In queste settimane un nuovo fronte di competizione potrebbe aprirsi tra l’Unione europea e i colossi tecnologici statunitensi. Bruxelles starebbe infatti iniziando a pensare a delle contromosse nei confronti della strategia di connettività informatica di SpaceX, l’azienda del magnate Usa Elon Musk, che sta costruendo la costellazione Starlink costituita da decine e decine di satelliti per distribuire Internet in ogni punto del mondo.
A dicembre il quotidiano francese Les Echos aveva dato notizia di un piano della Commissione von der Leyen da 6 miliardi di euro (7,3 miliardi di dollari per mettere in campo una strategia satellitare alternativa a Starlink, accelerare la connettività informatica del Vecchio Continente, la sicurezza delle comunicazioni private e istituzionali e il flusso dati che ne consegue dall’oligopolio dei potentati economici che si stanno lanciando nella creazione di hub internet satellitari, con Starlink e la telco anglo-indiana Oneweb in prima fila).
Una volta di più, il deus ex machina del rilancio di strategie europee contro i potentati tecnologici esterni all’Europa è il potente Commissario all’Industria, il francese Thierry Breton. L’ex supermanager gollista si è rivelato l’uomo giusto al momento giusto per il presidente Macron e per la sua volontà di proiettare su scala comunitaria, in sinergia con la Germania di Angela Merkel, i progetti di sovranità europea in ambito digitale e tecnologico che stanno avendo nel cloud di Gaia-X una prima strutturazione e ora potrebbero conoscere un salto di qualità ulteriore.
Parlando alla tredicesima conferenza europea dello spazio, recentemente, Breton ha fatto notare che “l’Europa non vuole cadere in braccio a questi monopoli di fatto e punta a mantenere la propria autonomia. Per questo il progetto di una rete satellitare per l’internet distribuito dallo spazio, già prevista a livello di studio, deve essere sviluppata al più presto, per non restare tagliati fuori” dalle nuove rotte della competizione globale per il controllo dei dati.
Dopo Copernicus, l’ambizioso programma di osservazione e monitoraggio della Terra, e Galileo, il sistema di posizionamento e navigazione satellitare alternativo al Navstar-Gps e fondato su una rete di 26 satelliti posti a circa 24mila km dalla Terra, l’Unione Europea potrebbe dunque dotarsi di una terza costellazione satellitare alle precedenti complementare. In tal senso risulta fondamentale il fatto che l’Unione Europea abbia creato una sua Agenzia per lo Spazio, da non confondere con l’Esa che è esterna ai trattati, per sviluppare programmi industriali e di ricerca volti a rendere i Paesi membri più competitivi in questo ambito. Secondo Il Sole 24 Ore, “il primo obiettivo di una tale rete satellitare, anche in ordine di tempo, è quello di portare la rete veramente dappertutto, eliminando le cosiddette zone morte, dare la possibilità al vecchio continente di diventare del tutto autonomo rispetto ad altre iniziative non europee dello stesso tipo”,
Per quei Paesi, come l’Italia, che su grandi programmi come Artemis e su diverse filiere della componentistica e della ricerca sono ben inserite sul fronte del dialogo con gli Usa il lancio della competizione al progetto di Elon Musk e a iniziative simili non deve essere considerato fonte di contraddizione.
Sullo spazio Roma deve essere capace di valorizzare, a seconda dei settori, il proprio posizionamento e in questo contesto la “dottrina Breton” di massima autonomia strategica per l’Europa e di tutela della concorrenza europea è sicuramente condivisibile perché non riguarda tanto le grandi dinamiche della space policy e della space economy quanto, in sostanza, questioni di grande attinenza ai progetti di autonomia europea nel vitale spazio dei dati di fronte alla prospettiva di una totale egemonia di attori extra-continentali. Senza entrare in contrasto con i progetti di valenza più strettamente militare, geopolitica e strategica, trattandosi formalmente della gara con un competitor privato, e garantendo dunque la possibilità all’Italia di valorizzare un piano che i partner-rivali alla guida dell’Europa, Francia e Germania, intendono monetizzare sotto forma di appalti e commesse per i propri campioni industriali e centri di ricerca.
Non a caso, Business Insider segnalava tra le aziende maggiormente interessate a partecipare alla costruzione della nuova potenziale costellazione le francesi Thales, Eutelsat, Arianespace, la lussemburghese Ses Sa, la tedesca Ohb e il colosso a guida franco-tedesca Airbus, ma solo un’azienda italiana, Telespazio, joint venture nel cui capitale sociale Leonardo pesa per due terzi avendo come socio, non a caso, la citata Thales. L’impegno in questo ambito va valorizzato, sperando che il governo italiano sappia portare la propria voce sulla definizione di questi progetti strategici futuristici e di frontiera. Musk intende lanciare una costellazione di 42mila piccoli satelliti, 830 dei quali sono già in orbita. Ebbene, l’Italia è una vera e propria eccellenza mondiale nella produzione di oggetti di questo tipo, una nicchia specialistica in cui capitali, competenze e risorse tecnologiche possono contribuire all’interesse nazionale italiano e all’autonomia europea. Società agili e attive come la Sitael, azienda del gruppo pugliese Angel specializzata nei nano-satelliti, e la comasca D-Orbit, che ha già destato l’interesse dei grandi del settore, non aspettano altro che una strategia che sappia metterle a sistema coi campioni nazionali in una filiera attiva e capace di innovare e produrre. Senza necessariamente dover lasciare il campo a Parigi e Berlino.