Il Tesoro italiano si trova in una situazione di relativa stabilità, al netto delle problematiche legate alla pandemia di coronavirus. Come riportano i dati della Banca d’Italia, infatti, al 31 agosto la liquidità controllata direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze o portata in circolo nel sistema per azioni a breve o brevissimo termine ha sfondato la soglia dei 100 miliardi di euro, come accaduto solo in cinque mensilità dal 2010 ad oggi (ultima volta nel 2016).
Nonostante la pandemia, nonostante la crescita dell’incertezza economica e gli interventi in deficit resi necessari per tamponare la crescente emergenza economica il Mef ha riportato una disponibilità di risorse crescente, in particolar modo avvantaggiandosi degli incassi legati all’aumento della sottoscrizione di Btp nelle aste primaverili ed estive. Aste che hanno lasciato dietro di sè domande non soddisfatte da parte degli investitori per un valore di oltre 190 miliardi di euro ma, al contempo, dimostrato la fiducia che Roma continua a suscitare verso gli investitori. I Btp tradizionali, valorizzati dal loro elevato rendimento, sono stati affiancati dal nuovo Btp Italia, e c’è da chiedersi perchè Roberto Gualtieri e il Tesoro non abbiano osato di più di fronte all’elevata richiesta del mercato.
Da marzo a oggi la liquidità a disposizione del Tesoro è triplicata, da circa 30 a oltre 100 miliardi di euro: tutto questo nonostante le misure messe in campo contro la crisi, la disoccupazione, il rischio di fallimenti a catena tra le imprese. I dati sulla liquidità non segnalano solo come il Paese risulti, comunque, osservato speciale in chiave positiva per la ripresa economica nel contesto europeo ma anche, purtroppo, tutti i problemi e le inefficenze dell’azione anticrisi dell’esecutivo giallorosso, punto di arrivo di un anno caratterizzato da politiche economiche fallimentari. In particolare, i tre interventi (decreto Cura Italia, Rilancio e Agosto) per complessivi 100 miliardi di maggior deficit hanno visto le loro misure perdersi in mille rivoli, in micro-interventi e in macchinose manovre senza coordinamento strategico.
Giuseppe Conte ha promesso una “potenza di fuoco” da oltre 400 miliardi di euro di garanzie alla liquidità, ma già ad aprile Paolo Angelini, capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, riteneva plausibile che sulle garanzie alle imprese l’azione del governo potesse al massimo arrivare a mobilitare 25 miliardi di euro entro l’estate. I fatti gli hanno dato ragione: dall’attivazione del Decreto Liquidità in avanti, l’Italia ha messo in campo 28 miliardi di euro aggiuntivi per i prestiti, una cifra estremamente inferiore a quella del resto dei big europei.
E nel frattempo per molti contribuenti scadenze fiscali, saldi e conti non sono stati nè redenti nè prorogati in maniera sufficiente. Gualtieri, a luglio, ha parlato di “tensioni di cassa” cioè del rischio di una crisi di liquidità in imminente arrivo per il Paese in caso di nuovo deficit autunnale, ma i dati concreti lo hanno profondamente smentito. L’affermazione da dubbia si può qualificare come menzognera guardando i dati dell’istituzione da lui presieduta e il trend su più mesi di sviluppo. Da marzo il Tesoro si è distinto negativamente nei confronti internazionali relativi al livello delle emissioni lorde e nette di titoli, senza agire in maniera abbastanza energica sull’extra-deficit, e al danno ha unito la beffa dimostrandosi incapace di programmare efficacemente investimenti, sviluppo, piani anti-crisi. Siamo con le casse piene quando meno ce ne sarebbe bisogno, arrivando al paradossale scenario di un governo che ha aumentato l’esposizione debitoria meno del necessario ma senza utilizzare gli incassi delle sue emissioni. Tra dilettantismi e superficialità, la risposta alla crisi dei giallorossi conosce un flop dopo l’altro. E a pagare è tutto il Paese.