La Russia è riuscita a resistere per ora in forma sorprendente e inattesa all’onda d’urto di sanzioni occidentali che hanno colpito con inaudita durezza la sua economia dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. Hanno sorpreso in particolar modo tre elementi della risposta russa alle sanzioni. In primo luogo la tenuta della trincea della Banca centrale russa, che appariva prossima a cadere di fronte alla volontà di Vladimir Putin di portare la guerra economica all’Occidente alle estreme conseguenze imponendo pagamenti di gas e petrolio unicamente in rubli. Elvira Nabiullina ha tenuto il timone e, secondo elemento, il rublo ha recuperato da un profondo deprezzamento grazie alla rete bucata delle sanzioni e all’imposizione agli esportatori energetici dell’obbligo di convertire in rubli l’80% dei proventi in valuta pregiata. Infine, Mosca ha beneficiato del legame del rublo con altre valute, dallo yuan cinese alla rupia indiana, e della forza delle riserve auree del Cremlino.
L’economia russa resta però fragile e altamente volatile, dipendente dalle esportazioni, priva di una base industriale e, in quest’ottica, continua a reggersi sulla tenuta della credibilità del rublo a scapito di una serie ampia di fattori di non secondaria importanza: la diversificazione dei sistemi produttivi, il welfare, la capacità della Russia di giocare come attore economico internazionale nelle grandi dinamiche commerciali e finanziarie. Mosca è sempre più dipendente da terzi e lo è, paradossalmente, proprio nella fase in cui l’economia della resistenza sembra dare in alcuni settori i suoi frutti.
Secondo Gian Marco Salcioli di Assiom Forex la dinamica “artificiale” dopata dall’imposizone della convertibilità dell’80% dei proventi energetici in rubli sta tenendo alte le quotazioni del rublo dal rischio di un deprezzamento consolidato. Tuttaiva, nota Il Sole 24 Ore, “la strategia, più sul lungo periodo, perde efficacia. In particolare la conversione obbligatoria ha un forte impatto nel momento in cui la moneta da aiutare è fortemente svalutata. Quando questa si è ripresa, il meccanismo diventa meno rilevante”. Essenzialmente, questa mossa funziona perché alla Russia sono garantite tre vie d’uscita: il mancato embargo energetico occidentale, chiaramente, ma soprattutto il legame forte tra il rublo e, rispettivamente, le riserve auree e lo yuan cinese. Valuta che in questa fase è utilizzata dal governo di Pechino per attrarre a sé inevitabilmente il rublo e rafforzare la corsa alla de-dollarizzazione.
Un rublo ancorato allo yuan potrebbe essere necessario perché la Russia possa essere considerata un attore credibile se l’Occidente, il 4 maggio prossimo, la dichiarerà in default secondo i suoi standard. I canali finanziari cinesi potranno essere ancora più indispensabili di quanto sono già ora per garantire a Mosca un accesso al sistema globale in caso di esclusione da Swift. La Cina può essere un porto sicuro per i tesori miliardari degli oligarchi russi (asset, dotazioni finanziarie, criptovalute e via dicendo). E la Cina ha in mente una partita paragonabile a quella russa, ma su scala più ampia, per utilizzare l’oro come garanzia contro l’egemonia finanziaria occidentale, in modo tale da riportare le lancette della storia finanziaria indietro con il ritorno del ruolo di garanzia del metallo nobile. Questo può portare lo yuan ad assumere un ruolo egemone nei mercati non allineati alle sanzioni occidentali, e lo si vede già dalla crescita che da anni avviene sul fronte dell’uso della moneta cinese negli scambi tra Mosca e Pechino. “Chi fa la parte del leone non è il rublo”, nota Il Sole, ma lo yuan: “quest’ultimo nel 2013 era usato nel 2% del settlement degli interscambi tra i due Paesi; nella prima metà del 2021 il valore è arrivato al 23%” ed è destinato ad aumentare.
Dunque, si crea un effetto traino per cui Mosca, con la sua resistenza alle sanzioni, fa il gioco della Cina. Così Mosca riceve un assist dall’isolamento internazionale del suo partner privilegiato ma diventa sempre più dipendente da Pechino e dalle sue strategie. L’autogol militare di Putin potrebbe aver avuto la conseguenza di aprire la strada alla trasformazione della Russia in un satellite finanziario della Cina. Un colpo ulteriore alla potenza globale di Mosca che difficilmente potrà essere assorbito da una nazione isolata da buona parte dei mercati internazionali come la Russia.