La pandemia di Covid-19 avrà pesanti ricadute sulla stabilità dell’economia globale, potrebbe alterare la pianificazione delle politiche energetiche del Vecchio Continente. Sullo sfondo (e nemmeno tanto lontani) ci sono Il Gasdotto Trans-Adriatico (Tap), ultima tratta del Corridoio Meridionale del Gas proveniente dall’Azerbaigian e diretto in Italia e North Stream 2, che affiancherà l’originario North Stream nel trasportare il gas naturale dalla Federazione Russa verso la Germania. Le due infrastrutture strategiche dovrebbero divenire operative entro la fine del 2020 ed il loro rilievo non è in discussione: il Tap favorirà un aumento nella sicurezza degli approvvigionamenti da parte dell’Italia e del resto dell’Europa meridionale, sinora eccessivamente dipendenti da altre tratte di importazione mentre North Stream 2 soddisfa le proiezioni strategiche di Mosca.

Il futuro energetico

L’emergenza potrebbe ridisegnare i fabbisogni energetici europei e portare ad una vera e propria svolta Green che tenda a privilegiare l’uso di energie rinnovabili non inquinanti. Un percorso che necessità di tempo per svilupparsi e che potrebbe minacciare le posizioni di rendita degli esportatori, come la Federazione Russa. Una maggiore efficienza energetica e l’uso delle rinnovabili ridurrà la domanda di gas sui mercati del Vecchio Continente: un trend peraltro già in atto prima della pandemia . L’Agenzia Federale Tedesca, nel suo piano decennale di sviluppo della rete del gas 2018-2028, aveva preventivato una riduzione della domanda compresa tra l’11 ed il 22 per cento. Non sono mancate, poi, le riserve politiche che hanno accompagnato North Stream 2: il Parlamento Europeo ritiene che quest’infrastruttura accresca la dipendenza dell’Unione dal gas russo, minacci il mercato interno e non sia in linea con la politica energetica comunitaria. L’amministrazione Trump ha sostenuto che North Stream 2 darà alla Russia un’influenza eccessiva sulla sicurezza e sulle questioni economiche dell’Europa Occidentale.

Il ruolo dell’Ucraina

Complesse questioni geopolitiche hanno reso particolarmente controverso il North Stream 2: la compagnia russa Gazprom, mediante questa infrastruttura, raddoppierà la quantità di gas inviato in Europa tagliando di fatto fuori l’Ucraina. I gasdotti esistenti partono dalla Federazione Russa ed attraversano il territorio ucraino per poi giungere nel resto d’Europa: Kiev, che ha cessato di importare gas russo dal 2015, guadagna circa tre miliardi di dollari l’anno in diritti di transito e teme che queste somme vengano decurtate in seguito al completamento di North Stream 2. Un accordo raggiunto in extremis con la Federazione Russa ha garantito la continuità del transito del gas attraverso le infrastrutture di Kiev: una svolta che ha quietato gli animi ma che non rende meno incerto il futuro. La stabilità dell’Ucraina è infatti legata al conflitto nel Donbass: Kiev vorrebbe porre fine alla guerra ma l’obiettivo è ancora lontano dall’essere raggiunto. L’economia del Paese, già tra i più poveri d’Europa, è destinata a subire gli effetti recessivi del Covid-19 che, con tutta probabilità, renderà ancora più vulnerabili ed esposte fasce sempre più ampie della popolazione locale.