Il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa, è convinto più che mai che il suo Paese debba potenziare il valore e l’utilizzo della propria valuta dopo aver abbandonato l’utilizzo del dollaro americano. Secondo la massima autorità di Harare un Paese che mira all’espansione della propria economia ed all’indipendenza internazionale non può dipendere da una valuta estera. E il messaggio fatto arrivare alla propria popolazione (che chiede stipendi che non siano nella valuta nazionale) e all’estero è uno: le possibilità che lo Zimbabwe torni ad utilizzare il dollaro americano sono nulle.
La crisi economica che ha colpito il Paese è tra le più feroci a livello mondiale. L’assenza di carburante e di materie prime ha bloccato le già esigue produzioni industriali ed ha affossato il comparto estrattivo. La carenza dei beni di consumo di prima necessità ha aumentato la fame. E il Paese, con un tasso di disoccupazione che supera l’80%, sembra percorrere una strada di non ritorno. Come mai allora Mnangagwa è così convinto che la soluzione sia affidarsi completamente al dollaro dello Zimbabwe, che dalla sua reintroduzione ha patito un’inflazione che ha toccato i 440 punti percentuali?
Battere moneta: un’arma a doppio taglio
Battere moneta per proprio conto ha una notevole serie di vantaggi. In primo luogo permette di pagare gli stipendi dei lavoratori statali anche nel caso in cui le casse siano completamente vuote, evitando o comunque limitando il rischio di scioperi del personale. In secondo luogo, permette di disporre di liquidità per compiere pagamenti verso le forniture estere, non lasciando il Paese in assenza totale di merci di importazione.
Tutto ciò avviene però solo nel momento in cui la stima internazionale di cui gode il Paese è buona: in caso contrario è una pericolosissima arma a doppio taglio, dalla lama assai affilata. Incrementare oltre le coperture garantite la valuta in circolazione porta alla svalutazione del suo valore nominale, provocando un’inflazione inarrestabile. Il crescere dei prezzi in modo esponenziale impoverisce la popolazione, costringendo l’adattamento degli stipendi per garantire la sussistenza della popolazione. Ciò necessita però di un nuovo aumento del denaro circolante, concludendo così il cerchio. È palese come questo sistema, alla lunga, porti alla totale distruzione del sistema economico, come avvenuto nel caso dello Zimbabwe.
Le speranze di Mnangagwa
Le speranze del leader dello Zimbabwe sono riposte nella stabilizzazione dell’apparato economico nel momento in cui cesseranno le iniezioni di liquidità. Soltanto allora e dopo il necessario periodo transitorio di riequilibrio del denaro circolante il Paese potrà uscire dalla crisi inflazionistica. Il problema è però legato alle tempistiche: per stabilizzare l’economia di un Paese molto forte servono generalmente almeno cinque anni. Nel caso dello Zimbabwe, cui sostrato economico è completamente devastato, potrebbero servire vari decenni. Con la fame e la carenza dei beni di prima necessità, pensare che la popolazione possa resistere ancora per così tanti anni è impensabile.