Incertezza sull’entità del rilancio post-Covid dell’economia globale, dubbi sull’evoluzione del rendimento dei titoli di Stato Usa e, conseguentemente, dell’inflazione e incertezze sul cambio tra il dollaro e le altre monete del pianeta. Secondo l’economista Alessandro Penati sono questi tre i campi principali in cui si giocheranno, in futuro, le prospettive della ripresa nel 2021, anno in cui la pandemia potrebbe convivere a lungo con i trend macroeconomici e commerciali dei principali Paesi e rappresentare un fattore di importante condizionamento.

Ripresa e incertezza: su questo dualismo, avevamo detto, si sarebbe giocato il futuro dell’economia nel 2021, e per quei Paesi come l’Italia che hanno sofferto di più gli effetti della recessione da Covid e puntano a poter tornare in tempi brevi a un regime di ordinaria amministrazione il binomio porta con sè nubi nere, dato che alle problematiche interne strutturali (trend demografici negativi, bassa produttività, disuguaglianze, divergenze di sviluppo tra i territori) e contingenti (nuove normative bancarie europee, fine del blocco dei licenziamenti e dei prestiti garantiti, stagnazione dei consumi) il 2021 aggiungerà questi macrotrend analizzati da Penati in un editoriale sul quotidiano Domani che sfuggono al controllo del sistema-Paese.

Il mondo dell’economia è sempre più inquieto. In primo luogo perchè le previsioni lasciavano presagire un 2021 segnato da un “rimbalzo” la cui entità è tuttavia ancora da dimostrare per diversi Paesi. Certo, complici le politiche iper-espansive delle banche centrali la “mina” per eccellenza che gravava sul sistema finanziario globale, il rischio di un fallimento del sistema dell’Eurozona per il default di un Paese membro, è per ora disinnescata, ma è l’economia reale, assieme alla preoccupante tendenza alla de-stabilizzazione degli elevati livelli di debito privato in diversi Paesi, ad allarmare maggiormente. Se l’industria, i commerci, i servizi non vanno nessuna ripresa sarà possibile. E il potere frenante di diversi fattori di problematicità strutturali si farà sentire sempre di più a seconda di quanto durerà lo stato di emergenza da Covid-19.

Vi sono poi i trend legati agli Stati Uniti, nazione che da un lato sta trainando la nascita di un’impressionante, e in certi sensi rischiosa, bolla finanziaria legata principalmente al decollo borsistico dei titoli tecnologici e dall’altro vede una forte instabilità sul fronte dei fondamentali e dell’economia reale. Secondo Penati, la forte crescita degli utili societari negli Usa legati alla bolla finanziaria unitamente ai piani di stimolo espansionistici promossi dall’amministrazione Biden potranno creare una pressione notevole sull’inflazione degli Usa e, a cascata, del resto del mondo. Su questo punto di vista, l’Europa, assieme al Giappone, dovrebbe essere più al riparo nel breve periodo dato la difficile eradicazione delle pulsioni deflazionistiche.

Più problematica la questione dollaro, unitamente alla quale il tema dell’inflazione Usa va letta. “Tassi reali bassi, politica monetaria che rimane espansiva, enormi deficit fiscali e dei conti con l’estero, sono tutti elementi che concorrono a un ulteriore indebolimento del dollaro, che da inizio 2020 si è già deprezzato nei confronti di tutte le valute: oltre 9 per cento contro l’euro; 6 con lo yen; 6,5 con il renminbi”. L’euro ha dunque conosciuto un processo di rafforzamento relativo su ogni divisa, mentre il dollaro, valuta di riserva degli scambi internazionali più utilizzata, perde gradualmente valore. Questo indebolisce le prospettive dell’export del Vecchio Continente e della sua appetibilità su scala globale, in assenza di scelte politiche che sappiano rafforzare la moneta unica come valuta di riserva alternativa al biglietto verde. L’Italia, la cui economia di trasformazione dipende fortemente dai commerci internazionali, rischia una perdita di quote di mercato sensibile, complice tra le altre cose le incertezze sulla ripresa del Nord motore produttivo del Paese.

Nel mondo complesso e interconnesso colpito dalla pandemia, l’economia rischia dunque diverse minacce su scala globale che vanno tenute da conto come determinati di certi equilibri assieme alle misure e ai fattori di impatto locale. In questo contesto, il quadro delineato lascia prospettare uno scenario in cui l’Unione Europea arrancherà in quanto a tasso di “rimbalzo” rispetto ai motori dell’economia globale. Deflazione, incertezze sul futuro della pandemia, rafforzamento dell’euro pesano come macigni. E l’Italia, fanalino di coda Ue per risultati economici nel 2020, deve aspettarsi un altro anno sull’ottovolante.

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