno il 75 % dell’assistenza finanziaria che ha ricevuto. Inoltre, il regolamento offre all’Unione Europea la possibilità di modificare in corsa le condizionalità: “La Commissione, d’intesa con la Bce e, se del caso, con l’Fmi, esamina insieme allo Stato membro interessato le eventuali modifiche e gli aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico, al fine di tenere debitamente conto, tra l’altro, di ogni scostamento significativo tra le previsioni macroeconomiche e i dati effettivi” e il Consiglio europeo è chiamato a valutare a maggioranza qualificata l’entrata in vigore di queste modifiche. La maggioranza semplice dei Paesi Ue, in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione, potrebbe ad esempio modificare un memorandum firmato con un Paese come l’Italia in caso, ad esempio, di un cambio di governo finalizzato a una svolta politica.

Questa non è l’unica debolezza strutturale della nuova narrazione sul Mes: perché ricorrere ad esso, ad esempio, se apre a interventi senza limiti triennali della Bce mentre in realtà, sotto il nuovo programma di acquisti, compra titoli a trent’anni? Come sfuggire a un’organizzazione che ha la sede legale in Lussemburgo e in caso di crisi impone il diritto del Granducato come strumento di risoluzione delle controversie? In che maniera ritenere il finanziamento del Mes migliore di quello nazionale quando in un Paese come l’Italia ogni emissione di Btp vede la richiesta eccedere di circa il 50% la domanda? Perché non sbloccare piuttosto, lasciandola agli Stati, la dotazione data da ogni governo al fondo del Mes lasciandola libera per i programmi interni? Quello del Mes è un ginepraio intricato in cui chi si addentrasse rischierebbe di pungersi dolorosamente. Tra i Paesi dell’Unione chi si firma, in questo contesto, è perduto.





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