“La nostra solidarietà verso i vicini europei è per il lungo termine – ha dichiarato il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner parlando ieri al Bundestag -. Dunque sarà necessario un Piano Marshall internazionale per l’Ucraina. Speriamo che arrivi presto la pace, ma quando arriverà ci saremo anche noi, a offrire sostegno per la ricostruzione”. Per la prima volta dopo molti anni l’affermazione di un “nuovo Piano Marshall” non appare calata in maniera improvvida.

Avevamo visto, da ultimo, i paragoni tra il Recovery Fund europeo post-pandemico e il Piano Marshall postbellico finanziato dagli Usa. Ma come scritto su InsideOver in passato negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di “Piani Marshall” per l’Africa, di raccomandazioni di Goldman Sachs all’Italia su dei “Piani Marshall” per infrastrutture e digitale e di associazioni di categoria pronti a delineare “Piani Marshall” per le costruzioni, l’agricoltura, addirittura la pesca. Ora più che mai l’offerta di un sostegno europeo a Volodymir Zelensky e all’Ucraina di aiuti finanziari per ricostruire il Paese, invece, appare come una strategia che ha giusti paragoni con il passato.

Da Mariupol a Kiev, da Kherson a Kharkiv l’avanzata russa sta colpendo duramente l’Ucraina. E la conta dei danni si fa sempre più complessa. L’Ucraina non viveva già prima del conflitto una situazione rosea: era stata amputata della sua regione più produttiva, l’area di Donetsk e il Donbass; aveva conosciuto un calo delle royalties energetiche pagate dalla Russia per il ridotto transito gas; era vittima di corruzione e problemi interni e indebitata con le istituzioni internazionali; doveva deviare sulla Difesa fondi necessari a finanziare, in casi ordinari, programmi economici e sociali. La guerra sta già promuovendo danni devastanti. E così come gli aiuti americani nel secondo dopoguerra permisero l’acquisto di cibo, carburante e macchinari, oltre a coprire gli investimenti per la ricostruzione dell’industria europea, oggigiorno l’Ucraina necessita di analogo sostegno.



Gli Stati Uniti hanno offerto 13,6 miliardi di dollari di aiuti destinati sia all’economia che alla Difesa ucraina, il Fondo Monetario Internazionale ha mobilitato una linea di credito da 1,4 miliardi di dollari a Kiev, e ora si fa il conto di quanto potrebbe essere, in prospettiva, necessario. Ilya Timtchenko sull’Atlantic Council ha perorato la necessità di un fondo di almeno 100 miliardi di dollari. Per il premier ucraino Denys Shmyhal i danni della guerra possono aver già toccato quota 565 miliardi di dollari: città da ricostruire, industrie da rimettere in piedi, infrastrutture da riparare, mercati da rilanciare, un Paese da riconnettere economicamente, commerci da rilanciare e, in prospettiva, profughi da rimpatriare e crisi umanitaria nel quadro della più grave tragedia del secondo dopoguerra europeo possono lasciar immaginare che un conto di questo tipo sia realistico. E per la Timtchenko potrebbe lievitare fino a un trilione di dollari a guerra finita: cinque volte il Pil dell’Ucraina pre-Maidan.

Questo imporrà anche una totale ristrutturazione dei piani di rilancio economico pensati negli anni scorsi. “Nel 2019 il Governo Zelenskyi ha approvato il piano Drive Ukraine 2030, con l’obiettivo di potenziare e ammodernare la dotazione infrastrutturale del Paese”, nota l’Ispi. L’obiettivo era quello di fare della connessione il volano del rilancio del mercato interno e della produzione industriale “prevedendo investimenti pari a 60 miliardi di dollari al 2030″. Nel mirino nuovi aeroporti, nuovi porti e soprattutto un incentivo alla rete autostradale e ferroviaria continentale: “Per quanto riguarda le autostrade, l’obiettivo era quello di costruirne 10 nuove e ridurre i tempi di percorrenza via auto nell’intero Paese, migliorando la sicurezza e la dotazione tecnologica delle infrastrutture stradali. Nel campo ferroviario, oltre alle connessioni alla rete europea TEN-T di cui si parlerà successivamente, l’obiettivo principale era quello di sostituire e ammodernare integralmente l’intero parco rotabile del Paese entro il 2030″. Esigenze che, purtroppo per l’Ucraina, saranno drammaticamente amplificate. Questo per dare solo una misura dell’impegno economico richiesto.

Poco prima del conflitto ci chiedevamo se dopo la fine della crisi Mosca-Kiev sarebbe ancora possibile immaginare l’Ucraina così come la conoscevamo. La risposta ci pare sia già arrivata, ed è un secco no. Ma un Piano Marshall europeo potrebbe cambiare tutto. Perchè aprirebbe al sostegno e all’integrazione economica dell’Ucraina con l’Europa valorizzando, al contempo, il senso geopolitico, vero cuore del piano di ricostruzione dell’Europa finanziato dagli Usa: ricostruire l’Ucraina può significare blindare la sua vicinanza all’Europa. E proprio sul duo diplomazia-ricostruzione deve muoversi il Vecchio Continente per conquistare un ruolo da negoziatore decisivo per poter aver voce nel caos ucraino.





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