Mosca è il crocevia del gas. Il 2020 si preannuncia un anno di rafforzamento geopolitico per la Russia nella partita geopolitica per la produzione e il commercio dell’oro blu all’interno della piattaforma euroasiatica. L’assalto degli Stati Uniti alla posizione di forza del Cremlino può ritardare ma non compromettere la costituzione di un sempre più saldo pivot strategico del gas naturale negli immensi territori della Federazione.
Tre sono le direttrici su cui si ramifica la proiezione russa. Ognuna di esse segue il percorso di un gasdotto. Le rotte dei gasdotti, fa notare Pharag Khanna in Connectography, sono tra le principali infrastrutture che disegnano le gerarchie dell’attuale ordine internazionale e aiutano a capire rapporti di forza, amicizie e rivalità. E il caso russo esemplifica al meglio questa situazione.
La Russia, infatti, rafforzerà notevolmente il suo potenziale esportatore nel 2020 sulla scia del completamento del raddoppio di Nord Stream nel Mar Baltico, dell’allacciamento di TurkStream ai mercati dell’Europa centrale e del graduale ingresso a pieno regime del mega-gasdotto Power of Siberia, che dal 2024 porterà in Cina 38 miliardi di metri cubi di gas russo all’anno. Saldando in chiave strategica una convergenza crescente sul piano politico ed economico.
La “guerra fredda del gas” tra Stati Uniti e Russia è, prima di tutto, partita per la conquista o il mantenimento di quote di mercato per l’export dell’oro blu. Washington tenta di tagliare le arterie di rifornimento russe colpendo con le sanzioni il North Stream 2 (senza riuscire, però, a compromettere il progetto russo-tedesco), sponsorizzando i gasdotti mediterranei nel triangolo greco-cipriota-israeliano e promuovendo l’esportazione di gas naturale liquefatto made in Usa.
Attori come la Germania hanno sì aperto nel loro mix energetico ai prodotti statunitensi, ma perseguono nel cavalcare l’avvicinamento geoeconomico a Mosca, capace di preservare quote di mercato e proiezione. In una sfida importante per gli Stati Uniti, ma vitale per Mosca. Come scrive Gianni Bessi in House of Zar – Geopolitica ed energia al tempo di Putin e Trump, per Vladimir Putin è risultato fondamentale “possedere una visione geopolitica lungimirante, come anche un’efficace capacità di intervento sull’economia e sull’organizzazione dello Stato. Seguendo una politica economica pragmatica che ha nell’export energetico l’asset principale, ma con l’obiettivo dell’aumento progressivo del reddito del ceto medio”. La partita del gas è, per la Russia, al tempo stesso esterna e interna.
Gazprom è l’asset geopolitico più importante a disposizione del Cremlino. Il colosso russo del gas esporterà nei prossimi anni verso l’Europa oltre 280 miliardi di metri cubi di gas l’anno contro i 258 del 2018. Mosca è riuscita a negoziare con l’Ucraina il mantenimento della rotta passante per l’ex repubblica sovietica a condizioni favorevoli per sè. Kiev ottiene di non essere aggirata dal combinato disposto North Stream-TurkStream, Mosca strappa un prezzo favorevole di 16,01 dollari per 1000 metri cubi.
E anche nel campo del Gnl Mosca tiene botta alla sfida statunitense. Donald Trump spinge con forza per aumentare le esportazioni verso l’Europa e, scrive il Sole 24 Ore, esse in questa fase ruggiscono e toccano i loro massimi. ” il mese scorso le importazioni di Gnl americano” da parte del mercato europeo “hanno battuto ogni record, sfiorando (già al 19 novembre) 2,6 miliardi di metri cubi, per un valore di 400 milioni di euro. Da luglio 2018, quando Donald Trump ha ottenuto da Jean-Claude Juncker la promessa di maggiori acquisti dagli Usa, l’import è cresciuto del 593%”. Ma i meccanismi sfruttati dai produttori Usa, basata sui mercati spot che spingono i carichi di Gnl a cercare, giorno dopo giorno, la destinazione più conveniente hanno visto in Gazprom un nuovo utente interessato e in Novatek un player affermato.
Con le conseguenze del caso: la comprensione delle dinamiche del mercato Gnl ha trainato il decollo russo anche in questo settore. “in meno di dieci anni la Russia è diventata il quarto produttore mondiale di Gnl (alle spalle di Qatar, Australia e Usa) con una capacità di 27 milioni di tonnellate l’anno, che dovrebbe salire a 73,2 milioni
entro il 2025”. Mosca gradualmente si è “imposta come fornitore di Gnl persino sul mercato europeo, già dominato via gasdotto: nel terzo trimestre il 15% delle importazioni Ue di gas liquefatto provenivano proprio dalla Russia, contro il 12% d’origine Usa”. La fortezza Russia resiste nella guerra fredda del gas. Il 2020 si annuncia anno di vendemmia per il Cremlino, pronto a consolidare uno status geopolitico di primaria grandezza nel complesso mondo dell’energia.