Con la scoperta dei giacimenti di gas di Afrodite, Tamar, Leviatano, Zohr e Noor nelle profondità del Mediterraneo orientale l’importanza strategica di quest’area torna a crescere considerevolmente. A poca distanza l’uno dall’altro l’Italia ha preso parte a due incontri fondamentali per il futuro della regione: l’EastMed Gas Forum, tenuto a gennaio al Cairo, e il primo vertice tra Ue e Lega araba, concluso il 25 febbraio a Sharm el Sheikh, non a caso sempre all’interno dei confini egiziani.

Al di là delle consuete dichiarazioni di circostanza il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si è spinto ad affermare: “Abbiamo ripassato lo stato della cooperazione anche in campo economico. Tenete conto che in Italia, e direi nell’intera Unione europea, è importante il problema della sicurezza e della diversificazione. Da questo punto di vista, sicuramente Egitto, Cipro, Grecia e Israele, con il coinvolgimento dell’Italia, offrono anche un importante contributo per quanto riguarda la sicurezza e la diversificazione in campo energetico e in particolar modo del gas”.

La geografia è il fattore principale per riuscire a comprendere le prospettive di un mercato, quello dell’energia, che sta vivendo un periodo di grande cambiamento che l’Italia potrebbe riuscire a sfruttare con risultati molto positivi. Ci troviamo al centro del mercato energetico del gas naturale, che secondo le stime dell’International Energy Agency  entro il 2040 diventerà la seconda fonte energetica per consumo mondiale. In questa cornice l’Ue nel 2015 ha indicato la costruzione del gasdotto EastMed come Project of Common Interest.

L’Egitto scommette che la sua posizione strategica a cavallo del Canale di Suez, ponte di terra tra l’Asia e l’Africa, e le sue infrastrutture ben sviluppate, tra cui una vasta rete di condotte e due impianti di liquefazione del gas, contribuiranno a trasformarlo in un centro energetico di distribuzione per i paesi della regione e non solo. La scoperta dei giacimenti di Zohr e Noor a largo delle coste egiziane grazie alle doti esplorative di Eni e altre scoperte minori nelle acque cipriote e israeliane stanno proiettando l’Egitto verso il ruolo di esportatore di gas naturale. In questo contesto l’Italia deve cercare di diversificare le proprie fonti energetiche perché diversi analisti avvertono che Algeria e Libia, nei prossimi anni, aumenteranno considerevolmente il consumo interno di energia riducendo di conseguenza la loro capacità di esportazione.

Inoltre nei giorni scorsi come riportato su Agenzia Nova  “la compagnia petrolifera qatariota Qatar Petroleum ha annunciato insieme alla statunitense ExxonMobil di aver scoperto un altro grande giacimento di gas nel giacimento Glaucus-1, nel blocco 10 della Zee cipriota, con riserve stimate tra i 5 e gli 8 mila miliardi di metri cubi di gas”. L’area di 2.572 chilometri quadrati  è gestita da ExxonMobil, con una quota del 60 per cento, e da Qatar Petroleum, con una quota del 40 per cento.

Una maggiore presenza di Exxon nelle Zee cipriota può essere positiva per due motivi:

  1. Per dissuadere la Turchia da azioni di disturbo nelle acque cipriote, considerando anche che, recentemente, il ministro degli esteri turco ha annunciato l’intenzione di iniziare attività di perforazione nelle prossimità di Cipro senza nessun tipo di accordo. Dopo l’incidente con la Saipem, noleggiata da Eni, Washington ha spedito la sesta flotta Usa, nel Mediterraneo orientale, per ricordare ad Ankara come gli Stati Uniti abbiano intenzione di tutelare i loro interessi nell’area.
  2. Le scoperte della Exxon, se dovessero rivelarsi maggiori di quelle attuali in termine quantitativo, potrebbero tornare utili al progetto EastMed e quindi inserirsi nella scia della volontà di diversificare le fonti di approvvigionamento per l’Europa, la cui dipendenza dal gas russo non è notoriamente gradita alla Casa Bianca.
    L’Italia può giocare un ruolo da protagonista nella partita energetica che vede impegnati e impegnerà tutti gli attori internazionali, vicini e distanti, nei prossimi decenni. Come già detto su questa testata , “per la strategia energetica italiana, la costituzione dell’hub gasiero del Mediterraneo appare un obiettivo prioritario, congeniale al complessivo interesse nazionale e, soprattutto, potenziale fonte di un maggior potere contrattuale di fronte a fornitori di materie prime ed alleati politici”.

