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Lufthansa plana su Alitalia e si inserisce nella corsa alla costruzione della cordata che dovrà rilanciare la compagnia di bandiera italiana dopo la crisi dell’asse costituito dalle Ferrovie dello Stato, dalla holding Atlantia della famiglia Benetton e dal colosso statunitense del settore Delta Airlines. Gli screzi tra lo Stato italiano e i Benetton e la natura predatoria dell’interessamento di Delta, che rischia di buttare via un’opportunità strategica, hanno infatti garantito spazio di manovra a Lufthansa, che su Alitalia ha piani ben definiti.

Il piano dei tedeschi è infliggere uno schiaffo sonoro agli avversari americani tagliandoli fuori dalla cordata. Lufthansa ha infatti inviato una lettera a Fs e Atlantia proponendo una partnership strategica che non comporti il suo ingresso diretto nel capitale ma un’alleanza diretta tra la newco costituita per rilanciare la compagnia di bandiera e il colosso tedesco.

Manovra di disturbo o azione ben congegnata? Vi è di certo che Lufthansa, in primo luogo, vuole colpire Delta Airlines e le sue prospettive di costruire in Italia lo strategico hub europeo che porterebbe il colosso a stelle e strisce a essere protagonista nel Vecchio Continente.

Secondo l’ex manager del settore aeronautico Paolo Rubino, l’impresa di salvare Alitalia è “quasi impossibile” perché richiederebbe contemporaneamente “capitali coerenti con lo scopo, competenze adeguate e mani libere sul piano strategico”. Delta offre le prime due, ma ha voluto alzare eccessivamente la posta sul condizionamento strategico, mettendo a repentaglio soprattutto l’azzeccata decisione del governo italiano di coinvolgere le Ferrovie per garantire coordinazione infrastrutturale e intermodalità dei trasporti. Lufthansa, invece, garantisce incognite su ogni punto di vista: nessun investimento in capitale, condizionamenti strategici e ambiguità sulle competenze necessarie a rilanciare la compagnia verso scenari profittevoli.

Nel primo semestre di quest’anno, infatti, Lufthansa ha subito una perdita netta di 116 milioni di euro, che si confronta con l’utile netto di 713 milioni dell’anno precedente. Anche da questo dato derivano le cautele su un impegno finanziario in Alitalia che risulterebbe troppo gravoso per la compagnia di bandiera tedesca. A essere messo in una situazione scomoda è il governo italiano, e stupisce l’atteggiamento pilatesco del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli (M5S) dopo la ricezione, per informazione, della lettera con cui Lufthansa ha ufficializzato la discesa in campo. “Il ministero dello Sviluppo economico ha un ruolo di vigilanza sulla struttura commissariale, non certamente di sponsor in una operazione di mercato che è tra privati”: un modo per dire che il governo è stretto tra la possibilità di scontentare la Germania, e quindi in parte tradire il suo afflato europeista, e quello di negare un affare agli alleati statunitensi, per quanto estreme siano le richieste di Delta. Dopo la buona idea di coinvolgere Fs per un fine dichiaratamente strategico, infatti, sarebbe sconsiderato rinnegare quanto fatto adducendo il primato del mercato sulla politica in un settore tanto importante.

Scontiamo dilettantismo e poca progettualità, la mancanza di una reale politica industriale all’altezza dei tempi presenti, l’incapacità di dar seguito a buone intuizioni e finiamo per essere terra di conquista e sfera d’influenza altrui. Il futuro di Alitalia nell’era del governo giallorosso è sempre più incerto, specie perché tra tutte le voci manca quella fondamentale: la parola del governo di Roma.

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