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Giuseppe Conte festeggia su Twitter la proposta di Ursula con der Leyen sul Recovery Fund. All’Italia andrà la fetta di torta più grande fra tutti gli Stati europei: 80 miliardi di euro di sussidi e 90 miliardi di prestiti. Il piano messo sul tavolo da Bruxelles, con 500 miliardi a fondo perduto e altri 250 di prestiti, a detta del premier sarebbe una “cifra adeguata”.

“Ottimo segnale da Bruxelles, va esattamente nella direzione indicata dall’Italia. Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo creduto dall’inizio. 500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato per liberare le risorse presto. Che le capitali europee lo assecondino”, si legge nel cinguettio di Conte.

Il problema, come non manca di sottolineare l’Huffpost, è rappresentato da due incognite grandi come case. La prima riguarda la tempistica. La seconda, invece, è collegata alla difesa della posizione raggiunta dall’inevitabile contrattacco portato avanti dai cosiddetti Paesi “frugali”, cioè Olanda, Danimarca, Austria e altri governi dell’est Europa. La loro posizione è chiara: guai a concedere prestiti a fondo perduto a nazioni i cui bilanci sono a dir poco ballerini. Al momento i rigoristi non hanno ancora scatenato la loro rivolta, anche se le nuvole nere all’orizzonte non promettono certo giornate di sole.

Tempi troppo lunghi

A proposito della tempistica, i giorni passano e non vi è alcuna certezza che lo strumento messo a punto dall’Ue sia pronto in tempi brevi. L’obiettivo di Roma è quello di raggiungere un’intesa prima dell’estate ma i punti interrogativi sono tanti. Le due incognite sopra citate, per certi versi, sono tra loro collegate.

Già, perché l’attuale Recovery Fund, sottolinea ancora l’Huffpost, sembra tagliato appositamente per Italia e Spagna, i due Paesi più colpiti dalla pandemia, nonché i due che riceveranno maggiori denari dal fondo. Facile immaginarsi una reazione dei frugali. Non solo: la crisi si fa sempre più stringente ma la disponibilità dei soldi arriverà solo a gennaio. Nel frattempo la necessità di avere risorse fresche per ricostruire le economie distrutte dal Covid è sempre più impellente.

L’obiettivo della Commissione europea, dunque, è quello di trovare un accordo tra i 27 membri dell’Ue prima della fine del semestre di presidenza tedesco, il cui inizio è previsto per luglio e la fine per dicembre. Il governo giallorosso sperava in un accordo a giugno ma le trattative non saranno certo una passeggiata.

La (possibile) reazione dei “frugali”

Per quanto riguarda i Paesi frugali, bisogna capire quale sarà la loro strategia. L’austriaco Sebastian Kurz e l’olandese Mark Rutte, per ora, restano in silenzio. Rutte ha persino twittato di aver avuto un buon colloquio con Conte: “Ho parlato con il primo ministro Giuseppe Conte ieri pomeriggio circa la ripresa e i piani di riforma italiani dopo la devastante epidemia del Covid19. Per un’Unione forte abbiamo bisogno di Stati membri forti. Accolgo pertanto con favore il gesto che ispira fiducia del primo ministro Conte”.

Sono troppe le discrepanze tra i frugali e l’altro blocco, a cominciare dalle garanzie ben precise richieste dal blocco rigorista su come verranno spesi i soldi, soprattutto quelli inerenti ai sussidi a fondo perduto. Von der Leyen ha provato a mediare: “I frugali chiedono un bilancio moderno e il 60% di questa proposta va verso politiche nuove, chiedono anticipi e li abbiamo, chiedono di legare le sovvenzioni alle riforme del Semestre Ue, e lo abbiamo previsto, e chiedono che non porti a una mutualizzazione del debito. E così sarà, perché il meccanismo, che usa garanzie degli Stati, è legato al bilancio Ue e alla sua ripartizione, che ha regole chiare”. Il negoziato, intanto, resta in salita. E le due incognite diventano sempre più grandi.





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