Salute, geopolitica e economia: la partita per il vaccino del coronavirus è strategica per diversi scenari. Il tema sanitario, ovviamente, è di fronte agli occhi di tutti. Quello geopolitico è stato ampiamente discusso: le recenti manovre cinesi per piazzare i vaccini prodotti da Pechino come strumento di soft power e l’indubbio vantaggio competitivo che avrà la potenza che per prima manderà in produzione un’arma efficace a bloccare il Covid-19 testimoniano la rilevanza del confronto politico.
Il quadro economico, quello legato alle cifre in ballo nella contesa globale, è stato spesso dato per scontato e non approfondito. Non ci sono per ora stime affidabili del valore degli investimenti messi in campo da governi, società farmaceutiche e centri di ricerca, da marzo a oggi, per procedere con la produzione e lo sviluppo del vaccino per il Covid-19, ma l’idea che traspare dalla contesa tra i maggiori produttori (da AstraZaneca ai cinesi di SinoVac) è quella di una contesa multi-miliardaria. In cui gli investitori puntano a vedere nel 2021 i ritorni.
Secondo un’analisi elaborata dalla società di consulenza Evercore, per il settore della farmaceutica il vaccino del Covid-19 potrebbe mobilitare un fatturato globale di 100 miliardi di dollari e profitti per 40. E più che di “vaccino” è corretto parlare di “vaccini”: se mai si riuscirà ad avere uno strumento efficace di immunizzazione contro il Sars-Cov-2, da tempo è chiaro che esso non sarà reso disponibile in unica versione. La competizione strategica e i grandi investimenti mobilitati in tutto il mondo lasciano presagire che dopo l’entrata in vigore dei primi vaccini certificati partirà la partita di “marketing” per la promozione della terapia più efficiente, più economica, con meno effetti collaterali etc.
Gli accordi siglati tra case produttrici, governi e autorità sanitarie assomigliano a grandi scommesse future in borsa: la fornitura delle prime dosi è vincolata a precisi orizzonti temporali e alla garanzia di poter produrre una quantità prestabilita di unità. Vale per la Sinovac (che ad esempio ha piazzato un colpo strategico nello Stato brasiliano di San Paolo), per la AstraZeneca e per tutti gli altri operatori. Nel frattempo il mercato della produzione farmaceutica si sta già attrezzando a mobilitare la capacità produttiva disponibile in tutto il mondo: il Wall Street Journal parla di possibili convergenze tra la GlaxoSmithKline e gli altri big del settore per mettere a disposizione una convergenza nella manifattura dei vaccini più performanti, indipendentemente da chi sarà il vincitore della corsa e aprendo a colossi come Lilly e Pfizer. E il Paese in cui buona parte della manifattura globale di vaccini è localizzata, l’India, alle prese con il devastante incedere della pandemia, si sta premunendo per valorizzare il suo ruolo strategico, come scrive StartMag: “Johnson and Johnson, il cui vaccino Covid-19 è anche in fase 3 di sperimentazione clinica, ha stretto un accordo con l’azienda farmaceutica indiana Biological E per produrre fino a 500 milioni di dosi in caso di successo. Bharat Biotech, una società farmaceutica con sede a Hyderabad, ha un accordo per la produzione di un miliardo di dosi del vaccino intranasale dell’Università di Washington, ora in fase di sperimentazione clinica, e il gigante farmaceutico indiano Dr Reddy’s ha un accordo per fare una fase 2/3 di sperimentazione umana in India del controverso vaccino russo Sputnik e produrre quindi 100 milioni di dosi”.
Il punto chiave della faccenda è, come detto precedentemente, l’enorme elemento di aleatorietà che genera, di conseguenza, un’impennata delle aspettative di ritorni economici e finanziari dal titanico sforzo di ricerca del vaccino per il Covid-19. Come più volte ribadito, non c’è alcuna trama o alcun complotto dietro la diretta conseguenza di questa ingente mobilitazione di risorse, ovvero l’impennata delle quotazioni borsistiche dei giganti della farmaceutica, notevole nell’anno 2020 per aziende come Novavax (+4.300 per cento), Moderna (+323 per cento) e Biontech (+175 per cento). Ma ogni guadagno implica un’aspettativa da soddisfare: e nella partita del vaccino si prevede che ci saranno “vincitori” più probabili (la sola Pfizer potrebbe incassare 3,5 miliardi nel 2021) e numerosi “perdenti”, che vedranno estremamente erosi i margini di profitto o finiranno per aver dilapidato senza risultati centinaia di milioni di dollari. Nella partita del vaccino i temi della salute pubblica e del ritorno economico sugli investimenti convergono laddove gli Stati hanno sostenuto la ricerca medica, riducendo l’ansia di profitto dei grandi gruppi, ma divergono in diversi casi occidentali, caratterizzati da una competizione sfrenata: non a caso l’ansia di ritorno economico, secondo indiscrezioni riportate da La Verità, ha portato AstraZeneca a indicare nel luglio 2021 la data soglia oltre cui la pandemia si presuppone destinata a finire e il gruppo, di conseguenza, autorizzato a guadagnare dal vaccino. Una scommessa ardita, non l’unica in una partita economica senza precedenti per il settore sanitario.