Bruno Le Maire è stato uno degli assoluti protagonisti di questa fase di crisi dell’Europa legata all’emergenza coronavirus e ai conseguenti problemi economici. Il ministro dell’Economia di Emmanuel Macron ha giocato su ogni tavolo, rilanciando gli Eurobond a fianco dell’Italia ma cercando al tempo stesso un compromesso con la Germania di Angela Merkel per fugare il rischio di veder presentato alle trattative un Mes ricco di condizionalità severe.

Il 51enne Le Maire, dopo l’ultima riunione dell’Eurogruppo che ha dato via libera a un Mes con nulle o ridotte condizionalità ancora tutto da costruire è tornato a pungere i falchi del Nord, Olanda innanzitutto, sulle diverse interpretazioni dell’utilizzo del fondo salva-Stati. Intervistato da La Stampa il ministro ha rilanciato sul fatto che le condizionalità siano state di fatto rimosse per le spese sanitarie ‘dirette e indirette” fornendo la sua personale interpretazione: “Significa che se un Paese è stato costretto a imporre un lockdown, a chiudere alcuni negozi o aziende, deve considerare quei costi come costi sanitari indiretti. I costi legati alla decisione di chiudere parte dei settori economici devono far parte del perimetro di questa linea di credito. Io non ci vedo alcuna ambiguità”.

L’interpretazione di Le Maire si basa sul buon senso. Nella sua chiave di lettura il Mes sarebbe disponibile come una forma di assicurazione sul brevissimo periodo in attesa del Recovery Fund sul lungo termine. Una garanzia da non attivare se non come extrema ratio incluso in una banda d’oscillazione larga. Forse la proposta istituzionale più vicina alla richiesta di “svuotare” delle dotazioni economiche il Mes provenuta da diverse parti politiche ed economiche europee.

Ma il buon senso non è di casa, su questi temi, tra i falchi del rigore. Difficilmente l’Olanda e, su certi punti di vista, anche la Germania potrebbero approvare un’interpretazione così larga e tutt’altro che rigorosa. Specie considerato il fatto che per Le Maire l’obiettivo di fondo sono gli Eurobond e la mutualizzazione del debito: “Bisogna essere pronti al compromesso e ognuno deve fare un passo nella direzione dell’altro. Ma il punto chiave è creare debito comune per futuri investimenti. E la soluzione migliore è attraverso un’emissione comune di debito”. Una chiave di lettura potenzialmente inconciliabile con chi vede il Mes con ridotte condizionalità per determinati settori il non plus ultra su cui posizionarsi per bloccare future concessioni.

Le Maire è ben conscio della natura competitiva dell’agone economico europeo nel contesto della crisi da coronavirus. Non a caso la Francia si sta tutelando per proteggere i campioni nazionali, evitare che i suoi assetti controllati oltre i confini nazionali (ad esempio nel debito italiano) vadano dispersi e ampliare la sfera d’influenza di Parigi. Le Maire e Macron faranno valere la loro visione di fronte a Olanda e Germania nel prossimo Consiglio Europeo, anche se la loro interpretazione difficilmente porterà a una svolta perchè presuppone un cambio di paradigma sul Mes a cui i falchi del rigore difficilmente cederanno. A differenza di Roma, però, Parigi ha delle linee guida su cui puntare e su cui eventualmente mediare. L’Italia, molto probabilmente, dovrà accodarsi alla posizione francese come “meno peggio” ma non dispone di una piattaforma negoziale analoga e di una base di politiche interne altrettanto ampia. Saranno, ora come in passato, altri a decidere per noi.

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