Dopo il fallimento dell’incontro spinto da Washington dello scorso mese, l’Egitto torna ad alzare i toni contro l’Etiopia per la questione relativa alla Diga della rinascita che Addis Abeba avrebbe intenzione di iniziare ad alimentare il prossimo giugno. La questione – che ha tenuto banco nella politica dell’Africa nord-orientale per mezzo secolo – rischia adesso di produrre un’escalation a causa delle preoccupazioni egiziane riguardo al progetto. E nonostante i tentativi di mediazione degli Stati Uniti per mezzo della stessa persona di Donald Trump e del Sudan – meno colpito dalla scelta etiope – le trattative sembrano essere giunte nuovamente ad un punto morto.

Da Sadat ad Al-Sisi: le preoccupazioni dell’Egitto

Le principali preoccupazione del Cairo riguardo la costruzione della diga vennero fuori già negli anni ’70, quando il Paese era guidato dal presidente Muhammar Anwar al-Sadat, ed erano relative all’approvvigionamento idrico del Paese, dipendente quasi esclusivamente dalle acque del Nilo. I contrasti durarono quindi sotto tutta la presidenza di Hosni Mubarak, per poi attenuarsi nella difficile fase di transizione post-rivoluzione che ha portato alla nomina di Abdel Fattah al-Sisi. Ed è stato proprio questo momentaneo stallo che ha spinto l’Etiopia ad iniziare il progetto, forte della mancata risposta diplomatica del Cairo, durato pochi mesi ma fondamentale per dare il via alla costruzione della Diga della rinascita.

Diga che – apparentemente – è diventata un pomo della discordia in Africa, a causa delle grandi implicazioni che potrà avere sulla portata idrica del Nilo e per come ciò si potrà ripercuotere sulla popolazione sudanese ed egiziana. Nonostante le proteste degli ultimi mesi dell’Egitto – arrivato persino a identificare la struttura come potenziale casus belli – il progetto è stato portato a compimenti e tra pochi mesi potrà iniziare ad alimentarsi.

Le preoccupazioni del Cairo si fondano principalmente sulla limitazione della portata delle acque del Nilo, necessaria non soltanto all’approvvigionamento idrico della popolazione ma soprattutto in quanto unica fonte di acqua per le coltivazioni. Con un’economia ancora fortemente legata all’agricoltura di sussistenza, il rischio che le coltivazioni necessarie alla sopravvivenza della popolazione vengano compromesse non può infatti essere corso dal Cairo: che deve far fronte già ad una moltitudine di problematiche politiche, economiche e sociali interne.

Le ambizioni dell’Etiopia

Nei programmi di sviluppo economico dell’Etiopia la piena funzionalità della struttura architettonica sono fondamentali per garantire non soltanto energia elettrica rinnovabile ma anche per soddisfare le esigenze idriche della regione, fortemente vessata dalla carenza di acqua per popolazione ed agricoltura. Nonostante il rischio di un forte impatto ambientale sia evidente, la sua costruzione è necessaria per garantire delle grandi prospettive di crescita per il Paese; in un momento in cui sotto Abiy Ahmed l’Etiopia ha ripreso slancio sia sotto il profilo socio-culturale che sotto quello economico.

Alla base dell’insistenza etiope di portare a compimento il progetto è insito dunque un discorso di crescita economica lungimirante, senza il quale per il Paese uno sviluppo futuro appare impossibile. E con l’opinione pubblica fortemente a favore del progetto, un suo rallentamento o, peggio, un suo abbandono rischiano di essere devastanti per la politica dell’Etiopia.

L’abbandono dell’Etiopia dei principali tavoli di trattativa internazionale ha comunque risvegliato le preoccupazioni dei Paesi bagnati dal Nilo, che intravedono il rischio di una destabilizzazione dei propri flussi idrici. E questa situazione, più di molte altre, evidenzia come la guerra dell’acqua possa essere davvero uno scenario dei prossimi anni, dando ragione alle previsioni che presero già piede sul finire dello scorso secolo.

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