Espropriare gli immobili per calmierare i prezzi delle abitazioni e il caro affitti? Questa proposta sarà votata il prossimo 26 settembre dai cittadini di Berlino parallelamente alle elezioni politiche che decideranno l’assetto della Germania post-Angela Merkel. Dopo che nei mesi scorsi una serie di associazioni sindacali, gruppi di pressione e rappresentanti dei cittadini è riuscita a raccogliere le 350mila firme richieste, domenica i cittadini della capitale tedesca voteranno per decidere se approvare o meno la proposta di espropriare 240mila immobili ad alcuni dei più benestanti tenutari della città per sostenere programmi di housing sociale sulle due sponde della Sprea.

I promotori del referendum, che hanno il sostegno della sinistra della Linke, propongono richiamandosi all’Articolo 15 della Legge Fondamentale tedesca, in virtù della quale è concessa la nazionalizzazione di asset “per ragioni di pubblica utilità”, di colpire le compagnie del real estate che posseggono più di 3mila immobili, guardando in particolare a un colosso come Deutsche Wohen, da solo titolare di 113mila lotti, e a gruppi come Adler, che ne detiene 20mila.

Nonostante da più parti, come sottolinea Dw, siano arrivate critiche sulla possibilità di un’effettiva implementazione di una proposta del genere, che sarebbe funzionale ad abbattere i costi dell’immobiliare in città secondo i suoi promotori, la questione è politicamente rilevante. Specie considerato il fatto che negli stessi giorni nella capitale si voterà tanto per l’elezione del nuovo governatore della città-Stato quanto per un cruciale voto nazionale. Voti inevitabilmente interconnessi col referendum radicale che interessa la capitale.

Berlino, ricorda il Financial Timesha subito un +43% nel costo medio degli affitti negli ultimi cinque anni, ha subito le stesse problematiche di Parigi, Londra e New York sul fronte dell’asimmetria tra la domanda crescente di alloggi di alta qualità e i freni alla disponibilità di appartamenti, ha visto una crisi di accessibilità per giovani, studenti, famiglie a basso reddito ai quartieri con la migliore disponibilità di servizi. Il quartiere di Spandau è destinato a subire un rincaro dell’8% già dal mese di novembre, e nel complesso il costo dei lotti è salito dell’83% dal 2007 in avanti. Un grave problema per una città in cui l’80% delle persone vive in affitto e in cui il tasso di povertà si avvicina al 20%, complice la presenza di sacche ereditate dalle disuguaglianze legate alla riunificazione tra Est e Ovest, ben sopra la media nazionale.

Una problematica incentivata anche dalla crescita del turismo avvenuta negli ultimi anni pre-pandemia, con il conseguente boom di case in affitto e piattaforme come AirBnb. Nel 2016, ad esempio, il governo locale ha vietato la messa in affitto per brevi soggiorni di camere interne a singoli appartamenti, e al contempo ha provato a mediare questa necessità con una timida, ma inefficace, campagna di controllo della bomba degli affitti. Oltre un milione di persone vive in attesa di case popolari e alloggi pubblici, molti vecchi cittadini sono colpiti dall’aumento dei costi legati alla gentrificazione dei quartieri e come punta dell’iceberg è in aumento il numero dei senzatetto. Veri e propri forgotten men alla tedesca penalizzati dalla precarizzazione del lavoro, dall’aumento dei tassi di povertà, dalla riduzione del welfare.

Insomma, la questione abitativa è centrale per la capitale. Il caro-affitti rischia di essere una grana per il Partito Socialdemocratico il cui esponente Michael Müller, sindaco uscente, ha deciso di non ricandidarsi e di puntare al Bundestag, sfruttando l’effetto-onda del candidato cancelliere Olaf Scholz.

Muller, alla testa di una coalizione con la Linke e i Verdi, è criticato su diversi fronti per la gestione della pandemia e per la difficoltà incontrata nel governare il boom economico che sta trasformando la città in una capitale europea, con tutte le conseguenze in termini di contraddizioni e disuguaglianze. Tra cui la crescente richiesta di abitazioni da parte delle persone che, da tutta Europa, puntano la capitale tedesca: “Nell’ultimo decennio, a Berlino sono state costruite 117.000 abitazioni per dare casa a 210.000 abitanti. Ma intanto il numero delle persone in cerca di abitazione è cresciuto a quota 343.000. Questo vuol dire che mancano 74.000 immobili residenziali: basterebbe una politica orientata all’offerta per eliminare questa carenza entro il 2030”, ha sostenuto Jochen Möbert, senior economist at Deutsche Bank Research, parlandoIl Sole 24 Ore. 

Le sue idee riecheggiano nello slogan dei Liberali Fdp, che attaccano: “Bauen statt klauen”, costruire invece di rubare. Costruire – intendono – alloggi non più solo esclusivi, spingendo il governo federale a accollarsi i costi delle misure ecologiche e di tutela del patrimonio ambientale promosse dai Verdi e che gravano sul bilancio del comune. La possibilità che sia la medesima coalizione a governare Berlino dopo il 26 settembre e che il referendum, dall’esito oggi incerto e che sarà deciso in volata, possa avere successo pone un problema sulla strada del moderato e pragmatico Scholz, desideroso di ricevere sulla sua persona l’eredità di Angela Merkel. La “bomba” della proposta simil-sovietica che investe Berlino rischia di coinvolgere il Partito socialdemocratico ambizioso di guidare il governo, e di spostare a sinistra l’agenda più di quanto lo stesso candidato cancelliere intende concedere. La sfida tra ideologia e pragmatismo passa anche dalla battaglia per l’housing sociale nella capitale.