La decisione dell’Uzbekistan di puntare sullo sviluppo dell’energia nucleare, grazie alla partnership con la Federazione Russa e con l’agenzia Rosatom, è destinata a rafforzare le potenzialità energetiche del Paese. L’accordo tra le parti, concordato e definito tra l’ottobre del 2018 ed il maggio del 2019, porterà alla costruzione dei primi due reattori nucleari nella nazione e legherà ancor di più Mosca e Tashkent. Questo sviluppo è destinato a generare benefici reciproci ed a potenziare in maniera decisa l’influenza del Cremlino in Uzbekistan e nell‘Asia Centrale. La regione, infatti, rappresenta un retroterra strategico per Mosca ma, negli ultimi anni, la concorrenza di Pechino ha iniziato a farsi sentire e l’iniziativa cinese della Nuova Via della Seta è destinata a dare filo da torcere alla Federazione Russa.

Una nazione strategica

L’Uzbekistan è nel mezzo di un vero e proprio processo di transizione economica e sta attuando una serie di riforme che trasformeranno il suo sistema produttivo. L’economia del Paese si sta aprendo e l’approccio dirigistico e dominato dal settore pubblico del passato viene sostituito da una maggiore influenza del mercato libero e del settore privato e da una maggiore apertura verso il mondo esterno. Permangono, però, dei problemi: una parte consistente della popolazione in età lavorativa non è attiva, è disoccupata oppure ha lasciato il Paese per recarsi all’estero, la nazione è poco competitiva, a causa dell’isolamento geografico, nell’esportare i propri prodotti sul mercato mondiale e L’Uzbekistan soffre di alti tassi di inefficienza energetica. Le emissioni di Co2 pro capite sono tra le più alte al mondo e si registrano sprechi nel settore energetico. Il Prodotto interno lordo, invece, vive una fase di forte crescita: + 6,1 per cento nel 2016, +4,5 per cento nel 2017, +5,1 per cento nel 2018 ed una stima di +5,8 e +6 per cento nel 2019 e 2020. Il tasso di inflazione è piuttosto alto e si dovrebbe attestare intorno al 15 per cento nel 2019 per poi calare al 13 per cento nel 2020. La vera ricchezza del Paese è rappresentata dalle grandi riserve di gas naturale e di uranio e la produzione annuale di gas naturale si aggira intorno ai 67 miliardi di metri cubi.

Il sistema politico del Paese è ancora piuttosto chiuso ed ha caratteristiche autoritarie. Al presidente Islam Karimov, Capo di Stato tra il 1991 ed il 2016, è succeduto il Primo Ministro Shavkat Mirziyoyev che ha avviato una serie di riforme che, però, non hanno alterato la natura del regime. Il rilascio di alcuni prigionieri arrestati durante la presidenza Karimov ed il tentativo di limitare gli abusi del National Security Service non sono bastati, per l’organizzazione non governativa internazionale Freedom House, a modificare lo status de Paese che rimane autoritario.

Le prospettive

La Cina è il Paese straniero che investe maggiormente in Uzbekistan e ciò è destinato a minare le prospettive di Mosca nella nazione. Una serie di accordi energetici, culminati nella costruzione del gasdotto che dall’Asia Centrale va verso Pechino, hanno messo le basi di un rapporto che si è poi evoluto grazie ai progetti infrastrutturali finanziati nell’ambito dell’iniziativa della Nuova Via Della Seta. Mosca, invece, punta ad integrare Tashkent nell’Unione economica euroasiatica e nel Collective Security Treaty Organization, la propria alleanza militare ed ha concluso accordi economici da 27 miliardi di dollari con l’Uzbekistan.

Mosca e Pechino, ancora una volta, lottano per espandere la propria influenza sulla regione e per convincere i leader locali a schierarsi da una o dall’altra parte. I maggiori beneficiari di questa contrapposizione, in realtà, sono proprio i  Paesi dell’Asia Centrale, le cui prospettive di crescita economica sono positivamente influenzate dall’affluire degli investimenti esteri. La partita per il controllo dell’Asia Centrale non è ancora chiusa.