L’Islanda potrebbe ritrovarsi, nel giro di pochi giorni, isolata dal resto del mondo a causa della chiusura di tutte le rotte aeree e navali dirette verso il Paese artico. A riferire questa scioccante notizia è stato Gudlaugur Thor Thordarson, ministro degli Esteri di Reykjavik, che ha esortato tutti i connazionali che si trovano ancora all’estero a fare rientro il prima possibile per evitare poi di ritrovarsi bloccati. La ragione di questo sviluppo è da ricercare nella pandemia di Covid-19 che ha messo in ginocchio l’industria turistica mondiale e molte linee aeree. I casi totali in Islanda ammontano, invece, a 588: un numero relativamente alto se si pensa che la popolazione totale del Paese è di poco superiore ai trecentomila abitanti. La diffusione del morbo ha provocato la chiusura di numerose frontiere mentre altrettanti Paesi hanno sconsigliato ai propri cittadini di viaggiare all’estero oppure hanno istituito veri e propri divieti d’ingresso per chi proviene dalle nazioni più colpite dal coronavirus.

Rischio crollo

Le prospettive di Reykjavik non appaiono particolarmente confortanti: il settore turistico, che già nel 2016 valeva il 10 per cento del Pil, è in costante espansione ed il numero di visitatori stranieri è cresciuto enormemente negli ultimi anni fino a superare i due milioni di turisti per anno solare a partire dal 2017. La bellezza dei panorami islandesi e l’alto livello di sicurezza della nazione hanno contribuito a questa crescita esponenziale, che è ancora più clamorosa se si pensa all’esiguità della popolazione del Paese.  Il Covid-19, però, potrebbe essere quella tempesta perfetta in grado di rovinare un quadro così armonioso.

I primi effetti della pandemia si sono già fatti sentire: la compagnia di bandiera Icelandair è stata costretta a licenziare 240 impiegati ed a tagliare l’orario di lavoro del 92 per cento dei dipendenti. I dipendenti full time subiranno un taglio della retribuzione pari al 20 per cento del salario pre-crisi mentre per i dirigenti la sforbiciata dovrebbe ammontare al 25-30% dello stipendio. L’adozione di queste misure drastiche è più comprensibile se si pensa che la compagnia ha mantenuto appena il 14% dei voli programmati, che la maggior parte della sua flotta è a terra e che la quasi totalità delle sue rotte sono di fatto scomparse. Il futuro del settore turistico è dunque gravemente minacciato

Un futuro incerto

Il governo islandese ha varato un pacchetto di misure economiche, dal valore di circa un miliardo e mezzo di euro, volto a mitigare gli effetti della crisi causata dal Covid-19. Il provvedimento consente alle aziende di ritardare il pagamento delle imposte al 2021 mentre il settore alberghiero avrà un’esenzione totale per quanto riguarda il 2020, le banche sono invece incoraggiate a fornire prestiti a quelle aziende che ne hanno bisogno. Tra le misure spicca anche un piano di investimenti nel settore dell’edilizia pubblica ed in quello delle infrastrutture mentre l’esecutivo supporterà economicamente quei lavoratori costretti a ricorrere al part-time per evitare di perdere il proprio lavoro. Il pacchetto di provvedimenti è particolarmente ambizioso ma la sua efficacia è anche legata alla durata della crisi economica causata dal Covid-19: tanto maggiore sarà l’impatto sul settore turistico tanto più si dovrà intervenire.

Un compito difficile per l’esecutivo della premier Katrin Jakobsdottir, del progressista Movimento Rosso-Verde, che governa con i conservatori del Partito dell’Indipendenza e con i liberali del Partito del Progresso. Il futuro di Reykjavik passa anche dalla tenuta di questa coalizione di governo e dalla capacità della popolazione e della classe politica di adottare soluzioni ingegnose contro il virus. Nella speranza che, una volta passata la tempesta, gli aerei e le navi tornino a far rotta su Reykjavik.