Dopo la decisione del presidente francese Emmanuel Macron di abbandonare il franco Cfa ed aderire al nuovo sistema monetario dell’Eco, adesso si sono paventati i primi grandi interrogativi del passaggio alla nuova forma valutaria. In particolar modo, la decisione di abbandonare la valuta coloniale della Banca di Francia per la nuova moneta mantenendo però la convertibilità garantita dall’ente pubblico francese (con il tasso di cambio legato all’euro) non ha soddisfatto i Paesi anglofoni aderenti alla Comunità economica dell’Africa occidentale (Ecowas) La questione è dunque destinata ad essere dibattuta a lungo e può essere un primo ostacolo per la creazione effettiva di un sistema internazionale simile all’Eurozona che garantirebbe libero scambio, libera circolazione e stesso linguaggio monetario tra i Paesi dell’Africa occidentale.

L’aggancio all’euro e la sensazione di ingerenze francesi

La questione sollevata dai Paesi anglofoni aderenti all’Ecowas – col Gambia in prima linea nella sollevazione della problematica – risiede nel vantaggio commerciale che Parigi si sarebbe così garantita all’interno del nuovo sistema monetario africano. Benché infatti la Francia non detenga più le riserve auree delle ex-colonie nelle casse della Banca di Francia, avrebbe garantito comunque la parità di cambio nell’acquisto della moneta che di fatto resterebbe agganciata all’Euro. In questo modo, Parigi continuerebbe ad investire in una situazione di vantaggio rispetto, per esempio, al Regno Unito, che si vedrebbe soggetto alle oscillazioni dei tassi di cambio. Mentre ciò non è stato considerato un problema dalle ex colonie francesi, anche a causa dei differenti legami economici la mossa è stata interpretata come ostile dai Paesi che attualmente non utilizzano il franco Cfa.

In sostanza, il modo in cui è stata strutturata la nuova valuta unica africana è stata interpretata come una brutta copia dell’attuale sistema monetario in vigore nelle nove ex-colonie francesi, con un distacco dal suo passato legato puramente al nome della banconota. Nonostante la Francia non nomini più un proprio rappresentante alla guida della gestione monetaria africana, le possibilità per Parigi di ottenere un canale preferenziale negli investimenti sul territorio è ancora troppo marcata; e tanto basta per mettere in crisi l’accordo internazionale tra i Paesi dell’Africa occidentale.

Una scelta legata alla credibilità internazionale

Uno dei particolari che ha reso storicamente difficile la gestione della moneta nei Paesi africani è legato alle difficoltà dei Paesi africani nel godere dell’adeguata credibilità internazionale. Una gestione centrale che troppo spesso è stata costretta a battere moneta per far fronte alle spese e ripagare i debiti ha minato le possibilità di stabilizzare i cambi, impoverendo ulteriormente la popolazione dei Paesi, come nei casi di Zimbabwe e Guinea-Conakry.

Le volontà di tenere la valuta agganciata all’Euro è funzionale ad evitare che i Paesi piombino in una crisi valutaria che affosserebbe le possibilità di crescita dei Paesi. Tuttavia, al tempo stesso permetterebbe una minore elasticità nel controllo dei flussi monetari, con l’aumento delle problematiche nei casi di sovra-indebitamento. Inoltre, scoraggerebbe gli investimenti a causa del suo implicito basso tasso di inflazione; rallentando quello che potrebbe essere lo sviluppo industriale dell’Africa occidentale. Tuttavia, sarebbe congeniale ad evitare sbalzi valutari che da un giorno all’altro potrebbero dimezzare il valore della nascente industria Ecowas.

Un problema che in Europa si è già vissuto

In realtà, a ben guardare, la situazione non appare così differente dagli anni ’90 europei, quando ebbe inizio il percorso verso la valuta unica. Anche in quel caso i discorsi legati all’inflazione stabilizzata (che tendesse al 1,5% annuo massimo) ed al rischio di contrazione delle produzioni teneva banco, dividendo i Paesi europei che in seguito avrebbero adottato l’Euro. La differenza è legata al fatto che l’Eco, a differenza della valuta europea, non sarebbe libera di fluttuare ma rimarrebbe agganciata ad un indice di riferimento: sebbene tuttavia lo stesso Euro avesse avuto almeno nel momento della sua discussione una sorta di allusione allo Sme.

Il percorso analogo seguito dall’Europa dovrebbe quindi aiutare i Paesi africani a risolvere la questione, delineando un piano che possa permettere di limitare gli errori, senza dover intervenire in un secondo momento a stabilizzare eventuali malfunzionamenti. Tuttavia, le differenze nella visione della valuta tra i Paesi del blocco anglofono e quelli del blocco francofono evidenziano ancora una volta come ad interessi differenti corrisponde una diversa interpretazione della politica monetaria.