Nella relazione per la politica dell’informazione per la sicurezza viene rimarcato quanto anche gli apparati di sicurezza dello Stato tengano in alta considerazione il dossier energetico: “Sul fronte internazionale, l’azione dei nostri sistemi informatici è rimasta, anche nell’ultimo anno, concentrata sull’area del Mediterraneo allargato e del Vicino Oriente, a causa delle crisi e delle turbolenze interne che ancora caratterizzano la regione, con impatto sulla nostra sicurezza e sui nostri interessi, ma anche perché in quelle crisi si fa un confronto tra attori al di fuori del quadrante i cui risultati sono destinati a pesare sugli equilibri geostrategici”.

E, ancora: “Con riferimento ai progetti infrastrutturali in grado di portare sul mercato nuovi fornitori, l’attenzione dell’intelligence si è appuntata sul cd. Corridoio meridionale – che dall’Azerbaigian arriverà fino alle coste pugliesi – e sui possibili sviluppi del Bacino del Levante, ove l’attività di prospezione ha individuato riserve significative non solo per le economie della regione, ma, potenzialmente, anche per le piazze europee”.

Infografica di Alberto Bellotto

Oltre l’aspetto energetico, allargando l’obiettivo, riuscire a stabilizzare il proprio ruolo in una macro-regione al centro di interessi internazionali, per il nostro Paese, sarebbe ampiamente consigliato.  Il continente africano è sempre più in subbuglio e l’instabilità che si riversa in Nord Africa mette sotto pressione lo Stivale.

La parola chiave è: investimenti. Ue e Stati Uniti hanno lanciato, in maniera indipendente, il loro “Piano Marshall” per l’Africa. Già questo settembre il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker  aveva delineato i primi passi che l’Ue avrebbe dovuto seguire in Africa, spiegando che uno dei principali obiettivi, oltre al supporto per la crescita, sia quello di controbilanciare la presenza cinese nel Continente nero: l’Ue propone un prestito pari a circa 45miliardi di dollari da spalmare in sette anni e che idealmente dovrebbe partire dal 2021.

Contemporaneamente al prestito europeo l’Ue si impegna a:

  • favorire la formazione di una classe media attraverso il sostegno a imprenditori e business;
  • garantire agli africani il diritto allo studio anche attraverso partnership con università europee;
  • creare 10 milioni di posti di lavoro nel Continente entro cinque anni. Senza contare il progetto di un’area di libero scambio tra Ue e Africa che sta procedendo di pari passo alle altre iniziative europee nell’area.

Anche il consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa, John Bolton, nel suo discorso pronunciato all’Heritage Foundation,ha parlato di una “nuova strategia per l’Africa” per controbilanciare l’influenza cinese e per concentrare in maniera più intelligente e utile gli investimenti in un continente in cui, solo nel 2017, solo gli aiuti americani hanno toccato gli 8,7 miliardi di dollari, mentre gli investimenti hanno raggiunto l’importante cifra di 50 miliardi di dollari.”

Il corridoio energetico che potrebbe (il condizionale è d’obbligo considerando i molti ostacoli della costruzione di un gasdotto da 1900 chilometri) collegare le risorse del Mediterraneo orientale a Italia e quindi Ue rappresenta una scommessa importante per un Paese che, in quell’area, ha molti interessi. Ciò che serve, e che spesso manca alla politica, è una visione di lungo termine.