Il governo di Addis Adeba ha completato unilateralmente il riempimento della grande diga sul Nilo, scatenando le ire egiziane. Mohammad bin Salman torna dal vertice G20 con grandi progetti indiani. La Casa Bianca rivede la tradizione e persevera nel non invitare il premier israeliano a colloquio. La Commissione Europea chiarisce e allarga il raggio delle sanzioni ai cittadini russi, e Washington si prepara a inviare nuove armi a lungo raggio per accelerare la controffensiva di Kiev. Ecco le cinque notizie del giorno.
L’Etiopia procede da sola al riempimento della diga Gerd
Il primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, ha annunciato il completamento del quarto e ultimo riempimento della diga Grand Renaissance (Gerd) posizionata sul Nilo Azzurro. L’iniziativa ha presto incontrato la protesta del governo egiziano: “le azioni unilaterali dell’Etiopia ignorano i diritti e gli interessi dei Paesi a valle e la loro sicurezza idrica, che è garantita dalla legge internazionale” ha dichiarato il ministro degli Affari esteri egiziano in una nota. Il Cairo ha precisato che in base alla Dichiarazione di Principi del 2015, Etiopia, Egitto e Sudan devono concordare sulle regole per il riempimento e il funzionamento della diga prima di avviare qualsiasi processo di riempimento. Proprio lo scorso mese i tre Paesi hanno rilanciato i negoziati per il progetto Gerd sul Nilo Azzurro, (principale affluente del Nilo) dopo un’intesa raggiunta al Cairo dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il primo ministro etiope nel corso di un summit tra i Paesi limitrofi del Sudan. “Le trattative riprese recentemente per formulare un accordo entro i prossimi quattro mesi sono state compromesse dall’approccio di Addis Adeba”. Da anni i tre Paesi sono impantanati in un contenzioso sul progetto Gerd: l’Egitto lo percepisce come un rischio esistenziale alle acque del fiume Nilo che arrivano nel suo territorio e pretende che l’Etiopia sia vincolata da un accordo sul riempimento e la gestione degli impianti. Dall’altra parte, per Addis Adeba la diga è cruciale per il proprio sviluppo e nega di aver procurato alcun danno alla parte di acque di Egitto e Sudan.
Il principe saudita in India fa incetta di accordi
La visita del principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman a Nuova Delhi per il G20 si è rivelata molto fruttuosa, come previsto. Nel corso del primo Consiglio di partnership strategica India-Arabia Saudita, copresieduto dal primo ministro indiano Narendra Modi e dal principe saudita, i due Paesi hanno firmato 50 intese in diversi ambiti e hanno concordato la formazione di una task force congiunta del valore di cento miliardi di dollari in investimenti sauditi in India, già annunciato da MbS nel 2019. Il ministro degli Investimenti indiano ha svelato che l’Arabia Saudita potrebbe aprire un ufficio del suo fondo sovrano all’interno della Gift City, il quartiere di Gujarat che ospita il maggior centro finanziario e tecnologico dell’India, che fornisce servizi finanziari esenti da imposte come i centri finanziari di Dubai e Hong Kong. Il giorno prima, a margine del vertice del G20, MbS firmava un memorandum d’intesa tra India, Medio Oriente ed Europa per la costruzione di un nuovo corridoio economico che “mira a raggiungere gli interessi comuni dei paesi coinvolti, rafforzando l’interdipendenza economica“. Il progetto di corridoio economico includerà gasdotti per l’elettricità e l’idrogeno oltre che ferrovie e porti per aumentare lo scambio di beni e servizi.
Netanyahu negli Stati Uniti, ma non alla Casa Bianca
Per tutta la settimana il premier israeliano Benjamin Netanyahu viaggerà negli Stati Uniti per una serie di incontri nella Silicon Valley (tra cui uno con Elon Musk) per partecipare infine all’Assemblea Generale dell’Onu a New York. Ma nessun invito ufficiale alla Casa Bianca è arrivato finora, nonostante le aspettative e le pressioni israeliane. Per tradizione, l’inquilino della Casa Bianca viene invitato poco dopo l’insediamento, ma Netanyahu guida il governo israeliano da ben nove mesi e non è ancora volato a Washington. Lo scorso marzo il presidente Joe Biden aveva dichiarato esplicitamente che non avrebbe invitato il leader del Likud “entro breve” poiché era molto preoccupato per la democrazia israeliana a causa del piano di riforma giudiziaria proposto dalla coalizione di estrema destra in carica da dicembre. La presidenza ha più volte criticato esplicitamente le dichiarazioni e le politiche dei membri dei membri oltranzisti del governo Netanyahu. È probabile che i leader dei due Paesi si incontreranno direttamente a New York.
La Commissione aggiorna le sanzioni per i cittadini russi
I cittadini russi non possono più entrare in Europa con le loro automobili: se lo faranno, i loro veicoli verranno confiscati dallo Stato membro. È quanto chiarito dalla Commissione Europea in un documento pubblicato oggi – “Domande frequenti sull’importazione, l’acquisto e il trasferimento dei beni originari della Russia o esportati dalla Russia” – che contiene la risposta negativa alla domanda “è possibile per un cittadino russo portare temporaneamente nell’Unione Europea i propri beni personali e veicoli sottoposti al regime sanzionatorio imposto su Mosca?”. In base al documento, non importa che i veicoli siano usati per motivi privati o commerciali, la restrizione si applica a tutte le auto con targa russa, che non potranno rimanere nel territorio dell’Unione nemmeno un giorno. L’aggiornamento sembra spingersi oltre il divieto per i russi di portare auto di lusso nell’Unione, passato con l’undicesimo pacchetto di sanzioni, e arriva a colpire tutti i beni personali importati in Europa, compresi computer o smartphone. Il documento prevede comunque deroghe ai beni di proprietà di cittadini Ue e delle loro famiglie.
Non solo Atacms: le armi a lungo raggio che Washington invierà in Ucraina
Il presidente Joe Biden sta decidendo sull’invio a Kiev di missili a lungo raggio – decisione che potenzialmente potrebbe inaugurare una nuova fase di aiuti militari all’Ucraina ad un anno e mezzo dall’inizio del conflitto. A lungo Washington ha indugiato sulla richiesta ucraina di Atacms, missili balistici tattici con un raggio di 300 chilometri, poiché calcolava il rischio che possano essere impiegati per attacchi entro il territorio russo. Un uso simile infatti rischierebbe di inasprire ulteriormente il conflitto, ma da quando la controffensiva ucraina ha cominciato a riguadagnare terreno, la Casa Bianca ha ripreso in considerazione la richiesta. Lo stesso hanno fatto Gran Bretagna e Francia, che hanno già inviato i loro missili a lungo raggio a Kiev. Ora, oltre agli Atacms, Kiev sta discutendo l’invio di “altre armi a lungo raggio”, ha scritto su Telegram il capo dell’Ufficio presidenziale ucraino Andry Yermak. “Con le nuove armi, l’Ucraina sarà in grado di mettere fuori gioco la logistica del nemico in modo efficace, e questo accelererà la nostra vittoria”, ha affermato Yermak.