Si tiene in questi giorni a Pechino il Belt and Road Forum: 1.200 delegati e 28 capi di Stato e di governo sono ospiti di Xi Jinping e della leadership della Repubblica Popolare Cinese per un summit in cui verranno portate avanti importantissime discussioni riguardanti il progetto della “Nuova Via della Seta” (One Belt, One Road) destinato a plasmare la grande strategia geopolitica della Cina e gli equilibri interregionali euroasiatici nei decenni a venire e ad articolarsi su due ramificazioni, una terrestre ed una marittima.

Come riportato dal Daily Telegraph, lo scopo del summit è garantire una proiezione multilaterale al progetto che nei prossimi anni si identificherà sempre di più con la visione cinese della globalizzazione, al cui interno la connettività, garantita soprattutto dallo sviluppo infrastrutturale, gioca un ruolo di primissimo piano. “Non c’è mai stata in passato una tale ambizione di raggiungere una connettività globale di questa portata”, ha affermato Wang Yiwei della Renmin University of China di Pechino, riferendosi al progetto d’ampio respiro lanciato ufficialmente da Xi Jinping nel corso della sua visita in Kazakistan del settembre 2013.

Nel Belt and Road Forum di Pechino è prevista la sottoscrizione di un documento condiviso che stabilisca una comune dichiarazione di intenti tra i Paesi partecipanti, fornisca una piattaforma concreta alle future negoziazioni per gli investimenti strategici e ribadisca la natura multilaterale del progetto, includendo al suo interno protocolli di capitale importanza che rilancino temi come la sostenibilità ambientale, il rispetto degli Accordi di Parigi del 2015 e la cooperazione con organizzazioni internazionali come l’Unione Economica Euroasiatica. Presupposti fondamentali per la realizzazione di un progetto che necessita di una guida coerente e condivisa per la sua realizzazione, non potendosi ridurre alla somma di iniziative disgiunte del governo di Pechino o delle sue imprese in diverse aree del mondo: la connettività euroasiatica e lo sviluppo dei commerci nell’area indopacifica hanno sinora assorbito circa 50 miliardi di dollari di investimenti da parte della Repubblica Popolare Cinese, ma secondo un’analisi di Credit Suisse nei prossimi cinque anni gli investimenti complessivi potrebbero lievitare sino a quota 500 miliardi di dollari, coinvolgendo 62 diversi Paesi in quello che diverrebbe a tutti gli effetti il più esteso, ramificato e ambizioso progetto geopolitico di tutti i tempi. Logico, di conseguenza, che sia nell’interesse di Pechino condividere gli oneri economici, la programmazione strategica e l’organizzazione dello sviluppo della “Nuova Via della Seta”; il principio base della “connettività” impone al contempo un sostanziale decentramento.

Tra i Paesi più interessati al summit ospitato dal governo di Xi Jinping si segnalano, in particolare, la Russia e il Pakistan. Vladimir Putin e Nawaz Sharif, Primo Ministro di Islamabad, saranno infatti due degli ospiti d’onore del Belt and Road Forum, nel quale entrambi sottolineeranno l’interesse dei rispettivi governi per l’implementazione della “Nuova Via della Seta”. La Russia, da tre anni a questa parte, è riuscita a fare della saldatura economica con la Cina un pivot della sua geopolitica, facendo dell’alleanza con Pechino una vera e propria colonna portante del multipolarismo, e ora punta a sincronizzare lo sviluppo del network infrastrutturale e degli accordi economici euroasiatici per rilanciare il potenziale strategico dell’Unione Economica Euroasiatica. Il Pakistan, dal canto suo, è stato oggetto di uno dei principali progetti connessi alla “Nuova Via della Seta”, il China-Pakistan Economic Corridor (CPEC) destinato a veicolare oltre 50 miliardi di dollari di investimenti nel suo territorio e mira a un rafforzamento del potenziale del piano OBOR per potere al tempo stesso implementare le sue possibilità di stringere relazioni economiche con la Russia stessa, l’Iran e le repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale.

A Pechino, il 14 e il 15 maggio, si discuteranno i futuri assetti geopolitici dell’Eurasia e un grande cambio di paradigma: la “via cinese alla globalizzazione” e la “Nuova Via della Seta” sono destinate ad essere plasmate come globalizzazioni a guida statale, in cui i governi e le autorità centrali avranno un ruolo di primo piano nello sviluppo dei principali progetti, a scapito del ruolo trainante dei grandi gruppi multinazionali che hanno spinto l’onda lunga della globalizzazione neoliberista. Per ora, la globalizzazione a stampo cinese è ancora un progetto in embrione: se nell’incontro di Pechino emergerà una volontà politica condivisa per un suo ulteriore sviluppo, nei prossimi anni gli equilibri di potere internazionali potranno subire decisivi cambiamenti e il baricentro geopolitico del pianeta potrebbe spostarsi, inesorabilmente, verso Oriente.

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