La crisi sanitaria ed economica dovuta al coronavirus non ha interrotto in Europa la diffusione di narrazioni stereotipate che tuttavia non trovano i dovuti riscontri con la realtà dei fatti. Prendiamo per esempio la tanto utilizzata metafora della cicala e della formica.

Le cicale del sud e le formiche del nord in Europa

Secondo alcuni commentatori, non solo tedeschi ma anche italiani, l’Unione europea sarebbe infatti composta da Paesi “cicale” e Paesi formiche. I primi, assimilati agli Stati del sud Europa e in particolare Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, si troverebbero ora nella condizioni della cicala di Esopo e quindi a dover attraversare “l’inverno” del coronavirus senza le risorse adeguate.

I secondi invece, interpretati in particolare da Germania e Olanda, come le formiche supereranno la crisi del covid-19 grazie alle risorse accumulate negli anni. Fermi tutti. Come per qualsiasi generalizzazione, anche la storia delle cicale e delle formiche sembra in realtà avere delle zone d’ombra. Prendiamo per esempio il caso degli aiuti di Stato.

Aiuti di Stato a pioggia in Germania

Lo scorso 19 marzo la Commissione europea si era espressa in merito alle clausole finora poste ai contributi pubblici dei Paesi membri verso le aziende in difficoltà. “Gli Stati potranno fornire prestiti alle imprese a interessi zero, e garanzie sui prestiti che coprono fino al 100% di rischio. L’estensione del quadro temporaneo “consentirà agli Stati membri di sostenere le imprese, allentandone i problemi di liquidità e salvare posti di lavoro nei settori e regioni particolarmente colpiti dalla crisi”, così si era espressa Margrethe Vestager, commissario europeo alla concorrenza.

Si è trattato quindi di una deroga alla norma del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che de facto vietava qualsiasi aiuto pubblico che potesse falsare la concorrenza all’interno del continente. Ora, tenendo a mente la favola della cicala e della formica riadattata in salsa europea verrebbe da credere che tale annuncio abbia rappresentato per i Paesi “cicale” una sorta di liberi tutti. E invece scopriamo che sono i Paesi considerati formiche a voler usufruire per primi di questa deroga alla libera concorrenza.

Il salvataggio imminente di Lufthansa

E’ infatti quanto si apprende dalle agenzie di stampa di oggi rispetto a quello che sembra essere un imminente salvataggio statale per la compagnia aerea Lufthansa. “Per salvare la compagnia dalle gravi conseguenze economiche provocate dalla crisi del coronavirus, il governo di Berlino pensa ad un pacchetto di aiuti fra i 9 e i 10 miliardi di euro, riferiscono fonti dell’esecutivo”, si legge per esempio su adnkronos. Tale quasi certa nazionalizzazione arriva a fronte di un piano di ridimensionamento da poco varato dalla stessa Lufthansa per tentare di sopravvivere con i propri mezzi alla crisi del coronavirus.

Come riferisce il Sole24Ore la compagnia aveva provveduto alla cancellazione i circa 40 aerei da flotta. Nonostante questo il governo Berlino decide di intervenire con fondi pubblici per evitare il fallimento, adottando quindi per se il comportamento della cicala.

Stessa sorte sembra riservata alla holding franco olandese Air France KLM che riceverà un pacchetto di aiuti di oltre 7 miliardi sia da parte di Parigi che di Amsterdam. Aiuti di Stato a pioggia che invece non sembrano per il momento urgenti per la compagnia di bandiera italiana Alitalia, per cui un intervento statale non sarà discusso prima della fine di maggio. Italia che, occorre ricordare, era stata multata in piena crisi coronavirus (inizio marzo 2020) dalla Corte di giustizia europea per aiuti di stato ritenuti illegittimi alle imprese turistiche in Sardegna.

Come conciliare quindi la narrativa delle cicale e delle formiche quando ci sono aziende del nord ritenute solidissime che devono ricorrere ad aiuti pubblici ben prima delle loro omologhe del sud? Evidentemente in Europa non esistono né formiche né cicale, ma Paesi più o meno furbi rispetto alle regole europee vigenti.

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