Non sono solo le politiche di utilizzo strategico del rublo e la corsa all’accumulazione di oro, nella situazione di guerra economica aperta con l’Occidente, a plasmare la strategia della Russia contro le sanzioni occidentali. Secondo molti esperti, anche le criptovalute e le valute digitali possono giocare un ruolo chiave. Non a caso Mosca è da tempo una delle capitali maggiormente attente al tema delle criptovalute e della gestione delle valute digitali da banca centrale (Central bank digital currencies, Cbdc).
Nei primi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina il New York Times ha del resto posto in essere l’idea che Mosca potesse “aggirare i punti di controllo da cui dipendono i governi occidentali” colpendo con le criptovalute le azioni economiche occidentali. E del resto, come riportato da Il Messaggero, nella giornata di ieri Massimo Doria, Capo servizio degli strumenti di pagamento di Banca d’Italia, ha sottolineato che “tra il 24 febbraio, giorno di inizio del conflitto, e il 28 febbraio, terzo pacchetto importante di sanzioni” Via Nazionale ha verificato “un aumento della frequenza di transazioni in cripto-attività, soprattutto in Bitcoin, concomitante con la forte svalutazione del rublo e con la difficoltà di convertire la divisa russa”.
In sostanza si sottolinea la possibilità che gli oligarchi russi, il governo di Mosca e le istituzioni finanziarie sanzionate possano utilizzare le criptovalute come viatico per effettuare pagamenti e operazioni doppiando i canali tradizionali. E che in questo campo si possano inserire apertamente, nelle maglie securitarie che si sono dilatate col tempo, operatori ambigui e criminali attivi nel riciclaggio internazionale. Non dimentichiamo che i fondi provenienti dalla Russia sono stati al centro di diversi scandali negli ultimi anni: in particolar modo nel 2018 Danske Bank è finito nella bufera per un caso di riciclaggio riguardante centinaia di miliardi di euro di fondi criminali, di oligarchi e società di discutibile affidabilità provenienti dai Paesi dell’ex Unione Sovietica, Russia in testa, e occultati attraverso la sua filiale estone tra il 2007 e il 2015. Negli ultimi anni, poi sono proliferati i siti di exchange di criptovalute minate e commerciate in Russia che nel giro di pochi mesi falliscono, chiudono o scompaiono, portandosi con sé i soldi conservati, come accaduto nel 2019 con il caso di Wex, fondata nel 2017 dagli imprenditori Alexei Bilyuchenko e Alexander Vinnik.
Ora quello che si teme è un Far West in termini di gestione del rischio associato alle criptovalute. In primo luogo perchè il Consiglio Europeo ha sì sanzionato anche le transazioni russe in valori mobiliari associato alle criptovalute, ma non ha controllo sulle speculazioni e le operazioni che avvengono in mercati deregolamentati. In secondo luogo, perchè lo spostamento di grandi masse di risorse legate ai fondi degli oligarchi russi o delle istituzioni finanziarie oggi dorminenti nei paradisi fiscali, riversandosi sul mercato cripto, potrebbero causare effetti-valanga facendo esplodere la bolla delle criptovalute. Dall’8 novembre 2021, giorno in cui il bitcoin ha toccato 58.323 dollari l’unità di valore, la criptovaluta più famosa ha perso quasi il 38%, calando a 36.684 dollari nella giornata del 17 marzo, e nella sola finestra temporale seguita all’invasione della Russia ha perso il 10%. Un’eccessiva fase di surriscaldamento, in futuro, di questo mercato alimenterebbe speculazioni che non mancherebbero di ripercuotersi sull’economia reale.
In terzo luogo, il caso della minaccia ibrida di un aggiramento delle sanzioni da parte della Russia attraverso le criptovalute apre al dibattito sulla scarsa regolamentazione che tuttora hanno questi mercati, di fatto afferenti a prodotti che non sono valute (non essendo riserve di valore) ma investimenti ad alto rischio speculativo. Secondo il presidente della Consob Paolo Savona, molto esperto del tema criptovalute, a livello italiano ed europeo “dobbiamo procedere verso un’Autorita’ di tutela del risparmio e quindi il discorso della vigilanza deve essere affrontato in modo uniforme e a maggior ragione perche’ le criptovalute si stanno sviluppando”. L’innovazione tecnologica applicata ai diversi settori della finanza – secondo il presidente Consob – da un lato è in grado di essere fonte di libertà e progresso ma rischia, dall’altro, di trasformarsi in una minaccia per gli investitori meno competenti qualora i mercati finissero preda di grandi speculazioni quale quella che un’immissione massiccia di fondi russi coperti comporterebbe.
E la Russia a livello di Stato non ha solo l’arma delle criptovalute per colpire l’Occidente e aggirare le sanzioni. Un altro tema studiato molto da Savona, quello della valuta di Stato digitalizzata, è all’ordine del giorno a Mosca. “Contrariamente alle criptomonete, il rublo digitale è sottoposto al controllo centralizzato del Cremlino, e potrebbe essere utilizzato direttamente negli scambi commerciali con altri Stati senza la necessità di una previa conversione in dollari, la valuta di riserva mondiale utilizzata nei pagamenti tramite il circuito Swift”, nota Opinio Juris. “Già ad ottobre del 2020 la Banca Centrale russa aveva annunciato lo sviluppo di una tabella di marcia per l’introduzione del rublo digitale, a cui sarebbero seguite le necessarie modifiche alla legislazione per la reale implementazione dell’iniziativa già a partire dal gennaio 2022”, obiettivo poi rimandato nel tempo. Insomma resta solo da capire quando il lancio “del rublo digitale, annunciato dalla governatrice della Banca Centrale Russa Elvira Nabiullina in occasione della trentesima conferenza del Bank of Finland Institute for Emerging Economies (Bofit) si trasformi in realtà”.
La partita è dunque importante e sistemica. Alla guerra economica diretta dell’Occidente la Russia risponde con una strategia diretta, asimmetrica: depotenziare sul campo l’effetto delle sanzioni e attuare uno sganciamento graduale, pragmatico, per non vedere la giugulare del suo sistema finanziario minacciata. Criptovalute e rublo digitale possono rientrare in questa strategia, assieme alle manovre sull’oro: staremo a vedere dai mercati delle criptovalute e dall’estensione del congelamento dei beni e dei fondi degli oligarchi e del governo russo in Occidente se i Paesi europei e gli Usa sapranno organizzare una contromossa.