Il Mediterraneo ha cessato da lungo tempo di essere il Mare Nostrum, perduto a causa di tremendi errori di calcolo e della competizione frenetica tra le grandi potenze, ma non si tratta di un fenomeno irreversibile.

Il segreto per il recupero (parziale) del Mediterraneo, quantomeno dei lati ponente e centrale, potrebbe essere stato svelato a inizio marzo, quando Saipem e Alboran Hydrogen hanno siglato un memorandum d’intesa sullo sviluppo dell’idrogeno verde. Quest’ultimo, considerato da più parti il Santo Graal della transizione energetica, rappresenta un vero e proprio tesoro che, se adeguatamente maneggiato e levereggiato, potrebbe permettere all’Italia di diventare una potenza di prima classe nel campo della de-carbonizzazione.

Il progetto

Nella giornata del 4 marzo due importanti entità italiane hanno siglato un notevole memorandum d’intesa nel settore pioneristico dell’idrogeno verde. Le entità, che sono Saipem, società per azioni appartenente al Gruppo Eni, e Alboran Hydrogen, un’azienda di recente fondazione focalizzata nel campo delle fonti rinnovabili, hanno concordato di costruire “un distretto dell’idrogeno verde in Puglia, con tre impianti situati rispettivamente nei territori di Brindisi, Taranto e Foggia, […] e due ulteriori impianti nel bacino del Mediterraneo, rispettivamente in Albania e in Marocco“. 

Secondo quanto emerso dal comunicato stampa rilasciato dalle parti, “le due società impiegheranno le rispettive e complementari competenze, esperienze e tecnologie maturate in anni di attività nella realizzazione di impianti funzionali alla produzione di idrogeno”. Scritto altrimenti, le mansioni da svolgere verranno equamente e perfettamente ripartite tra Saipem e Alboran Hydrogen, le quali opereranno nei rispettivi campi di specializzazione.

Saipem, ad esempio, si farà carico della parte ingegneristica degli impianti, nonché della loro costruzione e del loro rifornimento, mentre Alboran Hydrogen avrà il compito di gettare il cemento nei blocchi di fondazione, ovverosia “di coordinare gli aspetti tecnologici con gli istituti di ricerca interessati, le attività autorizzative ai fini dello sviluppo degli impianti, e gli accordi di filiera con i centri di ricerca, gli enti e le università coinvolte”.

Al lavoro per l’interesse nazionale

Le due società lavoreranno a stretto contatto con alcuni titani della ricerca nostrana, fra i quali l’università La Sapienza, l’università del Salento e la Cittadella della ricerca di Brindisi, e avendo come obiettivo primo e ultimo il conseguimento degli obiettivi energetici stabiliti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) del governo Conte II.

Gli impianti, infatti, si riveleranno utili ai fini della transizione energetica in Italia, permettendole di utilizzare e sfruttare l’idrogeno verde a tassi sensibilmente più elevati rispetto al presente, e in teatri-chiave per la nostra politica estera, quali sono l’Albania e il Marocco. Ultimo ma non meno importante, la congiunzione di sforzi fungerà da propellente per le due società, che, imparando facendo l’una dall’altra, a lavori terminati potranno vantare l’acquisizione di competenze, conoscenze ed esperienze utili a vincere appalti in tutto il mondo nel settore del domani: l’idrogeno verde.

L’idrogeno verde, una spiegazione

L’idrogeno viene classificato e distinto sulla base del modo in cui viene estratto dalle molecole che lo combinano. Le categorizzazioni principali sono tre, grigio, blu e verde, anche le tonalità dell’idrogeno sono molto più variegate, si va dal viola al nero, e ognuna di esse possiede delle specifiche proprietà inquinanti e climalteranti.

Nel caso dell’idrogeno verde, è stato definito dall’Enel come “l’unico [tipo] sostenibile al 100%” poiché “ottenuto mediante l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità da fonti rinnovabili”. Scritto diversamente, in termini meno tecnicistici, si tratta di una risorsa non inquinante che, se fosse lubrificata con gli adeguati investimenti, avrebbe tutte le carte in regola per porsi come un’alternativa valida, efficiente ed economica ai combustibili fossili.

Non è un caso, alla luce di quanto evidenziato, che l’idrogeno verde stia assumendo una crescente centralità nei piani energetici di una moltitudine di Paesi, grosso modo localizzati in Occidente, e che ad esso vengano dedicati ampi paragrafi del cosiddetto “Green Deal europeo“, il piano dell’Ue per il raggiungimento della neutralità del carbonio (carbon neutrality) entro il 2050.

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