Nouriel Roubini è un economista che parla poco, ma in forma significativa. E il fatto che con un editoriale sul Financial Times abbia lanciato un allarme sul futuro dell’economia italiana ed europea, ritenute profondamente a rischio, appare indicativo. Roubini tra il 2004 e il 2007 fece molto discutere la comunità internazionale degli economisti perché in una serie di pubblicazioni e interventi, culminati in un discorso davanti al Fondo Monetario Internazionale nel 2006, tratteggiò in anticipo le determinanti della futura Grande Recessione: eccesso di debito privato investito in prodotti ad alto rischio, azzardo morale della finanza, scollegamento con l’economia reale.

Ora, dal quotidiano della City di Londra il professore della New York University, tra i massimi esperti del pensiero di John Maynard Keynestraccia la linea: l’Europa rischia di essere l’epicentro di una nuova fase di instabilità dell’economia globale. Alcuni giorni fa parlavamo del rischio di “stagnazione secolare” per l’Unione Europea in caso di caduta nella terza fase recessiva in meno di quindici anni dopo la Grande Recessione e lo tsunami economico del Covid-19. Ebbene, Roubini dalle colonne del Financial Times mette con autorevolezza in chiaro il perimetro di questa ipotesi, sottolineando come nell’era dell’inflazione galoppante e della crisi energetica l’Ue possa andare in testacoda nella risposta emergenziale.

Scrive Roubini che “l’Eurozona risente della debole crescita potenziale e della creazione di posti di lavoro. Un atterraggio duro” in risposta all’inflazione, a suo avviso, “non solo aggraverebbe questi problemi, ma intensificherebbe le preoccupazioni del mercato sulla sostenibilità del debito o sul rischio di frammentazione”. Christine Lagarde ha fatto dietrofront dopo i primi annunci sull’imminente stretta monetaria proprio per evitare che l’economia comunitaria collassasse. Per Roubini il “ciclo del destino” è quello del legame osmotico “tra i governi indebitati e le banche centrali che detengono quel debito” dal cui atteggiamento dipende ogni margine reale di politica fiscale.

Ad oggi, nota Roubini, l’indebolimento dell’euro che deriva dalla differenza di condizione economiche tra Usa e Regno Unito da un lato e Europa dall’altro è portatore di conseguenze inflazionistiche. La stretta monetaria rischia di imporre un aumento degli oneri finanziari per la periferia dell’Eurozona dipendente, peraltro, da legami strutturali come quelli all’industria tedesca in via di ingresso in una fase di acuta crisi destinata a riverberarsi sulla manifattura di Paesi come l’Italia. E tutto questo danneggia il potenziale esportatore di economie altamente ancorate ai mercati globali.

L’Europa rischia dunque di andare definitivamente in testacoda a causa del combinato disposto tra inflazione strutturale legata a fenomeni esterni (essenzialmente il costo dei fattori produttivi importati), politiche monetarie autolesionsite e restrittive che depotenziano la crescita, assenza di programmazione politica. Sta inoltre venendo meno, nota Roubini, la “capacità di proteggere i Paesi più fragili”, dato che lo stesso annuncio di flessibilità dello scudo anti-spread potrà concretizzarsi solo con il via libera al sostegno alle economie che manifesteranno differenziali di rendimento nei titoli sovrani da parte del consiglio direttivo della Bce in cui “i falchi sono la maggioranza”. La conseguenza? L’Europa può tornare nel caos perché, incredibilmente, nei fatti possono riprendere piede le logiche austeritarie che, parafrasando Omero, infiniti lutti addussero alle economie del Vecchio Continente nello scorso decennio.

Se tornasse il controllo “duro e puro” dell’inflazione e ritornassero, come vogliono i falchi d’Europa, le regole restrittive in ambito di bilancio un Paese, per Roubini, rischia maggiormente degli altri una recessione durissima: l’Italia. “L’Italia”, nota, “ha una bassa crescita potenziale, ampi deficit fiscali e un debito pubblico enorme, forse insostenibile, che è cresciuto durante la pandemia. Ora un aumento permanente dei costi del servizio del debito si profila quando la Bce ritira le sue politiche ultra accomodanti”: in un anno e mezzo il tasso d’interesse sui Btp decennali è infatti salito dall’1% al 4%, aumentando sensibilmente il rischio-Paese. Perché l’Italia possa evitare il “giro della morte” sull’asse recessione-inflazione galoppante-crisi sistemica aprendo all’effetto-contagio in Europa Roubini invita la Bce a evitare azioni capaci di produrre “conseguenze destabilizzanti” come l’assenza di politiche mirate per indirizzare gli acquisti titoli all’economia reale e a un’inflazione sana prima e la stretta compiuta come fallo di reazione al decollo dei prezzi che poi hanno invece fatto. L’uomo che ha predetto la crisi parla con grande schiettezza come aveva fatto a inizio millennio: chi ha occhi per vedere sa che l’Europa rischia l’osso del collo, schiacciata tra le crisi globali in atto e l’acceleratore della guerra d’Ucraina di cui appare la grande sconfitta politica e, in prospettiva, economica. Con la minaccia di potersi incamminare, inesorabilmente, sulla strada del de-sviluppo.





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